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Tutto l’oro di Alejandro Valverde, campione di un mondo infinito

Fabio Disingrini

Aggiornato 01/10/2018 alle 17:18 GMT+2

A Innsbruck si consegna l’oscar alla carriera di Alejandro Valverde, che vince in volata il Mondiale degli scalatori. Si compie qui la sua magnifica ossessione per la maglia iridata e lo vedremo così, Imbatido per tutti, fino alla soglia dei quarant’anni. Per metà spesi a vincere sulle strade del mito.

Alejandro Valverde è campione del mondo a Innsbruck, 30 settembre 2018

Credit Foto Getty Images

INNSBRUCK (AUSTRIA) - L’attrattiva di Innsbruck è Das Goldenes Dachl, il tetto d’oro che da cinquecento anni orna la loggia del Neuer Hof. Ce ne sono voluti trentotto perché Alejandro Valverde si mettesse al collo una medaglia dello stesso colore, dipingendo un magnifico arcobaleno al tramonto, chissà, della sua infinita carriera. L’iride che nel cielo viene dopo la tempesta e di giorni piovosi ne ha vissuti molti: Operación Puerto, mesi di successi revocati, quel Tour de France che non è mai riuscito a vincere e il Mondiale di Firenze, quando perfino certi spagnoli l’avevano fischiato. Il poeta spagnolo José María Valverde ha scritto nel ventesimo secolo una dolce poesia che si chiama La espera.
L’attesa che cresce tra i rovesci del cuore e di una lunga vita su due ruote, quella di Alejandro Valverde re delle Ardenne e da oggi campione del mondo. Vincitore di 5 Freccia-Vallone e 4 Liegi-Bastogne-Liegi, della Vuelta nel 2009 e sul podio di tutti i grandi giri, di 4 tappe al Tour de France e una al Giro d’Italia, fra le sacre guglie delle Dolomiti. Chissà se le avrà ricordate oggi scalando le Alpi tirolesi. Chissà se il Mondiale s’era ormai trasfigurato nei suoi pensieri dopo 6 podi: il primo 15 anni fa, secondo ad Hamilton. Chissà che non fosse una magnifica ossessione, stamattina alla partenza di Kufstein, con in braccio la sua piccola Natalia nel giorno del quarto compleanno.
Alejandro Valverde è campione del mondo a Innsbruck, 30 settembre 2018
Ne avevamo letti molti di epitaffi quando Valverde cadde al Tour de France, rompendosi la rotula. Eccoci qui, un anno dopo, a descrivere l’impresa della vita, la passione della volata, l’urlo dell’Imbatido, le braccia al cielo di Innsbruck, le lacrime sul podio. Prima la salita dell’Höttinger Gasse: per molti un inferno, anzi Die Höll, per lui la chiave del paradiso. I suoi apostoli rossi si chiamano Jonathan Castroviejo, David De La Cruz, Omar Fraile, Jesus Herrada, Jon Izaguirre, Enric Mas, Mikel Nieve: catalani, baschi, navarri, tutti per uno e uno per tutti, senza Landa e (forse) non sarà stato proprio un caso.
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Peter Sagan félicite Alejandro Valverde, champion du monde 218 de cyclisme sur route.

Credit Foto Getty Images

Hanno animato la corsa con l’Italia e l’hanno fatta durissima a ogni scalata di Igls, mentre contavamo le vittime sul circuito di Olympia: Sagan, Zakarin, Poels, Kwiatkowski, Simon Yates e Daniel Martin, poi Jungels, Van Avermaet, Nibali, Tim Wellens. Valverde va per i 39 anni, come il numero che sfreccia per primo sotto il traguardo di Innsbruck. Ha battuto Romain Bardet al posto di Alaphilippe e Michael Woods, un anglofono ma canadese, al posto di Froome e Geraint Thomas che al Mondiale degli scalatori non si sono nemmeno prestati. La Spagna non vinceva la gara iridata dal 2004 quando Oscar Freire spostò l’aria di Verona: Valverde gli succede fra i reali di Castiglia e solo Joop Zoetemelk nel 1985 vestì la maglia iridata quand’era di un anno più grande.
Era a Treviso e anche stavolta sembrava un Mondiale di casa con le transenne gremite di nostri tifosi: vuoi per la passione che arde nel Nord Italia, per la vicinanza di Gianni Moscon nuovo capitano e nativo della Val di Non, per quel pensiero stupendo di Vincenzo Nibali, che ha pedalato in funzione di Innsbruck dal giorno dopo il successo al Lombardia. Rieccoci alla Classica delle foglie morte che cadranno dappertutto ma mica dove c’è Valverde, nomen omen di un campione infinito che qui ed ora s’è ripreso tutto.
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