Sport popolari
Tutti gli sport
Mostra tutto

Dal derby due sentenze: l'Inter ha più fame della Juventus e il Milan è "troppo" Ibra

Roberto Beccantini

Aggiornato 10/02/2020 alle 08:34 GMT+1

Ibrahimovic è stato l'ultimo ad arrendersi nel Milan contro un'Inter meno ricca di campioni della Juventus, ma con un centrocampo più raffinato e soprattutto con più voglia di vincere rispetto ai bianconeri.

FOcus Ibrahimovic

Credit Foto Eurosport

La storia è lì, vigile e severa. Il derby di Milano è sempre stato Europa, al di là delle classifiche cogenti e contingenti. Anche questo, introdotto dalla caduta della Juventus a Verona e reso, di conseguenza, ancor più salgariano. I 19 punti di differenza sono stati la cornice di un rodeo aspro, romantico e quasi folle, come capita spesso quando gli effetti speciali invadono la cronaca e la fanno prigioniera.
Ha vinto l’Inter in rimonta, e che rimonta, dopo che per 50 minuti il Milan di Ibrahimovic l’aveva letteralmente incatenata: palo di Calhanoglu, zampata di Rebic su sponda di Zlatan, sgrullata di Zlatan con un Padelli annaspante in entrambi gli agguati. Calha addosso a Brozovic, difesa aggressiva, Bennacer in cattedra. E, appena possibile, palla a Ibra. Come se fosse la mamma a cui rivolgersi ogni volta che si hanno le tasche vuote o il cuore in tumulto.
Già orfano di Martinez e Bastoni, squalificati, Conte aveva rinunciato persino a Eriksen: una mossa che, se l’ordalia non fosse stata ribaltata, qualcuno gli avrebbe probabilmente rinfacciato. Sembrava un catorcio, l’Inter. E il Milan, invece, una macchina perfetta. Ma poi è finita da 0-2 a 4-2, e un motivo bisognerà pure trovarlo. E’ successo che le emozioni, nello sport come nella vita, costituiscono spesso la benzina più preziosa. Nel giro di due minuti, un episodio (il gran tiro di Brozovic) ne ha prodotto un altro (il pareggio di Vecino, su iniziativa di Sanchez). Ecco: Pioli non è più riuscito a prendere per mano i suoi, anche perché, calato Ibra, sono calati tutti, da Castillejo a Rebic, da Theo Hernandez, atteso al varco da Candreva, a Kessié. Mentre, sul fronte opposto, le fiammate accese dal carattere e dalla qualità hanno determinato il sorpasso, addirittura. Su corner, d’accordo, ma con una incornata in tuffo di colui che, oggi, è uno dei liberi più forti d’Italia e dintorni, De Vrij. Aggiungetelo a Van Dijk e De Ligt: benedetta Olanda.
I cambi hanno dato qualcosa di più all’Inter, penso alla traversa di Eriksen su punizione, splendida. Ibra, lui, è stato l’ultimo ad arrendersi, come documenta il palo colpito un attimo prima del poker calato da un Lukaku molto gregario. E così siamo qui a chiosare un derby che ha rispettato la logica (il mio pronostico era 2-1 per l’Inter) attraverso i sentieri più strampalati, più rocamboleschi. Mi è piaciuto Vecino, un interno-incursore che l’allenatore era stato sul punto di liquidare. L’uruguagio, poi, ha un feeling speciale con il Diavolo: mica è da tutti.
Conte non ha un Cristiano in tasca, ma un centrocampo tecnicamente più raffinato e, in generale, una squadra più affamata della Tiranna. Una grande vittoria, questa, grande non tanto sul piano squisitamente estetico, aspetto che dall’arrivo di Sarri interessa ormai solo gli juventini, quanto, piuttosto, per come è maturata e per cosa ha generato: un pieno di auto-stima e il ritorno in vetta. Inter e Juventus 54, Lazio 53. Mancano quindici turni, per un totale di 45 punti. Tutto è possibile. E domenica sera, a proposito di frasi fatte, Lazio-Inter.
picture

Conte: "Lo Scudetto è un sogno, ma anche per la Lazio, l'Atalanta e tutte le squadre che sono lì"

Più di 3 milioni di utenti stanno già utilizzando l'app
Resta sempre aggiornato con le ultime notizie, risultati ed eventi live
Scaricala
Contenuti correlati
Condividi questo articolo
Match collegati
Pubblicità
Pubblicità