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Finale di Champions: la storia del Real contro i momenti del Liverpool

Roberto Beccantini

Aggiornato 25/05/2018 alle 12:48 GMT+2

In una finale l’esperienza pesa: o almeno dovrebbe. Cristiano Ronaldo contro Mohamed Salah è la punta dell’iceberg. Da una parte, cinque palloni d’oro; dall’altra, una stagione superba. Il pronostico pende più dalla parte blanca che da quella red, ma l'esito non è così scontato...

Cristiano, del Real Madrid, ante el Liverpool

Credit Foto Getty Images

Il Real Madrid capì per primo che il vento stava cambiando. Anni Cinquanta, il calcio scopriva l’Europa. Santiago Bernabeu, il presidente, si buttò sull’idea di Gabriel Hanot, giornalista francese che in gioventù era stato un terzinaccio, e trasformò la Coppa dei Campioni in una colonia domestica, annettendosi le prime cinque edizioni. Era, quello, lo squadrone di Alfredo Di Stefano, Raymond Kopa, Francisco Gento, Ferenc Puskas. Per essere franchi (e Franco).
Il Liverpool, in compenso, se ne impossessò tra i Settanta e gli Ottanta, con quattro successi. Era l'orchestra di Kevin Keegan, Kenny Dalglish, Graeme Souness, Terry McDermott. You’ll never walk alone. In totale, il Real ne ha vinte dodici e il Liverpool cinque. A dividerli, solo le sette del grande Milan. Nel ricordo dell’epilogo parigino del 1981, spaccato da una rimessa laterale della ditta Ray Kennedy-Alan Kennedy, la «bella» di domani sera a Kiev costituisce un inno alla storia. Zinedine Zidane ci è arrivato dopo aver eliminato, tra gli altri, la Juventus, l’unica ad aver strappato una finale alla Casa bianca dal 2014 a oggi. In caso di successo, il Real ne sommerebbe quattro su cinque, di cui tre consecutive, non molto lontano dalla formidabile striscia del secolo scorso.
Jurgen Klopp, lui, predica uno straordinario calcio «parziale», votato com’è all’azione verticale, essenziale: un bisturi calato, senza troppi svolazzi, sulla pancia degli avversari. In semifinale, i Reds si sono sbarazzati della Roma per 7-6. Sono proprio i sei gol complessivamente incassati che mi fanno pensare.
In una finale l’esperienza pesa: o almeno dovrebbe. Cristiano Ronaldo contro Mohamed Salah è la punta dell’iceberg. Da una parte, cinque palloni d’oro; dall’altra, una stagione superba. Neppure il Real è impeccabile quando deve chiudersi, ma Sergio Ramos può contare sul lucchetto di Casemiro. Se i portieri, Keylor Navas e Loris Karius sono biglietti della lotteria, non altrettanto si può dire di Toni Kroos, Luka Modric, Isco, Marcelo. Gioca, il Real, come se leggesse il libro della sua vita. Trova sempre un riferimento, uno spunto. Chi scrive, riproporrebbe pari pari la formazione di Cardiff, con Karim Benzema e senza Gareth Bale. Il gallese ha recuperato la miglior forma, il francese è più sherpa (e, anche per questo, il cocco del Marziano).
Palla al piede, il Liverpool vale il Real; palla agli altri, non ancora, al di là dell’impatto di Virgil van Dijk, che ha reso la fase di contenimento meno vulnerabile. Non si esclude il ritorno di Emre Can.
Sadio Mané, Roberto Firmino (centravanti-boa) e Salah garantiscono un contropiede letale. Non hanno bisogno di ricami: hanno bisogno di lanci, di momenti, di munizioni magari saltuarie ma profonde.
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Liverpool’s Mohamed Salah is hoping for a special end to his first season back in English football (Peter Byrne/PA).

Credit Foto PA Sport

Ecco perché un ruolo cruciale potrebbero giocarlo i gregari (del Liverpool, soprattutto): da Georginio Wijnaldum a Jordan Henderson al ruvido James Milner. Il Real ha più panchina (Marcos Asensio e Lucas Vazquez, non solo Bale). E allora: più Real che Liverpool.
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