Daniel Teklehaimanot: l'ombelico del ciclismo ha il suo alfiere vestito a pois
Aggiornato 10/07/2015 alle 15:42 GMT+2
Africa e Asia sono le nuove frontiere del ciclismo globalizzato e l'impresa del corridore eritreo Daniel Teklehaimanot, oggi storico leader della classifica scalatori del Tour de France, è solo l'ultima espressione di una nouvelle vague a due ruote. Merito della MTN-Qhubeka, che dal 2013 è la prima squadra africana Continental, e dell'italiana Lampre-Merida, incubatrice d'integrazione sportiva
Côte de Dieppe, Côte de Pourville-sur-Mer e Côte du Tilleul sono nomi di salite che Daniel Teklehaimanot Girmazion non dimenticherà mai. Il corridore eritreo - in fuga dal chilometro zero della sesta tappa con Perrig Quemeneur (Europcar) e Kenneth van Bilsen della Cofidis - è infatti transitato per primo su tutti e 3 i Gran premi della montagna di quarta categoria che gli hanno permesso, sul podio del traguardo di Le Havre, d'indossare la maglia a pois del Tour de France. Come al Delfinato ma a colori invertiti, ovvero a pois rossi su maglia bianca, Teklekaimanot è il nuovo leader della classifica scalatori del Tour de France, il primo africano "puro" a ottenere un risultato sportivo così prestigioso (su due ruote) dopo la maglia gialla del sudafricano Daryl Impey (Montpellier 2013) e la Grande Boucle vinta due anni fa da Chris Froome, keniota britannico.
Una presenza, quella africana nel ciclismo, nata nel 2006 con la creazione della Tropicale Amissa Bongo, una corsa a tappe annuale sulle strade del Gabon, e specialmente dalla fondazione, un anno più tardi, della MTN-Qhubeka, squadra sudafricana con licenza Continental dal 2013 e una partecipazione alla Vuelta a España (2014) prima del debutto al Tour de France. Alla Grande Boucle, la MTN-Qhubeka s'affida a Edvald Boasson-Hagen, navigato capitano di una squadra di sudafricani (Louis Meintjes e i fratelli Reinardt e Jacques Janse van Rensburg) ed eritrei con il più giovane corridore della corsa, il ventunenne Merhawi Kudus, oltre a Daniel Teklehaimanot eroe del giorno, massima espressione di un modello integrativo e perfetta sintesi di un nuovo ciclismo multietnico. Non avrete poi certo dimenticato la Milano-Sanremo di due anni fa, la Classicissima vinta contro ogni pronostico dal capitano tedesco Gerald Ciolek. Era l'esordio delle maglie gialle MTN-Qhubeka tra le file di una Monumento: dicono del resto che il cielo africano, così indorato di stelle, sia davvero difficile da dimenticare.
Fu poi Andrea Tabacco, nella primavera del 2013, a raccontarci per primo la genesi di una squadra subito vincente: "Quella dell’MTN Qhubeka è una sorta di missione umanitaria prima ancora che un vero e proprio programma sportivo. L’obiettivo è quello di migliorare l’Africa e l'idea nasce dalla Qhubeka, un’associazione volontaria no-profit, e dagli sforzi economici di uno sponsor importante come la MTN, che è una compagnia telefonica, con lo scopo principale di aiutare i bambini meno fortunati. La Qhubeka, che in lingua Zulu significa 'Progresso', regala infatti una bicicletta a tutti coloro che, in Sudafrica, s'impegnano a raccogliere 60 sacchi d'immondizia o a piantare altrettanti alberi contro la deforestazione". ()
Le nuove frontiere mondiali del ciclismo trovano un altro volano irrinunciabile nell'italiana Lampre-Merida, che all'ultimo Giro d'Italia ha presentato in squadra il cinese Gang Xu e l'etiope Tsgabu Gebremaryam Grmay col patrocinio di Beppe Saronni. Una Corsa Rosa, quella dell'ultimo anno, perfettamente in linea con la nuova cifra multietnica delle due ruote fra i giapponesi Manabu Ishibashi (Nippo Fantini) e Fumiyuki Beppu (Trek), l'albanese della Southeast Eugert Zhupa e il cinese della Giant Cheng Ji, che già l'anno prima al Tour s'era guadagnato l'epiteto di "Ammazzafughe" o di "Lanterna Rossa", ultimo della classifica generale a Parigi.
Accolti i volti ieratici e impassibili alla fatica degli atleti sudamericani - merito speciale di una passione dell'ex-presidente venezuelano Hugo Chavez - e scritto il nome di un campione colombiano come Nairo Quintana nell'albo d'oro del Giro d'Italia, l'ancien régime del ciclismo europeo estende le sue frontiere in Africa... E la "piccola" impresa a pois di Daniel Teklehaimanot, pelle di ebano di un padre indigeno e occhi smeraldo come il diamante, raffina oggi il suo bellissimo ultimo progetto di globalizzazione a due ruote.
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