Sport popolari
Tutti gli sport
Mostra tutto

Speciale Scudetto Napoli - E' stata la mano di Luciano Spalletti: il capolavoro del "perdente"

Simone Eterno

Pubblicato 05/05/2023 alle 08:59 GMT+2

SERIE A - Per anni al centro dei dibattiti nell'eterno limbo tra squadre di qualità e pochi trofei, a Napoli Luciano Spalletti ha chiuso ogni possibile discussione: non solo ha vinto dove c'era riuscito solo Diego Maradona, ma l'ha fatto senza avere la squadra più forte.

Napoli, Luciano Spalletti

Credit Foto Eurosport

Come si pesa la carriera di un allenatore? Sono i titoli la discriminante al giudizio? O è la riflessione su un concetto in cui l’estetica del gioco prodotto rapportato alla qualità della rosa a disposizione diventa parte integrante per la valutazione complessiva del lavoro? E ancora, di nuovo, la valutazione della rosa a disposizione – e di quella delle dirette concorrenti – è discriminante nella formazione del vostro giudizio, oppure è un aspetto secondario? E l’eredità lasciata è un parametro importante per il peso della risposta finale, oppure una volta chiusa la porta ‘arrivederci e grazie’? Chi vi scrive queste righe vuole confessarsi immediatamente: i titoli conquistati sono solo uno dei parametri nella produzione del giudizio finale del lavoro di un allenatore. Posizione, quest’ultima, che spesso vi vedrà in minoranza in quel giochino che si fa dentro i bar così come in qualsiasi redazione: quanto vale il ‘signor x’?
Luciano Spalletti ad esempio è stato molto spesso materia di discussione nella sua carriera di allenatore. Istrionico, preparatissimo, ma quasi mai vincente. E per questo divisivo. Sul giudizio del tecnico del Napoli ha quasi sempre pesato questa domanda: “Cos’ha mai vinto Spalletti?”. Poco, se lo paragoniamo al curriculum dei grandi della panchina italiana. Un paio di Coppe Italia ai tempi della prima gestione romanista e i successi in Russia, questi ultimi sempre visti con una certa diffidenza. Chissà poi perché. Come se in Russia ‘lo Scudetto’ lo regalassero, un omaggio allo straniero venuto dalla Terra del sole. Non è così. Anzi, proprio quei due titoli di campione di Russia conquistati con lo Zenit San Pietroburgo ormai più di 10 anni fa (stagione 2009/10 e 2011/12) sono sempre stati la personale tesi difensiva alla domanda di poco fa: “Cos’ha mai vinto Spalletti?” – “Poco. Ma quando ha avuto la squadra per farlo, l’ha fatto”.
picture

Luciano Spalletti festeggia il primo titolo vinto con lo Zenit San Pietroburgo: campione di Russia subito alla prima stagione in panchina

Credit Foto From Official Website

Sì perché il giudizio su Luciano Spalletti, almeno quello in larga scala costruito dentro i confini italici, si è sempre dimenticato di guardare gli avversari delle sue squadre. Ai tempi della collezione di ‘secondi posti’ con la Roma, davanti Spalletti si era ritrovato l’Inter del post-Calciopoli. Una rosa fortissima; a cui per giunta si erano aggiunti i gioielli juventini Patrick Viera e Zlatan Ibrahimovic. Più tardi, nel Roma-bis, la dominante Juventus allegriana; una corazzata d’Europa che quando Spalletti salutava Roma per la seconda volta giocava la sua seconda finale di Champions League in 3 anni. Avrebbe dovuto vincere contro questi concorrenti?
E ancora, nel suo passaggio all’Inter, piazza storicamente più competitiva per ambizioni rispetto a quella romana, che club e che squadra si era ritrovato in mano Luciano Spalletti? Più che vincere, a Milano, gli avevano chiesto di ridare credibilità a un ambiente quasi allo sbando. Detto, fatto. Accesso alla Champions League e costruzione di una solida base. Antonio Conte, su quelle fondamenta, avrebbe concluso il lavoro. Avrebbe dovuto battere la Juventus di Allegri?
picture

Serie A 2008-2009 AS Roma Francesco Totti Luciano Spalletti

Credit Foto Reuters

No, Luciano Spalletti, in Italia, non ha mai avuto la ‘squadra per vincere’. Quello sul tecnico di Certaldo pare più che altro un grande equivoco. Equivoco, casomai, nato da un eccesso di aspettative figlio del suo innegabile talento nell’interpretare il calcio e trasmetterlo alle sue squadre. Come il Francesco Totti Scarpa d’Oro a Roma; in quel modulo senza attaccanti che ne andava a esaltare il ruolo di finalizzatore. Nella narrazione di Spalletti ha paradossalmente giocato contro la qualità complessiva del calcio prodotto dalle sue squadre, che portavano ad affermare ‘hey, questi possono vincere’. Poi non vinceva mai. Ma incredibilmente ci si dimenticava che aveva appena sfidato una Formula 1 con una buona auto di serie. Non esattamente condizioni paritarie.
E attenzione: non fa eccezione questo Napoli. Perché sotto il Vesuvio nessuno aveva chiesto a Luciano Spalletti di vincere lo Scudetto. Non era nemmeno nelle più rosee delle aspettative. A Napoli, al tecnico toscano, avevano chiesto di riportare gli azzurri tra le prime quattro dopo la beffa dell’ultima giornata arrivata sotto la gestione Gattuso. Missione compiuta fin dal primo anno. E missione che, previsioni alla mano, quasi nessuno riteneva possibile in questa stagione. Andiamo a rivedere le griglie estive del 2022. Milan, Inter, Juventus in ordine che voi preferite. Poi la Roma di Mourinho, fresca vincitrice della Conference League e con un Paulo Dybala in più. Per qualcuno ancora l’Atalanta di Gasperini, che senza l’impegno infrasettimanale avrebbe ritrovato quella brillantezza delle stagioni precedenti. Napoli? Quinto, forse sesto. D’altra parte salutavano Koulibaly, Insigne e Mertens. E arrivavano un difensore sudcoreano dal campionato turco e un esterno georgiano dal campionato russo. Non esattamente la definizione di ‘rinforzi Champions’. Figuriamoci ‘rinforzi Scudetto’.
picture

Luciano Spalletti festeggia con Di Lorenzo per la vittoria in Napoli-Atalanta - Serie A 2022/2023

Credit Foto Getty Images

Eppure, Luciano Spalletti, con la sua mano sapiente e dentro uno spogliatoio senza prime donne, è riuscito nell’incredibile: portare lo Scudetto a Napoli dopo 33 anni. L’ha fatto giocando da agosto a dicembre, senza dubbio alcuno e per definizione anche di un signore chiamato Guardiola Josep, “il calcio migliore d’Europa”. E l’ha fatto valorizzando una rosa che ai nastri di partenza non era certo la più forte d’Italia. Il capolavoro Lobotka, oggetto misterioso delle precedenti gestioni, è roba di Luciano Spalletti. La linea difensiva Rrahmani-Kim è roba di Luciano Spalletti. La quadra complessiva di una squadra che ha saputo per un periodo anche fare a meno sia di Kvaratskhelia che di Osimhen, continuando a segnare e a produrre la stessa ‘bellezza’, è mano evidente di un imprinting dato dal tecnico, di automatismi costruiti giorno dopo giorno a Castel Volturno ed entrati nella testa di ogni singolo componente della rosa di questo Napoli.
Quello prodotto in questa stagione, insomma, è la pietra miliare che pone fine a qualsiasi ulteriore discussione sul tecnico. “Cos’ha mai vinto Luciano Spalletti?”. Uno Scudetto a Napoli. Prima di lui c’era voluto il più forte di sempre: Diego Armando Maradona.
Luciano Spalletti è uno dei migliori tecnici delle sua generazione.
La seduta è tolta. Avanti il prossimo.
Più di 3 milioni di utenti stanno già utilizzando l'app
Resta sempre aggiornato con le ultime notizie, risultati ed eventi live
Scaricala
Contenuti correlati
Condividi questo articolo
Pubblicità
Pubblicità