Il vecchio cuore rossonero batte ancora, ma la rivoluzione è necessaria
Aggiornato 22/05/2016 alle 11:07 GMT+2
Contro la Juventus, nella finalissima di Coppa Italia, si è visto un Milan tosto e orgoglioso: una reazione da cui ripartire. Al netto dell'onorevole sconfitta, urge comunque una decisa rifondazione dopo una stagione fallimentare
La sceneggiatura della finalissima di Coppa Italia tra Milan e Juventus è emblematica di quanto il calcio sappia essere strano, pazzo, impronosticabile: esposto alle bizze e agli umori di Eupalla - divinità che protegge e ispira il gioco del pallone brevettata dall'inimitabile Gianni Brera. Già, questa volta il Milan non ha "fregato" Brocchi, ma si è preso beffe di tutti noi addetti ai lavori e non. Nessuno - ma propio nessuno, dall'inguaribile tifoso rossonero al più autorevole opinionista - attribuiva la minima chance di successo all'undici di Christian Brocchi, nè tantomeno ipotizzava un piano tattico seguendo cui il Diavolo avrebbe potuto mettere sotto scacco la Vecchia Signora. È accaduto l'esatto contrario: ai punti il Milan avrebbe ampiamente meritato di alzare la Coppa Italia al cielo di Roma. Al netto della caratura dell'avversario - è stato sottolineato, a ragion veduta, come la Juventus fosse falcidiata da infortuni, squalifiche e turnover meritocratico di Coppa - un Milan ai minimi storici, reduce da un finale di campionato a tinte horror, ha rispolverato il proverbiale "vecchio cuore rossonero" e dalla reazione di rabbia e orgoglio sciorinata sul prato dell'Olimpico deve giocoforza ripartire.
Da Calabria a Montolivo: la banda dei "miracolati"
Perché di miracolo sportivo - oppure di un fenomeno paranormale che gli si avvicini tanto - si dovrà pur parlare: dall'encefalogramma piatto delle recite contro Verona, Carpi e Frosinone alla trance agonistica contro la macchina schiacciasassi Juventus. La metamorfosi di gran parte dei giocatori rossoneri è tutta racchiusa nei gesti degli assatanati Montolivo, Honda e Kucka ad aizzare un popolo rossonero finalmente orgoglioso e smanioso di far sentire la propria voce. Ma anche nelle folate delle inesauribili frecce Calabria e De Sciglio (quest'ultimo già contro la Roma aveva manifestato segnali di vita dopo un inspiegabile stagione da "zombie"), negli autorevoli disimpegni difensivi di Romagnoli e Zapata oppure nelle scorribande di un Andrea Poli trasformato. Saranno stati quei calzettoni e quei pantaloncini neri retaggio di indimenticabili notti di Coppe dei Campioni, saranno state le motivazioni e le laceranti ferite nell'orgoglio: fatto sta che un Milan così questa stagione - e forse anche nelle ultime legislature, non lo si era mai visto. La cernita di Brocchi ha funzionato: i suoi "pretoriani" hanno dimostrato di essere all'altezza.
Il "giuoco" di matrice berlusconiana: Brocchi promosso
"Se Brocchi può rimanere? Vediamo. Il Milan ha fatto una buona partita, ho fatto i complimenti ai ragazzi", parole e musica di un Silvio Berlusconi finalmente soddisfatto del suo Milan a margine dell'onorevole sconfitta, dopo che era stato pizzicato più volte dalle telecamere a discutere con ampi gesti con lo scudiero Galliani durante la partita. Eppur si muove, dunque, il suo Milan. Già, è proprio questa la novita più stuzzicante: il Milan ha detenuto il pallino del gioco in pianta stabile, sin dalle prime battute. D'autorevolezza e di prepotenza: da squadra maschia e conforme alla filosofia tanto cara al patron rossonero. Segnale di discontinuità, questo, rispetto alle più illuminate recite del pragmatico Milan di Sinisa Mihajlovic. Lo certificano i dati relativi al possesso palla (57% a favore dei rossoneri) e al baricentro (56,95 contro i 43,85 metri della Juventus): le idee di Brocchi provate a Milanello hanno avuto finalmente un tangibile riscontro in campo.
Report statistico dal sito ufficiale della Lega Serie A: il Milan ha tenuto il pallone per ben 33'38 minuti di gioco effettivo nella metà campo avversaria, contro i 23'36 minuti della Juventus. Emblematici anche i dati del baricentro: nettamente più alto quello del Milan.
La rifondazione è comunque necessaria
Niente fumo negli occhi, bando agli eccessivi entusiasmi: questo Milan va comunque rifondato a margine della terza (!) consecutiva esclusione dall'Europa calcistica e di un deludente settimo posto in campionato. Una rifondazione che deve giocoforza partire dall'alto - e che dunque finalmente porti in dote un assetto societario stabile capace di imbastire un progetto di medio-lungo periodo - e inevitabilmente tradursi in un rafforzamento deciso dell'organico, con rinforzi qualitativi per ogni reparto. Quanto alla guida tecnica, che sia appannaggio di Christian Brocchi, Marco Giampaolo o chi per lui, deve essere protetta e difesa dai quadri dirigenziali, senza essere messa in discussione ogni due per tre a seconda di questo o quel risultato. Qualcosa da salvare, in ogni caso, c'è: lo spirito del "vecchio cuore rossonero" è salvo e continua ad aleggiare; la cartina di tornasole è l'arcigna prestazione contro la Juventus.
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