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Champions League - Manchester City-Inter 1-0, 5 verità: gioca meglio ma perde, quanto amaro per l'Inter

Simone Eterno

Pubblicato 11/06/2023 alle 09:37 GMT+2

CHAMPIONS LEAGUE - I 5 punti che ci ha lasciato la finale 2023 tra City e Inter: dal rammarico dei nerazzurri a un Inzaghi che si è confermato al top nei big match; dal paradosso di Haaland alla maledizione di Lukaku. Fino al tifo, dove gli interisti si portano via la spilletta...

Inzaghi: "Palloni a 1 cm, traverse, caviglie: era tutto scritto. Ma siamo orgogliosi"

dall’inviato a Istanbul. Manchester City-Inter, match valido per la finale della UEFA Champions League 2022/23, è terminato sul punteggio di 1-0, frutto del sigillo decisivo di Rodri. Con questo risultato il Manchester City si è laureato campione d’Europa per la prima volta nella sua storia. Il match ha lasciato tante trame. Qui di seguito le 5 verità dallo Stadio Ataturk.

1. Inter, è una vera beffa

Partiamo dalla fine, perché mentre il Manchester City festeggiava sotto il suo settore, alla destra della tribuna stampa, l’occhio cadeva sul monitor di servizio che passava le statistiche finali del match. Tiri: Inter 14, Manchester City 7. E’ stata una finale particolare, sicuramente non prevedibile. Il City aveva lasciato ridicolizzando il Real Madrid con un calcio stellare, mentre l’Inter si presentava qui da Calimero, o quasi. Il campo, invece, ha raccontato esattamente l’opposto: i nerazzurri hanno imbrigliato la squadra – sulla carta – più forte del mondo, rischiando relativamente poco e sprecando tanto. Per questa la ragione la sconfitta è ancora più amara. Perché tutta la narrativa della viglia, della missione impossibile, è andata a farsi benedire. Con questo City, questa sera, l’Inter poteva vincere. Non ci è riuscita. E l’amaro in bocca è tantissimo.

2. Inzaghi si conferma tecnico da grandi partite

Strettamente connesso a questo primo punto, c’è ovviamente da spendere due parole su Simone Inzaghi. Sapeva cosa aspettarsi. E ha saputo trovare una soluzione in campo. Un Inter precisa in fase difensiva e nell’intasamento di tutti gli spazi, per un City che di suo, partendo colpevolmente sotto ritmo, ha galvanizzato ancor di più i nerazzurri su quell’idea di potersela giocare alla pari. Si è confermato insomma allenatore da grandi partite Inzaghi, che in tutta la stagione non ha mai sbagliato gli appuntamenti che contavano. Nessuno. Non fa eccezione questa finale. Persa. Ma nella sconfitta, per quanto difficile da digerire, non è tutto da buttare.
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Simone Inzaghi al termine di Manchester City-Inter - Finale Champions League 2022-23

Credit Foto Getty Images

3. Lukaku, che incubo le finali (e non solo)

Da Colonia a Istanbul, passando per il Mondiale – non era una finale, d’accordo, ma pur sempre la partita decisiva del suo Belgio nel girone – per Big Rom quello degli appuntamenti chiave sta diventando una sorta di incubo. E’ nel tocco sfortunato sul colpo di testa di Dimarco, ma è soprattutto in quella zuccata sparata su Ederson da zero metri al minuto 88; quella che forse avrebbe scritto un’altra storia, perché chissà cosa ne sarebbe stato di questo City all’extra time. Chiamatelo poco cinismo. Chiamatela anche sfortuna. Chiamatelo come vi pare. Il mix però è veramente letale: nel match più importante, Lukaku si prende sempre la controcopertina. Quella che non vuole nessuno. Quella del capro capro espiatorio.
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Il gol sbagliato da Romelu Lukaku durante Manchester City-Inter - Finale Champions League 2022-23

Credit Foto Getty Images

4. City, il paradosso del 'senza Haaland'

Era l’uomo più atteso, con i suoi 12 gol in 10 partite fino ai quarti di finale. L’uomo che avrebbe dovuto far fare il salto a questo City, che non vinceva la Champions – si diceva – perché “mancava il cinismo nei match importanti”. Un’analisi che si conferma una mezza baggianata. Sì perché il City arriva al traguardo più agognato e lo fa con Haaland messo in tasca da Rudiger nella semifinale d’andata col Real Madrid, neutralizzato dalle parate di Courtois – e da poca precisione – al ritorno e nuovamente preda di Darmian e Acerbi stasera, che hanno reso il fenomeno norvegese una specie di Tore Andre Flo, per quelli della generazione di chi vi scrive queste righe. Cosa significa questo? Nulla. O meglio: sempre la solita storia. Ci esaltiamo per i singoli e per i record. Ma a pallone si gioca in 11. Ennesimo reminder in quest’epoca di sovraesposizione mediatica e ricerca dell'eroe - o del cattivo - a tutti i costi.
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Guardiola e Haaland al termine della Champions League vinta a Istanbul contro l'Inter, giugno 2023

Credit Foto Getty Images

5. Tifo: Inter batte City 4-0

Non vale assolutamente nulla e non consolerà di certo gli interisti in lettura, ma da Istanbul la curva nerazzurra se ne va con la spilletta di un sostegno rumoroso e incondizionato, netto vincitore della “sfida tra curve”, sempre che ne esista una. Dall’altro spicchio di campo, infatti, il silenzio o quasi. Sintomo, ennesimo, di un mito del ‘calcio inglese’ che resta tale solo nella narrazione... E meno nella realtà dei fatti. Da quando la Premier League si è trasformato in un salotto per soli ricchi, da quando per assistere a una finale di Champions League bisogna essere quantomeno benestanti – o sobbarcarsi un sacrificio economico mediamente vicino ai 1000 euro – il rumore e il colore restano fuori, per le strade di Istanbul. Dentro all’Ataturk gli inglesi sono stati a lungo in silenzio. Vale quel che vale. Ma tant’è. L’ultima fotografia di una notte amara, ma vissuta con orgoglio, da tutti gli interisti, fino alla fine.
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