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I 48 anni di Alessandro Del Piero: perché il suo ritorno alla Juventus è necessario

Simone Eterno

Aggiornato 09/11/2022 alle 07:56 GMT+1

SERIE A - Tra le voci sul futuro della Juventus e il compleanno di uno dei giocatori più rappresentativi, uno sguardo agli affari di casa Juve. 10 anni dopo la rivoluzione Andrea Agnelli, mai come oggi il club sembra aver bisogno di una ripartenza. E mai come oggi la figura di Alessandro Del Piero appare la più indicata.

Del Piero, 48 anni da capitano: i segreti sotto quella fascia

Los Angeles e Torino sono agli antipodi. E non è certo una pura questione geografica. Se ci si ferma a riflettere, è difficile immaginare qualcosa di più distante l’una dall’altra. Un’elegante e un po’ fredda cittadina europea; una multiculturale megalopoli il cui intero distretto ha le dimensioni della Lombardia. Climi, stili, culture, cibi, vite diverse. Distanze siderali. Spesso necessarie per rimarginare ferite, allontanare dolori, costruire barriere virtuali protette da quel custode chiamato tempo. O un semplice fuso orario, se siete meno romantici. Non sappiamo quello che Alessandro Del Piero avrebbe voluto fare dalla mattina del 14 maggio 2012. Ma sappiamo quello che ha fatto: allontanarsi da Torino quanto più possibile. L’Australia, prima. L’India, poi. Los Angeles, alla fine; quando il naturale scorrere della clessidra aveva imposto a Del Piero di passare dalle imprese di campo a quelle della vita reale: brand, ristoranti, investimenti.
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Alex Del Piero mancava dallo Stadium in una partita della Juventus dal 13 maggio 2012, giorno del suo ultimo match con la Juve

Credit Foto Getty Images

Già perché dopo 18 anni in bianconero, spazio per lui a Torino non ne era rimasto. ‘Too big too handle’, direbbero dove vive oggi. Cose dette sotto voce, qualche incomprensione, quell’assegno firmato in bianco. E una società giovane che sull’asse Andrea Agnelli-Marotta, oltre a una vicepresidenza ‘di campo’ già occupata, spazio per lui in fondo non ne aveva davvero. Se non farne una bandierina priva di significato. Troppo umiliante per ciò che rappresentavano entrambe le parti. E non se ne può fare una colpa ad Agnelli. I numeri, per quasi un decennio, gli hanno dato ragione. La sua prima Juventus, costruita in campo sulle solide fondamenta erette da Antonio Conte, avrebbe da quel primo Scudetto fatto incetta di titoli, traguardi, avrebbe triplicato i fatturati e così via discorrendo. Sarebbe diventato, di nuovo, un club di successo. Poi, nell’ingranaggio, sogni e chimere; componenti esogene a mandare in tilt una macchina spinta forse oltre i propri limiti.
Inchieste giudiziarie, eliminazioni pesanti, scelte di mercato fortemente discutibili, dirigenza in disarmo. Dieci anni dopo, la Juventus, è qualcosa di molto simile a quanto non fosse prima dell’ultima stagione in campo di Alessandro Del Piero: un club in confusione. Con l’aggravante: un club in confusione che costa tantissimo.
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Andrea Agnelli, Pavel Nedved e Maurizio Arrivabene all'Allianz Stadium in occasione di Juventus-Spezia - Serie A 2022-23

Credit Foto Imago

Che alla Juventus serva un nuovo evento rivoluzionario, uno sconquasso delle gerarchie esistenti, è opinione in questi giorni che si può trovare da più parti. Sussurrata da alcuni, esposta da altri. C’è chi ritiene addirittura che nella parte di famiglia in cui si fanno i conti – e si prendono le decisioni vere – si ventili l’idea di mettere fine a una dinastia iniziata nel 1923. Non sarebbe così sorprendente. Del resto, dentro Exor, in Italia è rimasta solo la Juve. Tutto quel che si poteva spostare o vendere, è stato spostato o venduto.
Tempi che cambiano, dentro un gioco per potenti che, escluse rarissime eccezioni, resta a risultante negativa. E se a mancare viene anche il sacro fuoco della passione, allora quel chiacchiericcio lì diventa un po’ più rilevante.
Ed è qui che entra di nuovo in gioco Alessandro Del Piero. Nel giorno dei suoi 48 anni, di cui 10 ormai passati lontano da quella città e quel campo dove ha contribuito a scrivere pagine indelebili della Juventus, pare più che mai necessario un ricongiungimento concreto tra le due entità: il club e la leggenda. Al netto di ciò che può essere il discorso delle mere competenze tecniche, Del Piero sembra rappresentare oggi per la Juve ciò che Paolo Maldini sta rappresentando per il Milan: appartenenza, eleganza, stile, mentalità. E competenza in ciò che più conta: l’occhio per il talento. Perché se è vero quel detto, che fa sempre molto L.A. che ‘Game Recognizes Game’, ciò che sembra aver bisogno in questo momento la Juve è proprio di questo mix di fattori. Sbagliare meno, comprare meglio e ripartire da ciò che è significato e ciò che significa rappresentare quella maglietta. Quella di Del Piero e Maldini pare per altro una storia molto simile: un addio agrodolce, un lungo periodo di distacco, un rapporto ai piani alti di difficile e lenta ricostruzione. Fino al ricongiungimento.
Ecco allora che quelle foto di qualche tempo fa, quell’invito, finalmente, arrivato dopo una vita, sembrano volerci dare un piccolo indizio. O se non altro sembrano darlo a chiunque vorrà prendersi l’onere di ricostruire sul serio un nuovo ciclo bianconero. Sia Exor o qualcun’altro. Alessandro Del Piero è lì e attende una chiamata. Il tempo ha fatto il suo dovere, la distanza può essere ricongiunta.
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