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Da Podolski a Eder: Inter, il fallimento del progetto tecnico di Roberto Mancini
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Pubblicato 15/02/2016 alle 12:05 GMT+1
Alla base del crollo verticale dei nerazzurri ci sono le scelte dell’allenatore: da quelle manageriali alle strategie sul terreno di gioco e a livello di gestione della rosa
Eder, Inter, Serie A 2015-16
Credit Foto LaPresse
Giù la maschera. L’Inter è scivolata dal primo al quinto posto in poco più di un mese, precisamente in sette giornate, per un totale di una vittoria (Chievo), tre pareggi (Atalanta, Carpi, Verona) e tre sconfitte (Sassuolo, Milan, Fiorentina). Sei punti su 21 fotografano il momento attuale. La società è in silenzio stampa, ma è tempo di interrogarsi su responsabilità e strategie per non buttare al vento il finale di campionato trasformando una stagione cominciata con il piede giusto nell’ennesima annata di transizione.
Dal primo posto al quinto, sprofondo nerazzurro
Le scelte di Mancini, sul mercato e in campo
Non si può non cominciare dall’allenatore. Roberto Mancini ha voluto e ottenuto Eder come rinforzo nella finestra di mercato invernale, un giocatore in grado di aprire i varchi e agevolare anche il rendimento di Icardi. Non si può chiedere all’ex Sampdoria di essere il salvatore della patria e il suo valore non è in discussione: ciò che, invece, suscita parecchi dubbi è l’idea che sta alla base del suo arrivo a Milano. Eder gioca largo in una posizione che ne limita le doti e la diretta conseguenza è l’esclusione di Perisic, Jovetic e Ljajic, tre giocatori che in estate erano stati chiesti dal tecnico di Jesi per costruire la nuova Inter. La “debalcanizzazione” della rosa risponde all’esigenza di puntare su Palacio, indubbiamente uno degli uomini più in forma nelle ultime travagliate settimane. Peccato, però, che accorgersi oggi che Palacio, uomo della vecchia guardia, sia diventato imprescindibile suoni come un’ammissione di colpevolezza da parte dell’allenatore dell’Inter, al cospetto degli investimenti fatti e del valore dei panchinari.
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Roberto Mancini, Stevan Jovetic, Inter, LaPresse
Credit Foto LaPresse
Eder solo l’ultimo della serie: e il centrocampo?
Eder, in fondo, è solo l’ultimo di una lunga serie di giocatori passati nel tritacarne di Mancini: snaturati e schierati fuori ruolo, Shaqiri e Podolski erano state le prime mosse della rifondazione nel mercato di gennaio dello scorso anno, poche settimane dopo l’avvicendamento Mazzarri-Mancini. Ci sono e ci sono stati certamente anche dei limiti di personalità da parte dei giocatori in questione, ma resta un errore nell’idea di base. Nella campagna estiva, Mancini non ha dato peso all’importanza di un costruttore di gioco, un uomo in grado di far girare la squadra e la cui mancanza continua a farsi sentire partita dopo partita: la volontà di puntare su Felipe Melo esaurisce la questione. A gennaio è stata nuovamente snobbata questa necessità concentrandosi sull’ennesimo attaccante per non cambiare la fisionomia della squadra. Il risultato fin qui parla chiaro: la qualità a centrocampo latita, Eder è sacrificato e la panchina pullula di trequartisti/seconde punte/esterni da adattare e che pesano più nel monte ingaggi che in campo.
Considerando anche la Coppa Italia sono due le vittorie nelle ultime nove partite, quattro le sconfitte e troppi i punti persi in extremis...
La fragilità patologica
Ai problemi tecnico-tattici, si aggiunge una fragilità emotiva che, nelle ultime settimane, ha portato l’Inter a dilapidare cinque punti negli ultimi minuti: Candreva ha segnato all’87’, Berardi al 95’, Lasagna al 92’ e Babacar al 91’. La gestione dei momenti negativi sta pregiudicando la corsa nerazzurra al terzo posto: l’Inter crolla sistematicamente prima che finisca la partita e la media dei gol subiti, punto di forza d’inizio stagione, è di 1,60 reti dal ko contro i biancocelesti alla rimonta del Franchi. A fine 2014-15, per intenderci, era di 1,26. Ora tocca a Mancini: chi da sempre ha avuto il merito di farsi comprare i giocatori desiderati, deve anche dimostrare la bontà delle scelte manageriali e la capacità di saperle amministrare sul terreno di gioco.
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