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Contador: "Avevo la nausea della bici. Il mio idolo? Marco Pantani! Regalava emozioni..."

Luca Stamerra

Aggiornato 06/11/2017 alle 20:54 GMT+1

Il corridore spagnolo torna a parlare del suo ritiro e le ragioni che lo hanno spinto a dire basta al professionismo. Poi uno sguardo all'Italia: "Il Giro la mia corsa preferita, Pantani il corridore che mi ha ispirato di più".

Trek Segafredo's Spanish cyclist Alberto Contador celebrates as he crosses the finish line

Credit Foto Getty Images

10 Settembre 2017. È l’ultima tappa della Vuelta, ma soprattutto l’ultima tappa in carriera di Alberto Contador che sul podio di Plaza de Cibeles salutava in modo definitivo il ciclismo. Da quella data, sono passati quasi due mesi e Contador continua a postare sui propri social le avventure più belle che ha vissuto nei suoi 14 anni di professionismo.
Lo spagnolo ha già nostalgia? Ci ha mai ripensato, immaginando di tornare in corsa? Neanche per sogno…
No. Sono stato felice per 15 anni. Ho dato più del 100%, ho dato tutto il mio tempo a questo sport, ma adesso ho il resto della vita per vivere e divertirmi. Ora penso a mille altre cose, vacanze, hobby…
Ora mi sveglio senza pensare al giorno dopo. Non ho più la schiavitù del riposo e dell’allenamento. Quando sei professionista, ti alleni in bici e ti devi allenare anche quando sei di riposo. Anche dopo quattro ore di allenamento, ti devi allenare a casa. A mangiare, a riposarti, e così via, sono le piccole cose che ti consentono di vincere. La vita del ciclismo è la schiavitù dei piccoli dettagli. Ormai, avevo la nausea di tutte queste cose. [Alberto Contador alla Gazzetta dello Sport]
Poi un ricordo della corsa che ha amato di più in carriera. Il Giro d’Italia…
La corsa che ho amato di più? Il Giro. La passione dei tifosi, incredibile. Sostengono tutti, conoscono tutti i nomi di squadre e ciclisti. Per me, ha sempre fatto la differenza. Il ricordo più bello, invece, è quello del Giro 2008. Non conoscevo il pubblico, i percorsi di quella edizione, ed ero arrivato all’ultimo su invito della mia squadra. Alla fine ho vinto, un’emozione fortissima
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Il corridore che mi ha ispirato? Un solo nome… Marco Pantani
Sono cresciuto con lo stimolo di Indurain, ma Pantani… Marco lo guardavo in tv, poi l’ho studiato in video. Mi mettevo a casa a guardare le sue corse, e da Marco mi aspettavo di tutto da un momento all’altro. Con lui, poteva succedere sempre qualcosa, anche un attacco kamikaze da lontano. Dava emozione, sempre. Un giorno prendeva 3-4 minuti a cronometro e il giorno dopo provava a recuperare. Ha vinto un Giro e un Tour, ma per la gente è come se avesse vinto 5 Giri e 5 Tour de France. Non c’è mai più stato un corridore così emozionante
L’ho conosciuto al Gp Amorebieta del 2003, alla mia prima stagione. So che corre, e così vado a cercarlo e gli dico, ‘Sono Alberto Contador e per me è un onore conoscerti’. Lui è molto gentile e mi dice ‘grazie mille’. Pantani, per me, non era uno qualsiasi, era un corridore da rispettare. Forse in me c’è stato lo spirito di Marco. Sono sempre stato un corridore anticonformista, meglio rischiare e perdere tutto, per cercare di essere primo, piuttosto che accontentarmi del secondo posto
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Un esempio di questo modo di correre? L’ultima Vuelta…
Alla Vuelta, dopo Andorra, sul bus della squadra dissi, ‘Anche se va tutto male, il podio è facile. Ma se c’è anche una sola possibilità di ribaltare la corsa, io la voglio sfruttare’. Sono sempre arrivato morto al traguardo, ma con la soddisfazione più grande, il riconoscimento della gente
Contador saluta poi con i suoi propositi per il futuro…
Non farò mai il politico sportivo, neanche morto. Mi concentro sulla vita. Poi sono presidente della Fondazione Contador. Futuro? Voglio un figlio
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