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La normalità di Mihajlovic, la confusione di Mancini dopo il derby Milan-Inter

Roberto Beccantini

Aggiornato 04/02/2016 alle 18:56 GMT+1

Il penalty di Icardi sta al risultato come le parate di Handanovic stavano alla striscia degli 1-0. Sliding doors. In avvio di stagione, i continui cambi di formazione confondevano gli avversari. Oggi, confondono l’Inter

Alex (AC Milan) jubile après son ouverture du score contre l'Inter, dimanche 31 janvier 2016

Credit Foto AFP

Milan al pelo, avevo pronosticato. Ha vinto 3-0 e, dunque, non proprio al pelo. Giocando sulle parole, potrei dire «al palo», dal momento che molto è girato sul rigore di Icardi. Molto, non tutto. Incanalato dalla capocciata di Alex, il derby sembrava aperto, e in caso di pareggio lo sarebbe stato ancora di più. Invece è finito lì, perché l’Inter è crollata, letteralmente. E’ stato un derby macho, tra squadre largamente insicure. Se l’è preso chi ha sbagliato di meno. Il Milan. Bravo, Mihajlovic, a ricorrere al cemento di Kucka, tra i migliori con la coppia Alex-Romagnoli, Montolivo e Honda. Il Milan ha giocato come sa; l’Inter, come avrebbe voluto ma non era in grado di fare. Una differenza non marginale.
Subito Eder con Jovetic, più Ljajic e Perisic. Poi Icardi per Jovetic. Dieci minuti di fuoco e, piano piano, la consegna del centrocampo agli avversari. Entrambi i duellanti erano reduci dagli impegni di coppa: il Milan, dall’1-0, molto grigio, all’Alessandria di Lega Pro; l’Inter, dallo 0-3 con la Juventus. In presenza di una cifra tecnica complessivamente modesta, sono stati gli episodi a scolpire il derby. Credo che Mancini sia diventato prigioniero delle sue giostre, come documentano i cinque punti nelle ultime sei partite.
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Alex Milan Inter 2016

Credit Foto LaPresse

Il penalty di Icardi sta al risultato come le parate di Handanovic stavano alla striscia degli 1-0. Sliding doors. In avvio di stagione, i continui cambi di formazione confondevano gli avversari. Oggi, confondono l’Inter. C’era il rigore concesso (e Alex, già ammonito, avrebbe meritato il secondo giallo). Non c’era quello reclamato dal Mancio, la cui espulsione costituisce la spia di un nervosismo ormai radicale: quasi fuori dalla Coppa Italia, giù dal podio, e la difesa non più blindata. Non ho capito il ritorno di Santon, così come continuo a non comprendere l’incessante tourbillon di assetti, di moduli, di filosofie.
Mihajlovic, in compenso, si è arreso alla normalità: ha ridotto la sperimentazione al 4-4-2 e ruotato, più o meno, gli stessi interpreti. Scelte condivisibili o no, ma scelte. Non si ricordano le ultime spiagge che ne hanno accompagnato la missione. Lui, serbo e non servo, ha tenuto duro. Il Milan è sesto, a sei punti dal terzo posto. I graffi di Bacca e Niang, in contropiede, hanno reso fin troppo obeso lo scarto. Resta, però, l’effetto-fionda del risultato. All’Inter mancano elementi capaci di raffinare il gioco. Anche al Milan, se è per questo, ma Montolivo ha recuperato un sacco di palloni e vi raccomando Honda: l’avevo lasciato, in Russia, mezza punta dal dribbling superbo, lo ritrovo fedele custode di fascia.
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Giacomo Bonaventura

Credit Foto AFP

Una volta bastava un tiro, all’Inter: adesso non basta un rigore. Così è il calcio, metà scienza e metà riffa. Lazio, Roma (secondo tempo), Fiorentina, Inter: il Milan che Barbara aveva incollato all’Europa League si è regalato un’altra notte da belle époque. Una partita non fa primavera, e in classifica è ancora davanti l’Inter, ma il derby è stato la somma di un periodo, non di un momento.
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