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Dal corto muso a Yildiz: Allegri, più punti delle previsioni (almeno le mie), ma prigioniero di sé stesso

Roberto Beccantini

Pubblicato 05/01/2024 alle 10:30 GMT+1

CALCIO - L’assenza d’Europa mi sembrava, oggettivamente, un motivo di disordine e non di sollievo, costringendo il Feticista degli 1-0 a inventarsi «allenatore», ma i fatti - e gli esperti - mi stanno dando torto.

Allegri: "Alla Juventus se pareggi una partita è una catastrofe"

Alla diciottesima, il 13 gennaio 2023, la Juventus sprofondava al Maradona (1-5) e scivolava, terza, a 10 punti dal Napoli. Ne aveva 37, oggi ne ha 6 in più ed è seconda a due lunghezze dall’Inter. Nella mia griglia estiva figurava al quarto posto, dietro Napoli, Inter e Milan. Non mi fidavo né dell’ammiraglio - Massimiliano Allegri, al terzo atto del mandato bis - né dell’equipaggio, per quanto non ancora mutilato, all’epoca, di Paul Pogba (doping) e Nicolò Fagioli (scommesse).
L’assenza d’Europa mi sembrava, oggettivamente, un motivo di disordine e non di sollievo, costringendo il Feticista degli 1-0 a inventarsi «allenatore», ma i fatti - e gli esperti - mi stanno dando torto. Tutti, da Arrigo Sacchi a Lele Adani, giurano che una primavera «libera» non potrà non favorire Madama. Con la Vecchia sul pezzo, e in attesa che a Roma riaprano il faldone dei falsi in bilancio, non esistono le mezze misure. Ci si scanna, dentro e fuori. A maggior ragione, quando Max continua a celebrare - sia chiaro: in pubblico - la zona Champions quale Piave della stagione. Un po’ ci crede, un po’ ci fa. Pretattica, si diceva negli anni di Nereo Rocco buon’anima.
Dopo averne demolito le riserve negli ottavi di Coppa Italia (6-1), anche l’ultimo turno d’andata gli propone la Salernitana: domenica 7 gennaio, ore 18, all’Arechi. Non v’è dubbio che il tecnico abbia la squadra dalla sua perché, altrimenti, non si spiegherebbe la striscia di 13 partite utili consecutive (10 vittorie, 3 pari). Nello stesso tempo, non si può non riconoscerne il timbro prettamente difensivo: il resto, se non proprio noia, quasi. Ho definito la Juventus una Cassa di risparmio. Non ha una rosa all’altezza di quella di Simone Inzaghi. Il problema è la domanda che coinvolge il rapporto gioco-tabellini: vince per la spilorceria che ne bolla la manovra, o con un approccio più coraggioso vincerebbe meglio e di più? Dal divano è comodo scegliere la busta numero due. E sognare, per paragone o per ripicca, un Federico Chiesa e, più in generale, la fase del gegenpressing affidati al rock di Jurgen Klopp.
Protetto da uno stipendio esagerato (7 milioni abbandonati sino al 2025, retaggio estremo del delirio di Andrea Agnelli), Allegri divideva durante il quinquennio, figuriamoci adesso. Eppure ha creato uno stile - «il muro di Torino», copyright di José Mourinho - ha rigenerato Weston McKennie, distillato il talento di Kenan Yildiz, cucito la stoffa di Fabio Miretti e del Fagioli di cui sopra, lucidato la vena gladiatoria di Federico Gatti, sgorbi a parte, spalmato Andrea Cambiaso. Rimangono in sospeso due sfide: Chiesa e Dusan Vlahovic, la cui altalena di rendimento colpisce e stupisce.
Veniamo al dunque: per lo scudetto, sempre Inter; ma i rapporti di forza con le Grandi sono cambiati, come documentano gli esiti dei confronti diretti. Allegri non sta compiendo un miracolo, questo no. Alla luce, specialmente, della marcia delle avversarie: Milan meno 2, Atalanta meno 5, Roma meno 6, Lazio meno 7, Napoli meno 19. Sta pedalando, in compenso, a un ritmo che era difficile immaginare: parlo per me. Cristiano Giuntoli - che non ama il livornese che, a sua volta, non lo ama - ha coperto un vuoto cruciale. I conti sono tali che dal mercato di gennaio usciranno, se usciranno, briciole; e comunque persino Kalvin Phillips, riserva del Pep al Manchester City, servirebbe poco.
L’Allegri II si è «impiccato» all’albero della tirannia del risultato. Senza la clemenza di un «giuoco» in grado di smorzare eventuali sommosse. Non che la fase difensiva venga trascurata, all’estero, ma si pensa «diverso». Vasco Pratolini, autore di «Cronache di poveri amanti», diceva: «Le idee non fanno paura a chi ne ha». Il labronico ne ha una: il corto muso. Ergo: o l’impresa o la resa.
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Per commentare o fare domande potete inviare una mail a roberto.beccantini@fastwebnet.it o visitare il blog di Roberto Beccantini http://www.beckisback.it.
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