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Da Spadafora a Dybala: il calcio "lunare" ai tempi del coronavirus

Roberto Beccantini

Aggiornato 09/03/2020 alle 14:53 GMT+1

Ci sono un ministro, dei dirigenti sportivi e un sindacato: no, non è una barzelletta (anche se potrebbe sembrarlo), ma il calcio italiano. E mentre la Juventus vince il Derby d'Italia e guadagna terreno, aspettiamo ordine e ordini da governo e scienziati.

Focus Stadium

Credit Foto Eurosport

Quando le teste sono più chiuse delle porte (chiuse), può capitare una domenica come questa, in cui il pallone continua a rimbalzare tra la vigliaccheria di un ministro, Spadafora, che invece di decretare lo stop si limita a suggerirlo; la mediocrità dei dirigenti sportivi (Gravina e la Federazione pro, Dal Pino e la Lega contro); e la "melina" di un sindacato che - attraverso il suo presidente, Tommasi - invita a non scendere in campo ma non proclama lo sciopero. Questa è l’Italia al tempo, drammatico, del coronavirus. E questo è il (nostro) calcio.
Si è giocato comunque, su sfondi lunari, dal Tardini del teatrino propiziatorio al derby dello Stadium. L’ha vinto la Juventus, con merito, sbloccandolo proprio, in avvio di ripresa, quando sembrava in mano all’Inter. Sarri aveva rivoluzionato la squadra, Conte no. C’erano Cuadrado terzino, Douglas Costa ala, più il centrocampo di Ferrara (Ramsey-Bentancur-Matuidi). Fuori Pjanic, fuori Dybala, sacrificato alle spalle larghe di Higuain, tenace al punto da trasformare il prezzo della generosità in un valore. Due belle parate del rientrante Handanovic, su De Ligt e Matuidi, avevano introdotto l’ordalia, poi Young e Candreva cominciavano ad allargare il gioco, portando Brozovic a un tiro, murato da Szczesny, che sarebbe però risultato l’unico nello specchio.
La solita Juventus "masticatrice" e rinculante, scrivevo. La rete, confusa, di Ramsey su tocco di un signor Matuidi (!) ha ribaltato la trama e demolito l’equilibrio, letteralmente. Ecco: da questo momento Madama ha ripreso morale e l’Inter l’ha perso. Segnatevi il minuto 59: sono entrati Dybala (per Douglas, un disastro) ed Eriksen (per Barella, fumoso). I cambi del destino. Dopo un triangolo con Ramsey, l’Omarino firmava un gol bellissimo, di esterno sinistro, con la stessa, diabolica eleganza che infiammava l’ancheggiare perverso di Omar Sivori. L'Amleto danese, il cui essere o non essere cosa deve ancora convincere Conte, non è riuscito a ricaricare le batterie di un branco spento, annegando nel torello panoramico degli avversari, padroni assoluti della notte e dei suoi silenzi.
E così, con un Cristiano affilato solo agli sgoccioli, e "nonostante" l’impatto di De Sciglio, improvviso vice di un Alex Sandro acciaccato, Bonucci e De Ligt si sono messi in tasca sia Lukaku sia Lau-Toro. Accerchiati, domati, disarmati. La Juventus, per la cronaca, scavalca la Lazio e torna in testa al campionato di un Paese infettato, stremato. L’Inter, al di là del recupero casalingo con la Sampdoria, perde terreno prezioso in chiave scudetto. Ciò che ha colpito, di Madama, è l’essere rimasta in partita sempre, anche nei momenti bui, pregio che spesso smarriva, grandi o piccoli che fossero i dirimpettai. L’Inter, in compenso, per pescare nel gergo pugilistico, non si è più rialzata. Sul filo del paradosso, le due gare più sarriane la Juventus le ha disputate proprio contro la rivale storica.
E adesso, per favore, governo e scienziati parlateci chiaro. Lo sport ha bisogno di ordine (e di ordini, dunque), non di consigli.
Per commentare o fare domande potete inviare una mail a roberto.beccantini@fastwebnet.it o visitare il blog di Roberto Beccantini.
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Juventus-Inter: l'atmosfera surreale fuori lo Stadium

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