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Calcio in lutto, morto Sinisa Mihajlovic: l'ex calciatore serbo ed allenatore aveva 53 anni

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Aggiornato 16/12/2022 alle 15:35 GMT+1

SERIE A - Si è spento Sinisa Mihajlovic: storico giocatore ed allenatore della nostra Serie A, lascia ai posteri una dinastia fatta di vittorie, lotta e magia. Formidabile calciatore di punizioni, ha scritto la storia di molte squadre tra cui Lazio, Inter, Samp. Combatteva la leucemia dal 2019. L'omaggio della famiglia: "Sinisa resterà sempre con noi. Vivo con tutto l’amore che ci ha regalato".

Profondo, ironico, unico: le conferenze indimenticabili di Mihajlovic

Pesante lutto nel calcio italiano: nella giornata di venerdì, all’età di 53 anni, è morto Sinisa Mihajlovic. L’ex allenatore del Bologna soffriva da tempo di una forma acuta di leucemia. Una partita che l’ex calciatore serbo aveva cominciato a giocare nel 2019, serrando i denti e senza paura alcuna, fino a tornare sulla sua panchina in Serie A. Nell’ultimo periodo tuttavia, dopo l’esonero dalla panchina rossoblù, le sue condizioni sono peggiorate progressivamente. Scaltro cecchino in mezzo al rettangolo verde, combattente viscerale sulla panchina, il suo talento e la sua conoscenza calcistica hanno segnato epoche d’oro di molte squadre: dalla Stella Rossa, alla Lazio, fino all’Inter. Ad annunciare la morte con un comunicato è stata la famiglia dell'ex difensore ed allenatore serbo con una nota da cui trapela, il coraggio e l'amore dei suoi cari per questo straordinario uomo.
"La moglie Arianna, con i figli Viktorija, Virginia, Miroslav, Dusan e Nikolas, la nipotina Violante, la mamma Vikyorija e il fratello Drazen, nel.dolore comunicano la morte ingiusta e prematura del marito, padre, figlio e fratello esemplare, Sinisa Mihajlovic. Uomo unico professionista straordinario, disponibile e buono con tutti. Coraggiosamente ha lottato contro una orribile malattia. Ringraziamo i medici e le infermiere che lo hanno seguito in questi anni, con amore e rispetto, in particolare la dottoressa Francesca Bonifazi, il dottor Antonio Curti, il Prof. Alessndro Rambaldi, e il Dott. Luca Marchetti. Sinisa resterà sempre con noi. Vivo con tutto l’amore che ci ha regalato".

La storia di Sinisa: dalla guerra alla gloria sul campo

Figlio della guerra e della vecchia Jugoslavia, Sinisa nacque il 20 febbraio 1969 a Vukovar (attuale Croazia). Di sangue serbo, cresce tra la minoranza, le bombe e il vivaio del Vojvodina. La sua educazione è severa e impassibile, i ricordi se li porterà dietro per tutta la vita:
Stati Uniti? Non li sopporto. In Jugoslavia hanno lasciato solo morte e distruzione. Hanno bombardato il mio Paese, ci hanno ridotti a nulla. Dopo la Seconda Guerra Mondiale avevano aiutato a ricostruire l'Europa, a noi invece non è arrivato niente: prima hanno devastato e poi ci hanno abbandonati.
E ancora:
Prima della guerra per andare dai miei genitori dovevo fare 1,4 km, ma senza ponti eravamo costretti a un giro di 80 chilometri. Per mesi la gente ha sofferto ingiustamente. Bombe su ospedali, scuole, civili: tutto spazzato via, tanto non faceva differenza per gli americani. Sul Danubio giravano solo delle zattere vecchie. Come la giudico? Ho ricordi terribili, incancellabili, inaccettabili.
A Belgrado, con la maglia della Stella Rossa si regalerà un primo pezzo di storia: nella stagione 1990-91 alza la Coppa dei Campioni. Il trionfo in Europa lo dirotta presto in Italia: è lì che nasce la leggenda del Sergente Sinisa. Prima tra le fila della Roma, poi tra quelle della Sampdoria, si fa ricordare per quella sua speciale esecuzione dei calci piazzati. Pennellate d’autore, in Serie A ne insaccherà ben 28 (record a braccetto con Andrea Pirlo).
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Quello sfoderato dal terzino serbo era un mancino poetico e allo stesso tempo letale: ne sa qualcosa la Lazio, che nel 1998 lo acquista e pochi mesi dopo lo vede segnare una tripletta su punizione nella gara dell’ex contro la Samp (finita 5-2). E’ uno dei ricordi indelebili nella carriera di Sinisa. Sempre con la casacca biancoceleste si rende autore del primo gol in Champions League nella storia del club capitolino (1999), sprigionando sia indispensabile leadership che smisurata aggressione – sputò e calpestò Mutu durante una sfida col Chelsea. Con la maglia delle Aquile traccia un’era d’oro: lo Scudetto del 2000, accompagnato da due Supercoppe Italiane, una Supercoppa UEFA, una Coppa delle Coppe e due Coppe Italia.
Poi il grande salto all’Inter, dove chiude la carriera alzando due Coppe Italia e uno Scudetto (quello assegnato in seguito a Calciopoli). Per i nerazzurri si dimostrerà decisivo fino alla fine: il suo gol sul campo dell’Ascoli, a 37 anni e 47 giorni, lo rende ancora oggi il marcatore più longevo nella storia del Biscione.

La carriera da allenatore e la malattia

A partire dal 2008 sono arrivate anche tante soddisfazioni sulla panchina: Sinisa si è sempre dimostrato un uomo severo ma al contempo stesso in grado di stabilire una sintonia unica specialmente con i giovani. Inizia come vice di Mancini nell’Inter del post Calciopoli, poi esordirà come allenatore in carica al Dall’Ara di Bologna nel 2009.
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Proprio Bologna, partenza e capolinea della sua seconda vita calcistica. Ci ritornerà dieci anni dopo, sfiorando solamente la qualificazione in Europa, dopo essere passato da Catania, Fiorentina, Nazionale serba, Sampdoria, Milan, Torino e Sporting Lisbona (solo per nove giorni).
Ho scoperto una parte di me che non conoscevo: vivo tutto più intensamente. Mi godo ogni istante e ho imparato a contare fino a 6-7, prima di arrabbiarmi, so che posso arrivare a 8. A 10 non chiedetemelo, non è roba per un uomo come me.
Un’altra guerra, ancor più aspra rispetto a quella che lo aveva fatto uscire dal grembo di sua madre, una guerra che Sinisa ha dimostrato di poter controllare, spegnendosi alle sue condizioni dopo essere tornato sul campo. E dunque addio Sinisa, uomo di guerra che ha finalmente trovato la sua pace.
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