Froome, Teklehaimanot, Cummings: tutta l'Africa del Tour de France nel Mandela Day
Aggiornato 19/07/2015 alle 11:26 GMT+2
Una maglia gialla nata e cresciuta a Nairobi, un corridore eritreo, Daniel Teklehaimanot, per quattro giorni in maglia a pois e il primo successo della MTN Qhubeka, esordiente al Tour de France, in un grande giro. È la nuova storia del ciclismo africano ed è bellissimo raccontarla oggi che è il Mandela Day, oggi che Steve Cummings ha vinto a Mende la quattordicesima tappa della Grande Boucle
Una maglia gialla nata e cresciuta a Nairobi, un corridore eritreo, Daniel Teklehaimanot, per quattro giorni in maglia a pois e il primo successo della MTN Qhubeka, esordiente al Tour de France, in un grande giro. È la nuova storia del ciclismo africano ed è bellissimo raccontarla oggi che è il Mandela Day, oggi che Steve Cummings ha vinto a Mende la quattordicesima tappa della Grande Boucle vergando una grande pagina di sport: “It always seems impossible until it’s done”.
Così dev’essere nel giorno di Nelson Mandela, nato il 18 luglio 1918 a Mvezo, Sudafrica, promettente pugile dilettante fra gli orrori dell’apartheid, fondatore di una squadra di calcio negli anni della prigionia sull’isola-penitenziario di Robben Island. Presidente del Sudafrica dal 1994, Madiba eredita dal regime segregazionista l’organizzazione dei Mondiali di rugby e il 24 giugno 1995, giorno della finale tra Sudafrica e Nuova Zelanda, calca il prato dell'Ellis Park di Johannesburg prima del match con la maglia verde degli Springboks - la numero 6 del capitano François Pienaar, bianco come 14 dei 15 giocatori - acclamato da sessantamila persone stipate sugli spalti.
Quel giorno, come magistralmente narrato nel libro Playing the Enemy di John Carlin e nel film Invictus di Clint Eastwood, il Sudafrica fece l’impresa battendo gli All Blacks e Pienaar ricevette la Webb Ellis Cup dalle mani di Mandela: “Nessun sceneggiatore di Hollywood avrebbe potuto scrivere un copione migliore quando il Presidente mi consegnò la Coppa mi disse ‘Grazie per quel che ha fatto per il Sudafrica’ e io gli risposi: ‘Grazie per quel che ha fatto Lei!’”, dirà il capitano degli Springboks.
Nobel per la pace, premiato con il Trofeo Jesse Owens per la pace nello sport, nel 2010 Madiba è stato il grande organizzatore dei Mondiali di calcio in Sudafrica: "Siamo tutti uniti nel cerchio del pallone, il calcio ha il potere di ispirare e unire le persone, quindi ha un posto particolare nel cuore della gente". Alla vigilia dell’esordio contro il Messico, il novantaduenne Mandela incontra la sua Nazionale e, come 15 anni prima, indossa la maglia del capitano, la numero 4 di Aaron Mokoena. Stavolta però, nella rosa dei 23 Bafana Bafana c'è solo un calciatore bianco, il centrale di difesa Matthew Booth.
Oggi, nel Mandela Day, sono Christopher Froome, Daniel Teklehaimanot e Steve Cummings a omaggiare la grandezza di Madiba dalle strade del Tour de France: il primo dominando la corsa con un rinoceronte sul telaio della sua bici gialla, ambasciatore per la lotta contro l’estinzione degli animali africani. Teklehaimanot primo leader africano della classifica scalatori e ultima espressione di una nouvelle vague delle due ruote; Cummings con una storica vittoria di tappa in maglia MTN Qhubeka, prima squadra africana continental debuttante al Tour. Qhubeka in lingua zulu vuol dire “Progresso” ed è un’associazione umanitaria no-profit che regala una bicicletta a tutti coloro che, in Sudafrica, s’impegnano a piantare alberi contro la deforestazione.
Perché "Lo sport ha il potere di cambiare il mondo, ha il potere di unire come poche altre cose e parla ai giovani in una lingua che tutti comprendono, perché può creare speranza dove c’è solo disperazione, e ride in faccia a ogni tipo di discriminazione".Viva Madiba e viva la Grande Boucle.
Più di 3 milioni di utenti stanno già utilizzando l'app
Scaricala
Scannerizzala
Contenuti correlati
Condividi questo articolo
Pubblicità
Pubblicità