La Top 11 del "Calcio Totale": i padri e i figli di Johan Cruyff
Aggiornato 24/03/2021 alle 09:47 GMT+1
CRUYFF - A cinque anni dalla morte di Johan Cruyff, riavvolgiamo il nastro e vi spieghiamo perché il più grande talento della storia del calcio olandese è stato un mito, un genio, l'uomo simbolo vivente del "calcio totale", il sistema che ha plasmato il calcio di oggi.
Johan Cruyff ci ha lasciato un'eredità che non ha prezzo, il concetto che ancora oggi chiamiamo "calcio totale" e che sta alla base dei successi recenti di Barcellona, Bayern Monaco e Manchester City. Proviamo a ricordare il genio olandese, nel quinto anniversario della sua morte, con una formazione che unisce idealmente i grandi interpreti del presente e del passato.
Non è stata una scelta facile e sicuramente tanti di voi vorranno proporre delle soluzioni alternative, ma l’idea di base è stata quella di mettere insieme un undici di giocatori con un certo pedigree internazionale che potessero rappresentare sul campo l’evoluzione del concetto stesso di "calcio totale".
L'allenatore: Pep Guardiola
Partiamo dal dilemma della panchina. Quella di Rinus Michels sarebbe stata la scelta più ovvia, storicamente meritatissima, ma non siamo riusciti a prescindere da Pep Guardiola: uno che viene soprannominato "il filosofo" da Ibra deve per forza essere l’allenatore della nostra squadra totale (e sapete da soli che oltre a questa battuta c’è molto ma molto di più).
Portiere: Manuel Neuer
In porta Manuel Neuer, restando nella modernità. Lasciate perdere le uscite per i fotografi, la vera sostanza è che grazie alla sua posizione e alla sua capacità di leggere il gioco Bayern e Germania giocano con la linea difensiva 10 metri più avanti degli altri.
Difesa: Zanetti-Krol-Maldini-Lahm
Difesa a quattro, ma di reparti ha poco senso parlare… A sinistra Philipp Lahm, che a Germania 2006 partiva dalla fascia, rientrava e tirava, mentre ora – tra un ruolo e l’altro – si è trasformato in un giocatore difficile da definire per la sua umile grandezza. Nel mezzo Ruud Krol – che veniva schierato nominalmente da terzino ma di fatto giocava a centrocampo e finì la carriera a Napoli da libero-tuttocampista – e Paolo Maldini, che portò all’apice l’unione tra capacità atletiche, tecnica e visione di gioco. A destra Javier Zanetti, che in tutta naturalezza ricoprì sostanzialmente tutti i ruoli di centrocampo e difesa.
Centrocampo: Xavi-Neeskens-van Hanegem
Nel mezzo si crea il calcio. Ci vogliono architetti di personalità. Occhio e leadership, piedi e coraggio. Tre nomi secchi, senza star lì a discutere: Johan Neeskens, l’altro Johan, il bello (anche solo per le idee che aveva); Wim van Hanegem, il leader silenzioso (ma non troppo) di quell’Olanda leggendaria; Xavi Hernandez, l’uomo che ha trasformato il concetto di passaggio in una filosofia.
Attaccanti: Di Stefano-Hidegkuti-Cruyff
Davanti un tridente obbligato, fosse anche solo per status-symbol, con due grandi precursori accanto al nostro eroe. Alfredo Di Stefano, il primissimo giocatore totale che si ricordi in quel Real Madrid da mille e una notte; Nandor Hidegkuti, il primo falso nueve della storia, la variabile impazzita dei magnifici magiari. E poi c’è lui, Johan Cruyff, il principe del calcio, l’uomo per cui vale la pena di scrivere queste righe. E ricordare, ricordare... Non lo dimenticheremo mai.
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