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Serie A 2022-23 - Matthijs De Ligt saluta la Juve dopo "solo" tre anni: il naufragio di un progetto

Carlo Filippo Vardelli

Aggiornato 19/07/2022 alle 11:56 GMT+2

CALCIOMERCATO - Sebbene fin dal suo arrivo Raiola (ex agente) avesse messo nero su bianco determinate condizioni - “la Juventus è una tappa nella crescita di Matthijs” -, questo addio obbliga la dirigenza bianconera all’ennesima riflessione: come mai l’olandese ha rifiutato un contratto più ricco per abbandonare il progetto dopo il terzo anno?

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In Olanda il mondo calcistico è diviso in due. C’è un pre-Johan Cruijff e un post-Johan Cruijff. Mai nessuno come il “profeta del gol” è stato capace di influenzare le coscienze e le menti di quelli venuti dopo. Per certi versi è paragonabile al Messia, che proprio come Johann divide l’esistenza prima e dopo la sua venuta. Oltre al legato tecnico, su cui non mi soffermerò perché è già cosa ultra-nota, Cruijff ha lasciato all’Olanda (e anche alla Spagna, la sua seconda madre) quella voglia di livellare al suolo le opinioni altrui con la schiettezza. Magari qualche volta sbagliata e ostentata, ma sempre efficace.
Tra i tanti eredi della fascia di capitano della nazionale Oranje, da qualche tempo un uomo sembra aver scavalcato la concorrenza: si chiama Matthijs de Ligt e fino a poche ore fa era un giocatore della Juventus. I bianconeri lo hanno ceduto al Bayern Monaco per una cifra vicina agli 80 milioni di euro (70+10 di bonus): poco meno di quello che lo avevano pagato. Sebbene fin dal suo arrivo Raiola (ex agente) avesse messo nero su bianco determinate condizioni - “la Juventus è una tappa nella crescita di Matthijs” -, questo addio obbliga la dirigenza bianconera all’ennesima riflessione: come mai l’olandese ha rifiutato un contratto più ricco per abbandonare il progetto dopo il terzo anno?
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Cosa non ha funzionato?

La storia parte tre anni fa, quando la Juventus decide di spendere tanti soldi per un giocatore che sembra a tanto così dal diventare il futuro dominatore del ruolo. È un colpo alla Mbappé, che sposta gli equilibri del calcio mondiale e mantiene i bianconeri al livello delle migliori squadre europee. Nel 2020 la Juve voleva disperatamente vincere la Champions League, per cui l’ex capitano dell’Ajax si inseriva in un percorso che mirava a consolidare il posto tra le prime 5-6 squadre d’Europa. Sulla carta sembrava un acquisto perfetto, il tramite dalla vecchia guardia al nuovo che avanza, ma in pratica è stata un’occasione persa.
In tre stagioni, dalla 2019-20 alla 2021-22, de Ligt non ha mai trovato una continuità tecnica. La Juventus è passata da Maurizio Sarri e il suo calcio laborioso, soprattutto con la linea difensiva, a quello di Andrea Pirlo, ambizioso ma ancora acerbo (e soggetto alle correnti del “devo fare risultato a tutti i costi”), per finire con il ritorno di Massimiliano Allegri, filosofo dei concetti più semplici ed immediati. A 20 anni, nel pieno della propria crescita, finire in questa centrifuga infernale ti spreme. Nel senso che ti chiede di adattarti e incidere senza mai darti il tempo per farlo.
In più, come se non bastasse il turnover in cabina di regia, la Juventus non ha mai trattato il nativo di Leiderdorp come un vero e proprio patrimonio. Da quando è arrivato a Torino l’olandese è rimasto identico a sé stesso. Chi lo guarda oggi vede sostanzialmente lo stesso giocatore di quattro anni fa, con le medesime qualità e qualche difetto. In tre anni di lavoro nessuno si è preso la responsabilità di svilupparlo dal punto di vista tecnico, nessuno ha esplorato la sua innata leadership provandolo con la fascia di capitano e nessuno la ha trattato come un predestinato. Anzi, a volte è stato etichettato come il giovane che “deve imparare”, alle spalle dei veterani Chiellini e Bonucci.
Questo modo di fare, soprattutto con un ragazzo in rampa di lancio, è stato il punto di non ritorno. Matthijs de Ligt ha abbandonato la Juventus perché la Juventus non è più la squadra che lavorava con pazienza per arrivare al traguardo, comprando i vari Pogba e Vidal, ma una società che ha abbandonato il LiveAhead per il qui e ora. Una tattica semplice e diretta, che però distrugge l’ambizione e la crescita verticale che invece ha caratterizzato tutta la prima ondata del ciclo di Andrea Agnelli (fino al 2017).
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Si può parlare di fallimento?

Fallimento in casa Juventus è una parola più riconducibile all’affare Cristiano Ronaldo, arrivato per vincere la Champions League e mai andato oltre i quarti, ma con Matthijs de Ligt non ci andiamo tanto lontano. La partenza dell’olandese è un po’ il sunto di quello che non funziona nel nostro paese (calcisticamente parlando). Spesso e volentieri le società comprano i giovani per darsi un tono (simil greenwashing), ma poi sono veramente poche le realtà che permettono a questi ragazzi di entrare in pianta stabile nel circus. Matthijs de Ligt ha rifiutato un contratto ricchissimo per guadagnare meno soldi: la realtà è questa. Ha preferito la sicurezza del Bayern Monaco – che fa giocare gente come Musiala (classe 2003) – ai soldi della Juve. Il legato di Cruijff: schiettezza e concretezza.
Quando la Juventus prese Giorgio Chiellini, nel lontano 2005, il difensore era lontanissimo dal padrone delle aree di rigore che abbiamo apprezzato negli anni ’10. Di lui si dicevano cose come “troppo irruento e pasticcione”, che poi sono le stesse etichette utilizzate per de Ligt. La Juve ebbe pazienza e dall’incontro con Antonio Conte nacque una specie di mostro a tre teste capace di dominare la scena per oltre dieci anni. Una fuga come quella del classe 1999, dal club più titolato d’Italia al Bayern Monaco, non dovrebbe passare inosservata. Anzi, dovrebbe stimolare tutti quanti a non commettere gli stessi errori, a capire il talento e a fidarsi di un ragazzo che si muove, si atteggia e ragiona come un predestinato. Chi ha parlato di una pedina sacrificabile per la Juventus, probabilmente non ha capito il treno passato davanti ai nostri occhi.
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