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Milan e la scelta Pioli: quando la strategia lascia il posto alla navigazione a vista

Paolo Pegoraro

Aggiornato 12/11/2019 alle 10:38 GMT+1

La scelta di affidarsi a una figura di un “maestro di calcio” che valorizzasse i giovani e promuovesso il bel gioco in linea con i desidearata dell’amministratore delegato Ivan Gazidis è già stata sconfessata. Il Milan ha scelto Pioli per uscire dalla crisi.

2014-15 Curva Sud, Milan, "Game Over" (LaPresse)

Credit Foto LaPresse

Marco Giampaolo è stata una scelta facile, veloce e dal punto di vista calcistico logica. Lo seguo da anni, offre sempre qualcosa di diverso attraverso il bel calcio, che è il marchio di fabbrica della storia del Milan (Zvonimir Boban)
Con l'allenatore abbiamo fatto una scelta precisa, dandogli totale fiducia e sappiamo che ci vuole del tempo per mettere in atto le sue idee. Siamo ambiziosi e crediamo che lui sia la persona giusta. Momenti del genere il Milan li ha passati anche sotto la guida di Sacchi e dopo qualche mese invece cambiò tutto (Paolo Maldini)
Dai recentissimi virgolettati delle due “teste” regnanti nell’area tecnica del Milan si evince facilmente come la società rossonera versi in uno stato confusionale. La scelta di affidarsi a una figura di un “maestro di calcio” che valorizzasse i giovani e promuovesse il bel gioco in linea con i desiderata dell’amministratore delegato Ivan Gazidis è già stata sconfessata per virare su un profilo di un normalizzatore di provincia come Stefano Pioli (che rimanendo in ambito accademico, ieri nella presentazione, si è autodefinito "un insegnante" che migliora i propri calciatori). I tifosi sono imbufaliti, il futuro è a dir poco plumbeo: se in campo la squadra esprime un calcio modesto, in società si naviga a vista senza un barlume di coerenza.

Il "mostro" a due teste

Le divergenze tra Maldini e Boban sono cresciute in modo esponenziale nelle ultime settimane: da una parte i continui mal di pancia del Chief FootballOfficer del Milan per la gestione tecnica di Marco Giampaolo, dall’altra i timidi tentativi di Paolo Maldini di accordare piena fiducia all’allenatore a fronte degli scarsi risultati sul rettangolo di gioco. Alla fine ha trionfato la corrente bobabiana e nonostante la rocambolesca vittoria contro il Genoa Giampaolo è stato accompagnato alla porta. La scarsa dimestichezza del tecnico abruzzese davanti alle telecamere così come le defaillance a 360 gradi palesate dopo le prime 7 partite di Serie A sono sotto gli occhi di tutti, ma tutto ciò era chiaramente insito nel “pacchetto Giampaolo” a inizio stagione. Perchè dunque investire su di lui lasciando partire Gattuso?
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Maldini, Boban e Massara

Credit Foto Getty Images

Il pasticcio é a monte

Già, il peccato capitale è da ricercare nel turbolento finale della scorsa stagione, ovvero nella scelta di non puntellare una rosa già di per sé competitiva (Milan secondo in classifica considerando solamente il girone di ritorno) con due/tre elementi di esperienza e sicura affidabilità che avrebbero consentito a Gattuso di lottare per la Champions con maggiori sicurezze rispetto all’anno precedente. Si è al contrario lasciato partire il tecnico calabrese senza battere ciglio e contestualmente aperto un nuovo cantiere infarcito di calciatori giovani più o meno promettenti, affidandone la guida a un preparato ma inesperto allenatore di provincia. Per poi abbandonarlo al suo destino alle prime difficoltà rimpiazzandolo con un cosiddetto normalizzatore di medio livello già scottato dall’impatto con una big (peraltro nella medesima città).
Per quanto discutibile, la mossa di Giampaolo era da ricondursi a una precisa strategia; quella di accordare un biennale a Stefano Pioli pone dei seri problemi di interpretazione, dovendo essere tradotta come una sorta di piano B dopo il fallimentare tentativo di accapparrarsi un profilo plausibile agli occhi dell’opinione pubblica come Luciano Spalletti. Delle linee guida d'inizio stagione non v'è più traccia ormai.
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