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Le 5 verità di Atalanta-Bayer Leverkusen: per Gasperini non è una consacrazione, è la ciliegina, Lookman fotografia

Simone Eterno

Aggiornato 23/05/2024 alle 11:48 GMT+2

EUROPA LEAGUE - Da cosa significa questo successo per il tecnico alla profondità della rosa della Dea; dalla vittoria della sostenibilità alla 'bambola' presa dagli imbattibili di Xabi Alonso.

Gasperini: "In Italia chi vince ha i conti in disordine, l'Atalanta invece..."

dall'inviato a Dublino. La finale di Europa League 2024 tra Atalanta e Bayer Leverkusen è terminata sul punteggio di 3-0. A decidere la gara una clamorosa tripletta di Lookman. Il successo riporta l'Europa League in Italia 25 anni dopo la vittoria del Parma di Malesani. Cosa ha lasciato questa partita? Quali sono i temi principali nascosti dietro questo straordinario successo dei bergamaschi. Dal lavoro di Gasperini a quello della società, dal cammino in questa stagione alla 'bambola' presa dai tedesci. Ecco le nostre 5 verità dopo la finale.

1. La ciliegina di Gasperini

E attenzione all’utilizzo della definizione: ciliegina. Non è una rivincita. Non è una consacrazione. E’ ciliegina. Perché la torta, sotto, Gasperini, a Bergamo, l’aveva preparata da anni. Era lì. Era lì e lo sapevano tutti. Solo, qualcuno, ha giocato a far finta di non vederla, con quel difetto tutto italiano, quando si parla di sport, della necessità di dover per forza vincere qualcosa per legittimare la bontà del proprio lavoro. Gasperini invece per tutta la settimana, dalle interviste in Italia a quella alla UEFA fino alla conferenza della vigilia, ci aveva tenuto a sottolineare come non fosse un trofeo a cambiare il giudizio. Che infatti non cambia: quello fatto all'Atalanta sarebbe rimasto straordinario a prescindere da come sarebbe andata a finire. Una cosa però la si può aggiungere. Si può dire, appunto, che sia la ciliegina che rende tutto perfetto; quel tocco lì che convince anche la 'giuria di qualità'. O presunta tale...
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2. La bambola presa dal Leverkusen

Perché di questo si è trattato: ‘una bambola’. Bella e buona. Nessuno si aspettava che i 51 volte imbattuti in stagione e autori di 142 gol stagionali si presentassero a Dublino e perdessero ogni singolo duello, che venissero spazzati dalla Dea in ogni duello del campo e che terminassero senza nemmeno segnare un gol. Ha sorpreso negativamente la performance del Leverkusen. Vuoi per gli evidenti meriti della Dea, perfetta in ogni lettura e situazione di gioco; vuoi per un Bayer invece apparso quasi sorpreso dalle capacità degli avversari di sostenere una partita di questo tipo. Quasi come se Xabi Alonso non avesse fatto i compiti a casa. Difficile onestamente da credere, ma la sensazione – almeno da Dublino – è stata proprio questa: una squadra sorpresa dal valore dei propri avversari; una squadra che non aveva le idee chiare su cosa aspettarsi. Il tutto, tra l'altro, dando la netta impressione di avere anche meno benzina nel serbatoio. Insomma: una bambola.
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Credit Foto Getty Images

3. Lookman come fotografia della profondità e forza di un gruppo

Non è banale la parabola di Lookman in questa stagione, perché testimonia l’essenza di un gruppo attraverso la prestazione del singolo. Il nigeriano è partito titolare nelle gerarchie del Gasp ma si è poi trovato negli ultimi mesi schiacciato dall’esplosione di Scamacca e nell’avanzamento di Koopmeiners, spesso supporto del tridente insieme a De Ketelaere. Eppure ci sono i suoi gol dentro questo cammino trionfale. In rete agli ottavi con lo Sporting; in gol in semifinale con l’OM; in tris nell’ultimo atto col Leverkusen. Lookman ha chiarito in qualche modo di nuovo il punto 1, ossia come questa Atalanta non sia un “miracolo”, non sia una squadra figlia di “una stagione magica”. No, la figura di Lookman e la sua clamorosa tripletta rappresentano la profondità e la disponibilità del gruppo, ma anche le qualità complessiva della rosa atalantina. Dimostra insomma che oltre all’enorme lavoro di Gasperini, ci sono le basi. Solide. Perché la Dea, grandi cose, anche in Europa, le fa ormai da anni.

4. Atalanta, la vittoria della sostenibilità

E’ sempre Gasperini a regalare lo spunto, perché in conferenza stampa dalla pancia dell’Aviva di Dublino, la risposta alla prima domanda suona come una frecciata a un intero sistema: “Questa società è cresciuta sempre nei risultati e lo ha fatto sempre mantenendo equilibrio nei conti, e credo sia straordinario. Di solito in Italia chi vince, e l'abbiamo visto in questi giorni, fa fatica a mantenere i costi. L'Atalanta è riuscita a coniugare le due cose, penso che sia straordinario". Riferimento alle vicende della squadra campione d’Italia, con un sassolino dalla scarpa levato ad anni di distanza? O, perché no, a proposito di anni di distanza, una risposta a quell’Andrea Agnelli all’epoca presidente della Juventus che parlando della Dea al suo primo anno in Champions disse: “E' giusto che sia in Champions chi non ha storia internazionale?"? Non ne siamo certi, ma a noi è apparsa proprio come questa cosa qui: una bella frecciata a tutti. Perché un’altra verità che ha lasciato questa partita è che la vittoria dell’Atalanta è una boccata d’aria fresca per tutti quelli che pensano che si possano ancora fare le cose per bene.
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Credit Foto Getty Images

5. L'Atalanta ha dominato nel cammino

Se quella di Dublino è la ciliegina sulla torta, questa partita culmina un percorso dove l’Atalanta ha veramente stradominato la competizione battendo le squadre più forti. Perché anche in questo c’è vittoria e ‘vittoria’. La Dea è rimasta imbattuta giocando 4 volte con la squadra che ha dominato il campionato portoghese, lo Sporting. Ha poi superato il Liverpool, che fino al momento della sfida dei quarti di finale insieme a City e Arsenal si giocava la Premier. Ha superato il Marsiglia, sopravvivendo al catino del Velodrome. E ha poi completato l’opera infliggendo l’unica sconfitta stagionale a quella che a parere quasi unanime era stata la miglior squadra d’Europa: il Leverkusen degli imbattibili. Insomma: è stata un’Europa League dominante e dominata questa della Dea. Con quel gusto in più, finale, di una maledizione finalmente sfatata: 25 anni dopo il Parma di Malesani a Mosca, un’italiana ritorna con la coppa a casa. Ce n’era bisogno. Bravi tutti.
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