Sport popolari
Tutti gli sport
Mostra tutto

Altro che biscotto... il fallimento dell'Under 21 e le vecchie abitudini italiane

Simone Eterno

Aggiornato 25/06/2015 alle 12:34 GMT+2

Nel day-after la stampa si concentra su il pari tra Svezia e Portogallo, eppure le colpe del fallimento stanno altrove. Tra demeriti propri e limiti di un sistema autolesionista, ancora una volta l'Italia si riscopre piccola-piccola

Biraghi, Italia U21 (AFP)

Credit Foto AFP

Si fa presto a gridar “biscotto”. Lo sport nazionale nell’italica repubblica, insieme va da sé al pallone, è quello dello scaricabarile. Una tendenza purtroppo ben sviluppata in buona parte del Paese che, in certi casi – ‘spesso’ verrebbe da dire viste prime pagine odierne e relativi commenti – si va a unire a quella della scarsa memoria.
Il capitano di quale nazionale ad esempio dichiarava “meglio due feriti di un morto”? E sempre per non andare troppo in là col tempo e chiedere eccessivi sforzi a memorie evidentemente povere di fosforo, quale squadra finita poi in finale di Champions League terminava il girone di qualificazione con uno 0-0 casalingo all’insegna del volemese bene?
Le risposte vengono da sé come va da sé che, l’eliminazione della nostra Under 21, non è arrivata di certo a causa del tanto conclamato complotto scandinavo. In primis ci sono le reti di Portogallo-Svezia a lavare i primi dubbi; e in secundis ci sono da sottolineare tutta una serie di responsabilità oggettive ben chiare dietro al fallimento dell’Under 21.
Una su tutte – e ce l’hanno detto le sfide contro Portogallo e Inghilterra – è quella di una squadra evidentemente superiore alla altre, eppure tornata a casa. Se anche ‘biscotto’ dovesse esser stato, la regola numero uno di un gruppo vincente è mettersi nella condizione di non dover dipendere dagli altri. Specie quando si è più forti. E invece l’Italia di Di Biagio nei guai si è messa da sola. L’ha fatto con una partita sciagurata contro la Svezia – dalle discutibilissime scelte del CT alla folle gestione di vantaggio e superiorità numerica – e si è ripetuta in parte col Portogallo, quando nonostante la mole di gioco e le occasioni create non è riuscita a trovare la via della rete.
L’Italia può realmente dirsi soddisfatta degli appalusi contro l’Inghilterra? Può parlare – come in molti questa mattina fanno – di uscita a testa alta? Ipotesi difficili da sostenere se si considera quando già fin qui sottolineato a livello di rosa e di valori delle due qualificate a nostro discapito; impossibile se si aggiunge l’aggravante di un pass Olimpico mancato per la seconda edizione consecutiva dopo Londra 2012.
picture

Italia U21 - Italy U21 (Lapresse)

Credit Foto LaPresse

L’Italia era quantomeno chiamata a difendere il titolo di vice-campione raggiunto in Israele nella scorsa edizione e purtroppo ha fallito. E l’ha fatto più per demeriti suoi che per colpa degli altri. Poi, certo, ci sono le attenuanti. Ma anche qui sono radici di un male ben insidiato all’interno del Belpaese piuttosto che altrove.
Basta aprire il più famoso quotidiano sportivo italiano questa mattina, recarsi a pagina 9 e ammirare che nel progetto giovani di uno dei più prestigiosi club italiani tra acquisti già fatti e obiettivi di mercato non c’è un singolo ragazzo nato dentro i confini. Non uno. Non vi basta? Proseguiamo.
Aggiungiamo allora l’inconfutabile tendenza generale registrata fin qui in questo inizio di calciomercato: i club nazionali hanno investito sugli stranieri il triplo di quanto fatto sugli italiani; 122 milioni di euro a 40. Un caso anche questo?
L’equazione giovani-titolari non significa necessariamente successo – l’Inghilterra di Southgate da questo punto di vista ne è un bell’esempio – ma certamente il fatto di potersi affidare a ragazzi abituati a giocare un certo tipo di partite a certi livelli non può essere un male. Quanto avrebbe fatto comodo l’esperienza nella partita contro la Svezia? Quando avrebbe fatto comodo più cinismo nel vero dentro-fuori coi portoghesi?
La risposta è tanto. Come tanti minuti da protagonista avrebbe bisogno Belotti per svezzarsi, tanti minuti in campo internazionale Berardi per proseguire l’evidente crescita, Cataldi per esplodere, Benassi, Rugani e Romagnoli anche; e come tanti minuti ad alto livello servirebbero agli eredi Scuffet, Josè Mauri, Cerri, Verde, Bonazzoli, Somma, Fontanesi eccetera per evitare in futuro di ricadere nelle stesse ingenuità.
E invece, la mattina dopo, ancora una volta, siamo qui a guardare la pagliuzza nell’occhio altrui senza preoccuparci della trave infilata da tempo nei nostri. Perché in fondo è più comodo così. In fondo è solo colpa di quegli scorretti dei pasticceri svedesi. E chissà se a Stoccolma i treni arrivano puntuali come a Catania…
Più di 3 milioni di utenti stanno già utilizzando l'app
Resta sempre aggiornato con le ultime notizie, risultati ed eventi live
Scaricala
Condividi questo articolo
Pubblicità
Pubblicità