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Bradley Wiggins: una carriera da favola, il lieto fine all'Inferno

Fabio Disingrini

Aggiornato 11/03/2016 alle 15:33 GMT+1

Da re della pista a campione su strada, Bradley Wiggins ha riscritto le regole del ciclismo moderno vincendo un Tour che sembrava impossibile e domenica, all'ultima classica della sua inimitabile carriera, proverà a vincere la corsa per cui ha fatto una vera e propria dichiarazione d'amore. E senza Boonen e Cancellara, che hanno dominato la Parigi-Roubaix nell'ultima decade, l'impresa è possibile

Paris-Roubaix 2015, Bradley Wiggins (LaPresse)

Credit Foto LaPresse

C’è un nome che, più per suggestione che per favore di pronostico, anima la vigilia della centotredicesima edizione della Parigi-Roubaix. Chiedevo in queste ore ai più esperti colleghi chi, in questa strana primavera di ciclismo in cui Paolini vince la classica per velocisti (la Gent-Wevelgem) e invece uno sprinter il Fiandre (Kristoff), potesse trionfare nel vélodrome più famoso del globo terracqueo. C’è allora chi mi ha indicato il campione uscente Niki Terpstra (secondo alla Ronde) e chi mi ha detto Sep Vanmarcke che, secondo 2013, sarà la più grande speranza dei belgi. Poi c’è chi scommette su Degenkolb, vincitore della Sanremo e primo sconfitto dell’anno scorso, e chi invece ha pochi dubbi su Alexander Kristoff, che forse non sarà mai un fuoriclasse del pavé (s’è ritirato 3 volte in 5 partecipazioni) ma è il corridore del momento perché ha appena vinto il Giro delle Fiandre e già 10 corse nel 2015.
Ho raccolto tutti i loro pronostici e poi ho parlato con un mio grande amico, di quelli che portano in giro sui pedali il bambino che c’è in loro. Si chiama Simone e al telefono mi ha detto: «Se gli sprinter vincono la Sanremo e il Fiandre e alla Gent trionfa invece un finisseur, allora qualcosa nel ciclismo “classico” potrebbe essere cambiato. Perché quindi uno che si allena da due anni sotto gli occhi del maestro Servais Knaven con un solo obiettivo, quello di vincere la Roubaix, non potrebbe farcela? Uno che ha già riscritto le regole di questo sport dominando un Tour che sembrava impossibile da vincere e che forse chiuderà la sua carriera su strada domenica?». Sissignori, stava proprio parlando di Sir Bradley Wiggins, Cavaliere della Regina d’Inghilterra.
Innamorato, anzi innamoratissimo del pavé, volge al termine la settimana santa delle Fiandre e noi ascoltiamo Wiggins parlare della Roubaix come se suonasse il Cannone di Paganini. E se l’anno scorso presentandosi a Parigi (un vincitore della Grande Boucle ventitre anni dopo Greg LeMond) ammise che è l’unica corsa che guardava e sognava di vincere da bambino, ieri il britannico ha detto: «La Roubaix è la mia favola solo perché posso partecipare, figuriamoci che lieto fine se la vincessi». Wiggins non sarà forse così affabile, ma è il ciclista più carismatico dell’epoca moderna e, nato a Gand 35 primavere fa, prima dell’Inferno del Nord, prima della sua ultima Monumento, e chissà se della sua ultima corsa, parla come sempre a cuore aperto: «C’è stato un periodo in cui ho odiato vincere il Tour, ho odiato il ciclismo, ho odiato i giornalisti che mi facevano sempre domande su Armstrong, ho odiato Armstrong. Poi però ho cominciato a ricordare perché il ciclismo era la mia priorità, perché lo amavo, perché idealizzavo i miei eroi: Duclos-Lassalle, Museeuw, Ballerini, Indurain». Bradley Wiggins, la Roubaix, l’ottava e ultima partecipazione raccontata a Ciro Scognamiglio per la Gazzetta dello Sport: «Beh, i velodromi significano qualcosa per me, non è certo un caso che abbia scelto di chiudere su strada con questa corsa. È l’unica che finisce così, è l’unica che vuoi finire anche con una clavicola rotta solo per entrare lì e poi tuffarti nell’erba. […] Voglio godermi ogni momento di una corsa magica. Catturarlo. Poi voltarmi indietro, riassaporarlo e ricordarmelo per sempre».
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hjguyhigu

Credit Foto Eurosport

Bradley Wiggins dice che la Roubaix non è un’ossessione e la sua carriera è stata, comunque vada domenica, straordinaria, anzi inimitabile, però l’attenzione con cui il britannico ha preparato questa corsa è stata quasi ossessiva. Nono sul traguardo l’anno scorso, settimo in uscita dal Carrefour de l’Arbre, davanti a lui, all’ingresso nel Vélodrome, c’era solo Terpstra a scaricare la fiamma rossa. Oggi il Baronetto ha curato ogni più piccolo dettaglio cronometrando tutti i 27 settori lastricati della Roubaix: 52,7 chilometri, il più lungo è Quievy-Saint Python, la leggenda si scrive invece nella mitica Trouée d'Arenberg. Al Fiandre, Wiggins ha tirato il gruppo per cento chilometri e se la Sky ha perso, lui ha intanto perfezionato la miglior gamba. Infine, il fisico è quello del re pistard: 5 chili muscolari oltre l’iride, lo scorso settembre, del campione del mondo a cronometro, 8 in più se rapportato ai giorni della sua Grande Boucle.
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Bradley Wiggins, ganador del Tour 2012

Credit Foto AFP

Bradley Wiggins insomma ci emoziona e fa diventare prolessi, ma i pronostici non sono finiti e di amici che ardono di passione tubolare ce ne sono abbastanza. I più azzardati (e patriottici) dicono Daniel Oss: «In fondo Greg (van Avermaet, ndr) abbiam capito che nelle classiche può puntare massimo al podio, e chissà che Oss non sia il piano B della BMC. Non è il più forte, ma col giusto timing tutto può succedere». L’altro temerario del pedale incalza: «Oss con vittoria in stile Terpstra, favorito dall’attendismo di qualche big». C’è chi invece, più timorato, dice Stybar perché «La Etixx-Quickstep ha una tradizione per la Roubaix che è impareggiabile»; chi ci scherza un po’ su: «Non credo alla doppia frattura vertebrale e punto tutto come sempre sulla Locomotiva (Cancellara: lui e Boonen hanno vinto 7 delle ultime 10 edizioni, ndr)»; chi crede infine che, finalmente, possa essere «La volta di Sagan». Perché la Parigi-Roubaix non è la Milano-Sanremo con i suoi pronostici da tradizione apertissimi, perché il pavé ha le sue pretese, fa selezione ed è questione fra pochi, perché ci basta uno sguardo per capire, fra le maschere di terra, chi in fondo lo ama davvero. Chi crede che nell’Enfer du Nord ci si possa sentire come in paradiso. O come per Wiggins, nel valhalla degli eroi dalle ruote veloci.
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