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Dal calzaturificio ai 200 gol, la rivincita di Manuel Pera: il bomber più implacabile della Serie D

Stefano Dolci

Aggiornato 01/02/2017 alle 14:52 GMT+1

Sempre in doppia cifra di gol dal 2011, capace di realizzare 73 gol in 88 partite nelle ultime due stagioni e mezzo: Manuel Pera è il bomber più spietato e continuo della categoria e una settimana fa ha tagliato il traguardo dei 200 sigilli in carriera. Snobbato dai club di A e B non se ne cura: "Fino a 9 anni fa lavoravo come operaio e non avrei mai creduto di fare del calcio una professione".

Manuel Pera, Facebook

Credit Foto facebook

Manuel Pera è un attaccante di 32 anni, una settimana fa ha tagliato il traguardo dei 200 gol segnati in carriera (201 al momento realizzati fra Lega Pro, Serie D e Prima Categoria), nelle ultime due stagioni e mezzo ha realizzato 73 reti in 88 partite in Serie D e per il terzo anno di fila rischia di vincere, con la terza squadra diversa (Rimini, Delta Rovigo e Matelica, ndr), la classifica cannonieri del proprio girone. Con numeri del genere ci si chiede perché nessuno si sia sognato di offrire a questo cannoniere una chance al piano di sopra, Pera però non riesce a provare rancore verso un mondo talvolta ingiusto. Manuel, non ha rimpianti, perché guarda le cose da un altro punto di vista: quello di uno che fino a 8 anni fa lo stipendio se lo guadagnava facendo l’operaio in provincia di Lucca e mai si sarebbe immaginato che il calcio sarebbe potuto diventare un lavoro a tempo pieno.
"Vivere grazie al calcio, senza dovermi svegliare alle 7 tutte le mattine per lavorare nel calzaturificio della mia famiglia la ritengo, ancora oggi, la più grande conquista della mia carriera, un orgoglio come l’aver superato quota 200 gol. Può sembrare una frase retorica ma per me il calcio è sempre stato un divertimento, un passatempo da vivere con gli amici del mio paese: Lammari. E’ lì che ho iniziato a tirare i primi calci ed è quella la maglia che ho vestito fino ai 19 anni quando ho debuttato in prima squadra nel campionato di Promozione da terzino destro, il ruolo che i miei allenatori mi avevano sempre ritagliato e che a me, per la verità, non garbava granché”.
Pera era certamente più a suo agio quando poteva offendere o calciare in porta, ed è scendendo in Prima Categoria che due allenatori, Mario Meschi e Alan Renucci, si convincono che Manuel non era un difensore ma un attaccante con ampi margini di miglioramento.
"Meschi e Renucci sono stati i primi ad intravedere qualità che fino a quel momento nemmeno io pensavo di avere. Assecondarono il mio desiderio di giocare davanti ed io iniziai a segnare come mai mi era successo prima. Tra il 2005 e il 2008 segnai 50 gol in tre anni e vinsi un campionato di Prima Categoria. E’ però grazie a un amichevole che la mia carriera è svoltata e ho iniziato a capire che avrei potuto fare il giocatore di calcio a tempo pieno”.

La doppietta alla Lucchese, il primo contratto e il 'cartellino' in soffitta

Nella tarda primavera del 2008, la Lucchese gioca un amichevole con il Barga: la squadra toscana di Pera che segna due gol e fa impazzire i difensori. L’allora ds della Lucchese Paolo Giovannini (attuale amministratore delegato del Pontedera e uno dei dirigenti più apprezzati ed abili del calcio toscano, ndr) non ci pensa due volte a tesserarlo e ad offrire a Pera, la chance di vestire la maglia della sua squadra del cuore.
“La Lucchese è sempre stata la mia squadra del cuore ed aver vinto due campionati con quella maglia resta qualcosa di impagabile. E’ grazie a quell’exploit che ho potuto smettere di fare l’operaio. Il primo anno in D non me la sentii di mollare l’impiego ed alternai: lavoro e calcio. Dalle 8 fino a verso le 15 lavoravo al calzaturificio poi ogni pomeriggio mi recavo a Lucca per l’allenamento. Segnai 16 gol quella stagione che aiutarono la squadra a guadagnarsi la C2. E’ in quell’estate che ho firmato il mio primo contratto da professionista e ho esaudito uno dei miei sogni”.
Se Pera dal 2011 ad oggi non è mai andato sotto la doppia cifra di reti segnate, realizzando la bellezza di 124 gol, il merito è anche della gavetta fatta, un dettaglio che forse manca a tanti ragazzi che escono dai settori giovanili, credendosi di poter fare i calciatori e magari si perdono per strada…
“Se dopo i 30 anni sto dando il meglio di me è perché sono più maturo, conciliante ma anche perché so che ogni giorno devo mettere più cattiveria e impegno in allenamento per guadagnarmi la fiducia di compagni, allenatore e dirigenti e allungare la mia carriera. So quanto sono fortunato a fare qualcosa che amo, perché per anni ho fatto un lavoro palloso, che non mi piaceva ma mi dava da vivere. Nel corso degli anni mi è capitato di incrociare diversi giocatori che sono arrivati in A o in B. Anche a me sarebbe piaciuto avere una chance anche se so che probabilmente avrei incontrato grandi difficoltà dato che anche in C1 in passato ne ho incontrate. Una certezza però ce l’ho: la fame di gol che mi accompagna in ogni partita, io la rivedo in pochissimi giocatori anche dei campionati maggiori”.

Un campionato da vincere per lasciarsi alle spalle il terremoto

Se nell’estate del 2015 Pera ha sfiorato l’approdo a Parma (“l’unico rimpianto della mia carriera, saltò tutto per un equivoco fra la dirigenza e il mio vecchio agente: forse quest’anno con Calaiò, Evacuo e la batteria di attaccanti a disposizione magari non avrei visto il campo: però sarebbe stata l’ultima occasione per provare a salire nel calcio che conta in una piazza che in Lega Pro ci resterà assai poco”) da sette mesi il bomber toscano veste la maglia del Matelica, società marchigiana che insegue la prima storica promozione fra i professionisti e non smette di sognare questo storico traguardo nonostante sia stata fortemente provata dal terremoto che ha devastato il Centro Italia e, a distanza di settimane e mesi, continua a fare paura.
"Ho scelto Matelica perché volevano vincere il campionato e sin dal primo istante ho ravvisato quelle qualità e quella serietà nel presidente e nei dirigenti che non è affatto scontato e semplice trovare oggi giorno fra i Dilettanti. A distanza di mesi non mi sono pentito della scelta, nonostante per diverse settimane la priorità non sia stata né la classifica, né la prossima partita da preparare ma il terremoto. Matelica è a neanche 20 km da Camerino, una delle città praticamente rasa al suolo dal sisma e anche qui l’emergenza è stata reale: tantissime case ed esercizi del centro storico sono stati lesionati e per due settimane anche noi siamo stati degli sfollati. In questo periodo molto complicato però il presidente Mauro Canil ha fatto un gesto che io non avevo ancora visto fare a nessun uomo di calcio: ha spalancato le porte della sua casa a giocatori e membri dello staff tecnico trattandoci come dei figli e non facendoci mancare nulla. Abbiamo dormito sulle brandine, insieme ci siamo fatti forza, fino a quando siamo potuti tornare ad allenarci e a fare una vita normale. Il lungo stop ci ha condizionato e fatto perdere un po’ di punti per strada e la vetta del campionato (la capolista Fermana ha 7 punti di vantaggio, ma una gara in più, a 13 giornate dalla fine della stagione) ma l’obiettivo resta il primo posto e personalmente darò tutto me stesso per segnare il maggior numero di gol e vincere questo campionato. Sarebbe il miglior modo per ripagare la passione del presidente e della gente di Matelica, che dopo aver sofferto tanto si merita di gioire”.
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