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Il lungo viaggio di Gasperini: non inventore, ma grande costruttore

Roberto Beccantini

Pubblicato 24/05/2024 alle 12:50 GMT+2

EUROPA LEAGUE - Non è un inventore. E’ un costruttore. Costruì al Genoa, ha costruito a Bergamo. Con pazienza, con bilanci sostenibili, con personalità. E con la forza delle idee. Non necessariamente sovversive. Ma idee. E coraggio...

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Immagino le risate di Gian Piero Gasperini. Ma come, non più tardi del 15 maggio mi davate dello sprovveduto per essere stato messo nel sacco addirittura da un vecchio arnese come Massimiliano Allegri, e dopo Dublino mi considerate l’inventore del calcio? Suvvia. Ha ragione, l’Ego di Bergamo. Aggiunge valore, non propaganda. Non è un inventore. E’ un costruttore. Costruì al Genoa, ha costruito a Bergamo. Con pazienza, con bilanci sostenibili, con personalità. E con la forza delle idee. Non necessariamente sovversive. Ma idee. E coraggio: il coraggio può portare alla rivoluzione, ma in sé non è rivoluzionario. Il tridente anti Bayer, con Ademola Lookman recuperato in extremis dal mazzo e autore dei tre gol, non è stato un semplice segno del destino: è stato un rischio. Una scintilla.
All’estero, i giornali battono molto sul tasto dell’audacia. Che non è lavagna, non è schema. E’ sentimento. Appartiene a ogni epoca, non a una in particolare. Otto stagioni forniscono prove, non indizi: tre terzi posti, tre volte l’attacco più prolifico, i quarti di Champions, tre finali di Coppa Italia, l’Europa League. Gasp va studiato perché ha studiato. Il suo modello, lo ha confessato, era l’Ajax del calcio totale («fluido», secondo l’ultima vulgata). Lo stesso di Arrigo Sacchi al Milan. Arrigo non rivoluzionò il nostro stagno: lo «evoluzionò» (da Lodovico Maradei, «Gazzetta dello Sport»). Raccolse i semi sparsi da Johan Cruijff e li mescolò con  i germogli «ribelli» che stavano cercando di evadere dalla camicia di forza della tradizione. E poi la rosa: da Marco Van Basten a Paolo Maldini, per carità. Vade retro, paragone.
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Gasp aveva ben lavorato al vivaio della Juventus, a Crotone, illuminato il Genoa, fallito all’Inter del post Triplete (cinque partite in tutto, zero vittorie) e a Palermo. La famiglia Percassi è stata il suo Piave. Giovanni Sartori, oggi al Bologna, la sua bussola. Insieme, respinsero l’isteria del risultato. Così la cronaca è diventata storia. Gasp riscuote. E sorride di noi. La difesa a tre non doveva essere lo sterco del diavolo? Tiè. La marcatura a uomo non doveva essere un imbarazzante retaggio di un passato che non passa mai? Tiè. Certo - e questo, sì, è confine solido, profondo - la applica in avanti, aggredendo e rapinando i dirimpettai, senza il libero d’antan. Come le sane legnate che qua e là i suoi «bravi» dispensano, fra gli applausi di loggioni che riconoscono alla provincia i piccoli privilegi che, viceversa, rifiutano ai Poteri forti. E il ritmo, ecco: ho definito la sua Dea la ventunesima squadra della Premier. Lo ribadì ad Anfield, con quel 3-0 che gli ha cambiato il finale - e la finale - di stagione. Per tacere del pressing alto, figlioccio del «gegenpressing» di Jurgen Klopp, la ghigliottina che gli consente di mozzare, sul nascere, le sortite dei rivali.
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Gian Piero Gasperini dopo la vittoria dell'Europa League

Credit Foto Getty Images

E’ ancora presto per collocarlo nell’Olimpo degli allenatori. La sbornia euforica è cattiva consigliera. Ero rimasto alle genuflessioni ai piedi della Bellezza spallettiana, alla ola per i «braccetti» di Simone Inzaghi, alle geometrie illuministe di Thiago Motta. Non solo. Claudio Ranieri non avrà offerto un «giuoco» così martellante, ma vogliamo parlare della sua impresa-miracolo a Leicester, nel 2016? Osvaldo Bagnoli, quando la periferia dell’impero poteva permettersi lo scudetto, e Verona nel 1985 vi si arrampicò, praticava una manovra che la scarna televisione dell’epoca non esaltò come sarebbe stato corretto.
Non a caso, Pep Guardiola disse che «affrontare l’Atalanta è come andare dal dentista». E il mestiere di dentista è sempre esistito, dettaglio che nulla toglie al magistero del Gasp. Meglio un brutto carattere che non aver carattere: per paradosso, proprio l’indole è il suo limite. La «caserma» di Bergamo lo ha spesso nascosto, ma cosa succederebbe nella pancia di una Grande? A 66 anni, e con il suo curriculum, mi butterei. Le sfide sono il fuoco della vita.
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Per commentare o fare domande potete inviare una mail a roberto.beccantini@fastwebnet.it o visitare il blog di Roberto Beccantini.
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