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Crisi Milan vista da San Siro: la squadra che non c'è, il pubblico che non si merita

Paolo Pegoraro

Aggiornato 04/04/2019 alle 12:10 GMT+2

Anatomia della crisi rossonera. Squadra senza capo né coda che ha raccolto contro l'Atalanta l'ottava sconfitta di un campionato sin qui disastroso. Eppure il sostegno del pubblico di fede rossonera è stato incessante....

Crisi Milan - 2017 - Serie A

Credit Foto Getty Images

23 dicembre 2016: il Milan batte ai rigori la Juventus a Doha aggiudicandosi la Supercoppa Italiana e riportando al contempo un trofeo in bacheca dopo 5 anni di vacche magre; quel Milan targato Montella in campionato veleggia a quota 36 punti, terzo alle spalle delle corazzate Juventus e Roma.Flashforward: un anno dopo il Milan è undicesimo in classifica con soli nove punti di margine sulla zona rossa, conta dodici punti in meno rispetto alla stagione precedente e soprattutto ha già collezionato la bellezza di otto sconfitte. Dalla stagione 1981/1982 non perdeva così tanto nelle prime 18 giornate: allora fu retrocessione. L’all-in promosso in estate dalla coppia Fassone-Mirabelli si è rivelato un buco nell’acqua di proporzioni bibliche, la scossa invocata dopo il cambio di guida tecnica nient’altro che una chimera.
Rino Gattuso in conferenza stampa si è aggrappato agli episodi sfortunati chiamando in causa ancora una volta il refrain del “ciò che riesce loro in allenamento i ragazzi non riescono a replicarlo in partita”. La sensazione, dalla tribuna stampa, è tutt’altra: i problemi del Milan paiono cronici, la crisi irreversibile. Sì perché questo Milan pare programmato scientificamente per non sviluppare fase offensiva, né tantomeno segnare. I 23 tiri totali (di cui solo 5 nello specchio) scaturiscono più che altro da conclusioni sparacchiate e azioni causali, non ragionate o diretta conseguenza di una manovra codificata. Come riconosciuto dallo stesso Gattuso, questo Milan non ha assolutamente i crismi di una squadra – “siamo una banda musicale, ci mancano solo gli strumenti” – e fa della sterilità la sua poco edificante caratteristica principale. La sensazione è che contro l’Atalanta Montolivo e compagni avrebbero potuto giocare fino alle due di notte senza creare grattacapi sostanziali alla difesa avversaria. E qui torniamo al fallimento dell’area tecnica, perché i problemi nascono da una squadra costruita male – ma soprattutto senza logica – a monte, senza la necessaria sinergia tra tecnico e dirigenza. Eppure almeno una caratteristica che non fa difetto a questo Milan c'è: il popolo del Meazza e la sua liturgia del vecchio cuore rossonero.
Dalla lettura delle formazioni al secondo gol dell’Atalanta - ne siamo testimoni - il sostegno dei 45.746 spettatori di San Siro è stato a tratti commovente, prima di cedere il passo all’inevitabile contestazione. L’appello di Gattuso prima della sfida con l’Atalanta è stato senza dubbio recepito, in questo senso: la cartina di tornasole è il coro “Che confusione, sarà perché ti amo…” che si leva impetuoso prima dell’annuncio dell’undici rossonero. Da pelle d’oca e il gelo meneghino c'entra solo in parte. Il tifo nel corso della partita è incessante, il pubblico le prova davvero tutte per incitare i giocatori e scuoterli dal torpore centrando l'obiettivo solo per un brevissimo segmento di match (grossomodo dal gol annullato ai rossoneri dalla Var fino al vantaggio atalantino griffato Cristante). Persino dopo lo 0-2 ai feroci appelli a tirare fuori gli attributi si uniscono cori pregni di amore per i colori rossoneri. Secondo Gattuso i giocatori avrebbero dovuto trascinare il pubblico dalla loro parte, in realtà è avvenuto l’esatto contrario perché i suoi uomini sono stati trascinati per tutto il tempo tradendo infine l’inappuntabile pubblico. Un pubblico ebbro d’amore per Gattuso (ovazione generale per un doppio stop in bello stile di Ringhio direttamente dalla sua area tecnica) e ostile per il dissidente Donnarumma: per lui si è passato da un mix di incitamenti e fischi a un’aperta contestazione dopo lo svarione in occasione del gol di Cristante. Tutto ampiamente nell'ambito della civiltà, va sottolineato.
Che futuro dunque per questo Milan sgarrupato? Nulla che non passi giocoforza dal ritocco di una rosa disfunzionale, se necessario passando dall’autofinanziamento seguito alla cessione di un pezzo da novanta o presunto tale. Gli esperimenti alla Patrick Cutrone largo a sinistra lasciano il tempo che trovano, urge un ripensamento hic et nunc: l'attuale configurazione sarebbe foriera di disastri in serie. La fortuna, nel contesto di quest’incubo pre natalizio di burtoniana memoria, è quella di avere un dodicesimo uomo in campo che di certo meriterebbe una squadra all’altezza, senza dubbio migliore dell’attuale Armata Brancaleone.
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