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Calcio, Jorginho si racconta a Players' Tribune: Brasile, Italia e i milkshake...

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Pubblicato 02/09/2021 alle 11:24 GMT+2

QUALIFICAZIONI MONDIALI 2022 - Nel giorno in cui torna in campo l'Italia dopo la vittoria agli Europei, ecco la testimonianza di Jorginho, espresso su Players' Tribune. Un bellissimo racconto il suo, che parte dal Brasile, sua terra d'origine, e fa tappa in Italia, il Paese dove ha trovato, dopo tanto lavoro e sacrifici, gloria e felicità.

Jorginho in conferenza stampa con l'Italia

Credit Foto Getty Images

Abbiamo imparato a conoscere Jorginho, sia in campo che fuori: giocatore fondamentale per tutte le sue squadre, su tutte l'Italia campione d'Europa e il Chelsea vincitore dell'ultima edizione della Champions League, sulla pagina di Players' Tribune scopriamo anche un uomo molto attaccato alle proprie origini, ma anche molto grato alla vita che il calcio gli ha potuto regalare. Ecco alcuni degli estratti più belli

In Brasile

Le nostre camere facevano schifo. Mangiavamo le stesse cose tre volte al giorno. Le docce non avevano l’acqua calda, neanche in inverno. Fuori, le gang locali provavano a derubarci. Ma la parte peggiore fu quando la signora delle pulizie smise di lavorare. Non c’è un modo carino per raccontare questo, ma avete presente quando vai in bagno no? E fai la cacca? Ecco, in quel posto se buttavi la carta nel gabinetto si sarebbe potuto intasare, quindi la buttavi nel cestino. Ma quando il cestino non veniva svuotato per settimane...beh, avete capito no?! Questa era il mio football camp a Guabiruba, in Brasile. Vivevo a più di 100 miglia dalla mia famiglia. Avevo 13 anni. Tredici.
Era come l’esercito. Allenamento due volte a giorno e poi studio. Cinquanta giocatori che dormivano in letti a castello allineati uno accanto all’altro. Prima che arrivassi lì, avevo fatto dei provini con tre società di San Paolo, ma non ne passai neanche uno, quindi tornai nella mia città, Imbituba, dove questo agente italiano mi invitò al camp che dirigeva. Diceva che i giocatori che facevano bene lì, avevano una piccola possibilità di andare in Italia. Quale ragazzo non vuole andare in Europa, no?!
(...)

In Italia

In Italia!! Adesso tutto era possibile. I primi tre mesi furono fantastici. Ma dopo iniziò a farsi pesante, perché non avevo idea di quando sarei potuto tornare a casa. E vivevo con i 20 Euro che mi dava il mio agente, lo stesso che mi aveva invitato al camp. Li spendevo sempre per le stesse cose. Cinque euro per telefonare alla mia famiglia in Brasile, qualcuno in più per shampoo, deodorante e dentifricio. Durante il weekend poi, spendevo il resto in un Internet caffè per parlare con gli amici e la famiglia su MSN.
Qualche volta, se volevo davvero qualcosa di diverso, andava nella piazza principale di Verona e compravo un milkshake da McDonald’s. Costava un euro. Patatine? Hamburger? Scordatevelo! Gli Happy Meal erano per i bambini ricchi. Poi mi sedevo su una scalinata all’angolo della piazza e… guardavo la gente che andava e veniva. Guardavo gli uccelli e i turisti, mentre i miei pensieri vagavano. Ecco come passavo i miei sabati pomeriggio. Era un’esistenza solitaria, davvero. Ho passato un anno e mezzo così, vivendo per il calcio. Ma quando avevo 17 anni e avevo iniziato ad allenarmi con la prima squadra del Verona, io e il mio agente abbiamo litigato. Non mi va molto di parlarne, però è stato brutto. Stavo a pezzi.
Avevo sofferto per due anni in un lurido football camp in Brasile. Avevo vissuto per 18 mesi in Italia con 20 euro a settimana. E ora questo? Ho chiamato mia madre piangendo: “Mamma ho finito. Questo è troppo per me. Mi manchi. Torno a casa”. Nella mia testa ero già tornato ad Imbituba. Ma lei disse: “La porta sarà chiusa” E io: “Cosa?” Lei disse: “Tu non torni a casa. Se ti presenti, non ti aprirò”. Ero scioccato. Vi immaginate vostra madre che vi dice così?? Ho chiamato mio padre. Visto che erano separati, pensavo che sarei potuto andare a vivere con lui. Ma lui mi disse che anche la sua porta era chiusa.
Poi i miei genitori si riunirono e mi chiamarono. Dissero qualcosa tipo: “Jorge, ti stai allenando con i professionisti e vuoi mollare ora? Dopo tutto quello che hai sofferto? Non ha senso. Credici. Vai vanti. Il tuo sogno diventerà realtà”. Mia sorella maggiore più tardi mi disse, che mia madre dopo aver attaccato il telefono scoppiò a piangere. Grazie a Dio i miei genitori furono forti quando dovevano esserlo.
(...)

Post Europei

Le settimane dopo gli Europei sono state magiche. Ho passato un po’ di tempo a Verona, dove non andavo da tanto tempo e ho visitato il monastero. Sfortunatamente, erano tutti in vacanza, ma è stato davvero emozionante vedere quella che era stata la mia casa 14 anni prima. Poi sono andato nella piazza principale, sono entrato da McDonald’s e ho comprato un milkshake. Mi sono seduto sulle scale all’angolo dove avevo passato tanti pomeriggi da ragazzo e ho solamente … guardato.
Poi ho chiuso gli occhi e sono tornato indietro nel tempo. Ed era come se potessi vedere me stesso quindicenne seduto accanto a me. Nessuno lo notava. Nessuno sapeva della sua nostalgia di casa o delle conversazioni che aveva con i genitori. Era solo un ragazzo timido e magro che sorseggiava un milkshake da un euro.
Ma sapevo quali erano tutte le difficoltà a cui aveva resistito e quelle a cui stava per resistere. Quindi mi sono avvicinato e ho sussurrato la stessa cosa che direi a ogni ragazzo che sta inseguendo un sogno. Ho detto: “Non mollare”. Qualsiasi cosa accada, non mollare.
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