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Dalla difesa a tre al centrocampo: tutto quello che è andato storto nella Roma di Liverpool
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Pubblicato 25/04/2018 alle 13:56 GMT+2
Le spiegazioni del 5-2 di Anfield non si limitano a una superiorità atletica e tecnica dei Reds, esistono anche motivazioni di natura tattica: la retroguardia a tre finisce nel mirino, però non è stato questo l’unico problema nell’interpretazione della gara voluta da Eusebio Di Francesco.
Eusebio Di Francesco, Roma, Getty Images
Credit Foto Getty Images
Non si tratta di un processo, eppure è imprescindibile un’analisi approfondita di ciò che non ha funzionato nella calda serata di Anfield. Partendo dalla discussa difesa a tre e arrivando a un attacco a corrente alternata, senza trascurare tutti gli affanni del centrocampo. Come la storia di questa Champions League insegna, la Roma non può dirsi affatto spacciata. Ma, se ha una possibilità di ribaltare il Liverpool così come è accaduto con il Barcellona, dovrà per forza di cose ripensare a parecchi aspetti. Iniziando da tutto ciò che non è filato nel 5-2 con cui si è conclusa la semifinale d’andata.
- Di Francesco nel post-partita
Difesa a tre, croce e delizia
Due settimane fa, la mossa era valsa a Eusebio Di Francesco elogi e pass per le semifinali. L’abbandono del tradizionale 4-3-3 per variare su un 3-4-2-1 con Juan Jesus dirimpettaio di Lionel Messi era stata una delle cause dell’incredibile ribaltone visto all’Olimpico. Ora, invece, è proprio la conferma della retroguardia a tre al centro del mirino dopo il pokerissimo subito in Inghilterra. Croce e delizia, dunque. Perché se le rudezze di Juan Jesus avevano messo la museruola a Lionel Messi, il moto perpetuo di Mohamed Salah ha annichilito il difensore giallorosso. E questo uno contro uno è stato il vero problema, ancor più del tipo di retroguardia adottato. Chiaro, mancando altri difensori centrali a disposizione di Di Francesco, le due questioni vanno di pari passo. Ma non è solo per la difesa a tre che la Roma ha un piede e mezzo fuori dall’Europa.
Centrocampo annichilito
Di Francesco ha difeso le proprie scelte accusando l’alto numero di duelli persi dalla squadra e vedendo in esso il motivo principale della disfatta. Ma, come sopra, viene da pensare che si tratti di problemi paralleli. Uno dei motivi per cui il centrocampo è finito con la testa sott’acqua sta proprio nella scelta di avanzare Radja Nainggolan. La mossa aveva pagato eccome contro il Barcellona, quando il belga era stato decisivo nell’alimentare il pressing giallorosso impedendo ai catalani di costruire la manovra dalle retrovie. Contro il Liverpool - come avevamo già sottolineato nel pre-partita (leggi qui) - la soluzione è stata resa inefficace dal calcio più diretto applicato da Jurgen Klopp. Al manager tedesco non interessa la costruzione bassa e non chiede ai suoi di insistere con essa se l’avversario si spinge in una pressiona alta. Gli basta far arrivare la palla il più in fretta possibile agli attaccanti. E, così facendo, la Roma si è trovata in balia dell’avversario in mediana, lì dove Daniele De Rossi e Kevin Strootman sono stati presi in mezzo spesso e volentieri. Lì dove Nainggolan - comunque uno dei migliori - sarebbe stato utilissimo. L’alto numero di duelli persi si spiega così, con un errato posizionamento in campo. E, questo, si giustifica a sua volta con un assetto tattico sbagliato. Il problema non è stato tanto la difesa a tre, quanto il centrocampo a due.
La questione principale: il piano gara
Alla vigilia avevamo sottolineato come - tatticamente - il Liverpool fosse un’avversaria peggiore per la Roma di quanto non sia stato il Barcellona. Ora si potrebbe rispondere che, in realtà, l’esito dell’andata ad Anfield sia stato migliore di quanto non sia stata la prima sfida al Camp Nou (5-2 contro 4-1...). Ma, in realtà, i giallorossi in Catalogna erano stati protagonisti di una partita giocata e impostata decisamente meglio di quanto non sia accaduto in Inghilterra. Ieri sera, infatti, il Liverpool ha confermato di essere il peggior avversario possibile per chi adotta un piano-gara come quello di Di Francesco. Per chi, in sostanza, fa del recupero alto del pallone il proprio punto di forza. I Reds non aspettano altro. Compattarsi in difesa e ripartire in contropiede. Qualcosa che non si è visto tanto nella prima mezz’ora, ma che è parso evidente dopo il primo gol di Salah, una rete che ha costretto la Roma a uscire dal guscio ed esporsi. Così sono nati il 2-0 e il 3-0. Tutto il resto, invece, è un mix di divario tecnico (che dire dell’1-0 e del 4-0? La superiorità di Salah è innegabile) e di errori situazionali. Ad esempio, Strootman si perde Firmino sul corner del 5-0 esattamente come era accaduto con la traversa di Lovren nel primo tempo. Quando l’errore individuale (la marcatura mancante dell’olandese) si unisce a quello tattico (la zona mista sui calci piazzati). Il mix che ha tradito la Roma contro un Liverpool comunque innegabilmente superiore per dinamismo e qualità offensiva.
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