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In volata come sul ring: benvenuti al Tour, dove allo sprint tutto è concesso

Alberto Coriele

Aggiornato 07/07/2017 alle 10:08 GMT+2

Tre arrivi in volata in sei tappe, finora: due successi di Kittel, uno di Demare, ma soprattutto tanta confusione e tanta anarchia, tanti contatti proibiti ed una tensione davvero alta. Questi arrivi allo sprint generano spettacolo ma allo stesso tempo tolgono sicurezza ai corridori, a poco sono serviti l'espulsione (generosa) di Sagan ed il ritiro forzato di Cavendish.

Marcel Kittel of Germany and Quick-Step Floors crosses the line and celebrates his victory in stage two of the 2017 Tour de France, a 203.5km road stage from Dusseldorf to Liege on July 2, 2017

Credit Foto Getty Images

In volata come sul ring. Senza paura ma anche senza scrupoli. Queste sei tappe di apertura del Tour de France hanno regalato tanta bagarre ed altrettanti rischi per quegli uomini-proiettile lanciati ad oltre settanta chilometri orari in volata. Se l’unico traguardo all’insù ci ha regalato la magia sgraziata di Fabio Aru, finora negli arrivi per le ruote veloci sono volate botte da orbi.
Il caso più eclatante, per lo strascico di polemiche che ha inevitabilmente portato dietro di sé, è quello del contatto Sagan-Cavendish, che per ragioni diverse ha eliminato entrambi dalla Grand Boucle. E, paradossalmente, quella di Sagan è apparsa la manovra più pulita di quelle ammirate in questi giorni: nello stesso arrivo in volata, a Vittel, è quasi passato in secondo piano lo scarto netto dalla prima alla terza corsia dell’autostrada di Arnaud Demare. Demare che poi ha concluso a braccia alzate ottenendo il suo primo successo in carriera al Tour de France, nell'unico giorno in cui Marcel Kittel non è nemmeno riuscito ad impostare la volata arrivando tredicesimo. Come si può notare molto bene dal video qui sotto, poco dopo il contatto tra Sagan e Cavendish, è netto il cambio di direzione di Demare che rischia di tirare giù come birilli diversi avversari, tra cui Bouhanni, che resta in piedi con un colpo da equilibrista.
Ieri, a Troyes, lo stesso Demare si è reso protagonista di una camminata pericolosissima sul filo delle transenne, non senza negare qualche contatto – che potremmo definire di gioco – ai danni di Alexandre Kristoff. Il proscenio della volata si è trasformato, specialmente quest’anno, in un ring in cui tutto sembra essere concesso. Un ring che è stato, per anni, il luogo ideale di Nacer Bouhanni, che per anni prima di inforcare la bicicletta ha indossato i guantoni da pugile. Bouhanni si è sempre distinto per una condotta non proprio da chierichetto, e ieri contro di lui ha provato ad alzare la voce Jacopo Guarnieri, primo scudiero di Arnaud Demare, "La volata? Non so cosa sia successo. Démare è arrivato secondo e va bene così, ma non siamo riusciti a comporre il treno per colpa di Bouhanni. Mi è entrato con il ginocchio, si è scontrato con il mio manubrio. Ormai ci siamo abituati ad uno come lui, è un cretino, ma tanto perde sempre”. Un’entrata a gamba tesa, che ben si concilia con il clima che si vive in questi ultimi arrivi allo sprint.
Idealmente, l’espulsione (molto fiscale) di Sagan ed il ritiro con i cerotti di Cavendish potevano servire da camomilla per tutti quanti. Ebbene, così non è stato: forse l’ormai comprovata assenza dei famosi treni, che avevano caratterizzato i primi anni duemila dei vari Cipollini, Petacchi e McEwen, ha dato il la ad un’anarchia dilagante che, pur incrementando lo spettacolo, ha iniziato a creare qualche patema in più per la sicurezza dei corridori. Forse parliamo solo di "normali contatti di corsa", come si tende a dire quando si cerca di minimizzare l'accaduto. Forse, anzi sicuramente, ci sono alcune rivalità interne che animano gli sprint ma che allo stesso tempo li rendono meno sicuri. Una situazione che ricorda molto quel "al mio segnale scatenate l'inferno", che il buon Guido Meda usa in ambito motociclistico: quando arriva la flamme rouge dell'ultimo chilometro, l'inferno si scatena anche qui ed è spettacolo e pericolo allo stesso tempo.

Alla fine vince (quasi) sempre Kittel

Al netto dei pericoli, ciò che emerge da queste volate di funamboli è sicuramente il talento: in primis quello di Kittel, che alla fine è il più forte di tutti e vince comunque senza dover imbracciare alle armi. Che ha già vinto due volate senza esser coinvolto in alcuna rissa da bar, che ieri ha toccato i 73 km/h allo sprint e che, quando trova spazio per galoppare, è pressoché imbattibile. E nel marasma generale mette d’accordo tutti, candidandosi al ruolo di cannibale che al Giro fu di Fernando Gaviria con quattro vittorie.
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