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Milan, il Corriere della Sera tuona: "Yonghong Li insolvente, chiesta la bancarotta in Cina"

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Aggiornato 19/02/2018 alle 11:33 GMT+1

Un'inchiesta del quotidiano milanese annuncia un crac finanziario del presidente rossonero: "Patrimonio all'asta per ripagare le banche"

Mirabelli, Fassone e Yonghong Li - Milan 2017-2018

Credit Foto LaPresse

Fa molto rumore l’inchiesta pubblicata questa mattina dal Corriere della Sera sulla provenienza dei fondi per l’operazione che, lo scorso 13 aprile 2017, ha visto passare il Milan dalla Fininvest alla Rossoneri Sport Investments Luxembourg, società controllata dall’attuale proprietario e Presidente del club meneghino, Yonghong Li. Al centro dell’indagine ci sono i guai finanziari che l’imprenditore cinese, definito “oscuro finanziere, starebbe passando.
La cassaforte che ha comprato il Milan era già vuota (Corriere della Sera)
Secondo quanto rilevato da Milena Gabbanelli e Mario Gerevini del ‘CorSera’, Yonghong Li sarebbe titolare di una holding insolvente, le banche creditrici gli avrebbero fatto causa e il Tribunale avrebbe stabilito che, per saldare i debiti, il patrimonio della holding debba andare all’asta. Il patrimonio di Yonghong Li sarebbe finito all’asta su Taobao, l’equivalente cinese di eBay.
L’ordine arrivato dal Tribunale del distretto di Futian sarebbe stato quello di vendere all’asta del 2 febbraio (data poi rinviata) l’11,39% che la ‘cassaforte’ di Yonghong Li avrebbe nella società di packaging Zhuhai Zhongfu, quotata alla Borsa di Shenzhen. Il valore è di circa 60 milioni. Tale ricavato andrebbe a risarcire le banche. Pochi giorni fa, inoltre, la China Securities Regulatory Commission, l’equivalente della Consob di Pechino, avrebbe comunicato l’avvio di indagini per presunti illeciti sul mercato commessi dalla holding che si chiama “Shenzhen Jie Ande”, poiché avrebbe tenuto nascoste per mesi la sentenza e l’insolvenza.
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Han Li, Yonghong Li, Marco Fassone, Milan, Getty Images

Credit Foto Getty Images

Yonghong Li, che per il ‘CorSera’ sarebbe “inseguito dai creditori in patria”, ha poi riassunto la sua credibilità, la sua storia e la sua consistenza patrimoniale in un documento consegnato alle parti nella trattativa dell’acquisizione del Milan: tra gli asset fondamentali, si può leggere, oltre alle sue “famose e fantomatiche” miniere di fosfato, anche questo 11,39% di Zhuhai Zhongfu, detenuto tramite la cassaforte Jie Ande.

La vicenda

La banca avrebbe fatto causa alla holding di Yonghong Li nel maggio 2016 e il 7 febbraio 2017 il Tribunale del popolo di Futian avrebbe ordinato che il pacchetto in pegno andasse all’asta. A quel punto sarebbe partito immediato il ricorso della holding Jie Ande. Intanto, a Milano, il 13 aprile 2017, Yonghong Li ha chiuso con Fininvest l’acquisto da 740 milioni del Milan, anche grazie ad un prestito del fondo statunitense Elliott Management Corporation. A metà maggio il Tribunale respinge il ricorso della holding di Yonghong Li (gestita, secondo il ‘CorSera’, da un prestanome) confermando la vendita coattiva a favore della Banca Jiangsu.
A default conclamato, a Shenzhen il nuovo proprietario del Milan presenta a giugno in Lega Calcio le credenziali su onorabilità e solidità. Tutto a posto. Il Milan è iscritto al campionato e parte una faraonica campagna acquisti da 200 milioni (Corriere della Sera)

Liquidazione per bancarotta

Sotto Natale, l’amministratore delegato del Milan, Marco Fassone, va a caccia della cifra per rifinanziare il debito con Elliott, quando il Tribunale cinese fissa al 2 febbraio l’asta giudiziale. L’8 gennaio, però, sottolinea il quotidiano milanese, la Banca di Canton, a cui Yonghong Li non avrebbe pagato i debiti, avrebbe chiesto la liquidazione per bancarotta della holding Jie Ande. Nel frattempo, anche in Italia sono cominciate ad arrivare presunte inchieste per riciclaggio, smentite dallo stesso Yonghong Li. A Shenzhen l’asta su Taobao del 2 febbraio sarebbe stata rinviata, perché c’è la richiesta di liquidazione per bancarotta della Banca di Canton che si accavallerebbe alle pretese risarcitorie della Banca di Jiangsu. A Milano, sponda Fininvest, però è tutto tranquillo, perché in ogni caso “i soldi sono arrivati” e Li “ha rispettato tutti gli impegni”.

Le conclusioni del Corriere della Sera

"Yonghong Li ha esibito sul tavolo della trattativa le credenziali di una sua società-cassaforte che era già da tempo insolvente. Ha barato? E può un oscuro finanziere, sconosciuto in Cina e altrove, che mai si è occupato di calcio neppure a livello amatoriale e che presenta tra i suoi gioielli una holding quasi fallita per pochi milioni non restituiti, impegnarsi da solo in un’operazione da un miliardo (campagna acquisti e aumenti di capitali compresi)? Non bisogna essere un banchiere della Rothschild per rispondere che non è possibile. Eppure lui ce l’ha fatta, con la Rothschild come consulente. E da Rothschild, dove è vicepresidente della controllata inglese, viene il consigliere di amministrazione del Milan Paolo Scaroni, ex numero uno di Eni ed Enel e buon amico di Silvio Berlusconi”. La posizione del Corriere della Sera è netta e inequivocabile.
A questo punto i casi sono tre:
  • 1) Li è realmente molto ricco, finora ha tenuto nascosto il suo vero tesoro che forse non può far emergere e non paga i debiti perché è distratto;
  • 2) Ha fregato tutti ed è un mitomane;
  • 3) Si è prestato a interpretare la parte in un gioco più grande di lui nel quale i soldi e le garanzie non sono suoi
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