Provaci ancora, Dea: l'Atalanta e un ottavo di Champions in cui credere ancora
Pubblicato 07/11/2019 alle 12:08 GMT+1
La notte di San Siro contro il Manchester City ha regalato il primo storico punto dell'Atalanta in Champions League: ma più che un traguardo pare solo l'inizio. La qualificazione è ancora possibile: i segnali - divini e dal campo - dicono che con due rivincite e il City che fa il City la Dea può volare agli ottavi di Champions League.
dall’inviato a San Siro – Cadere, ma con le proprie idee. Due settimane fa, a Manchester, dopo la bambola del 5-1, Gian Piero Gasperini era stato piuttosto chiaro: “Preferisco perderla così ma giocandomela che in qualsiasi altra maniera”. E in fondo eravamo stati buoni profeti anche noi, perché l’Atalanta questa Europa dei grandi non può affrontarla che così: con le armi con cui se l’era conquistata (e con cui se la sta prendendo di nuovo, al momento, anche in questa stagione). Si dice dunque che il tempo sia galantuomo; e il Gaspesson – soprannome che gli fu coniato ai tempi del Genoa, dove la Gradinata Nord sperava di far di lui il Ferguson del Grifone – non ha dovuto aspettare poi molto per veder passare sulla riva del fiume Dea i cadaveri dei detrattori: una quindicina di giorni. Già perché un paio di settimane dopo la ‘manita’ dell’Etihad, a San Siro, in qualche modo ha avuto ragione lui, Gian Piero Gasperini. Stesso undici nel concetto – con i piccoli là davanti e Muriel in panchina – stesso modo di affrontare la gara ed eccoli lì, come per magia, i primi punti della Dea nella storia della Champions League: uno, prestigioso, strappato a Sua Maestà Pep Guardiola; contro quel Manchester City che pareva lontano anni luce.
Certo, c’è voluto anche un pizzico di fortuna. Di malizia. Di fato. Chiamatela come vi pare. La stessa che all’esordio al Meazza privò l’Atalanta di 3 punti contro lo Shakhtar Donetsk. Già perché rigore toglie, rigore dà: e questa volta intorno a un penalty sbagliato è girata in positivo tutta la serata della Dea. Da Ilicic a Gabriel Jesus, un errore dal dischetto ha svegliato sul serio l’Atalanta, che dopo un primo tempo non ai suoi ritmi – e non con la sua spavalderia – è riuscita dagli spogliatoi per giocarsi le ultime carte esattamente come aveva fatto nella prima mezz’ora a Manchester: testa alta, petto in fuori e vediamo chi è più forte.
Ne è venuta fuori una grande ripresa, un punto prezioso e una mezzo colpaccio sfiorato, se non fosse stato per l’uscita disperata di Claudio Bravo – di nome e di fatto – a prendersi il rosso ed evitare al City il primo ko stagionale in Champions League.
Adesso non resta che crederci sul serio. Sì perché aver sbloccato la classifica sebben con un solo punticino è un segnale vitale; mentre un segnale divino è arrivato da Zagabria, dove il folle finale tra Dinamo e Shakhtar ha tenuto la Dea aggrappata a quell’incredibile concetto che solo due settimane fa chiamavamo ‘miraggio’ e che in fondo oggi non lo è poi così tanto: con due vittorie negli scontri diretti l’Atalanta va agli ottavi; a patto che il City – seppur qualificato – strappi almeno un punticino nelle prossime due partite. Al netto del complottismo, impresa tutto fuorché impossibile.
Insomma, dove aver sbloccato il tabù e con un filo di ritardo sulla tabella di marcia, il doppio incrocio con il Manchester City ha detto che la Champions League dell’Atalanta è iniziata sul serio. Adesso bisogna davvero solo provarci: due rivincite, contro Dinamo Zagabria a San Siro e contro Shakhtar Donetsk sul neutro di Charkiv, per far vedere più che altro che a settembre era stata ansia da prestazione prima e assenza di malizia poi; e che l’Atalanta vera è questa qui, quella del primo tempo di Manchester e del secondo di San Siro. Anche perché il sogno ottavi è ancora lì, tangibile più che mai: crederci è il diktat, provarci l’obbligo inderogabile.
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