Ineos, Movistar e i sogni francesi con Pinot e Bardet: le 5 domande al Tour 2019

A 3 giorni dalla partenza del Tour de France 106 ci siamo posti 5 domande per provare a capire che corsa sarà: dalle gerarchie in casa Ineos e Movistar, all'ultima spiaggia per i padroni di casa Pinot e Bardet, passando per le tappe chiave e i corridori da tenere d'occhio.

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1. Bernal-Thomas, chi fa il capitano della Ineos?

Domanda legittima, che al momento non ha una risposta certa. L’infortunio di Froome ha tolto di mezzo colui che probabilmente sarebbe stato la punta di diamante di una squadra da fantascienza. Per anzianità e soprattutto per lo status di campione in carica, pareva essere Thomas il capitano designato. Ma l’ultimo mese ha cambiato le carte in tavola, trasformando la gerarchia in un dualismo. Teatro degli accadimenti, il Giro di Svizzera. Dove Thomas è caduto e ha rischiato di dover salutare anche lui il Tour prima del via. E dove Bernal si è preso la tappa di San Gottardo e la classifica generale con una maturità inedita per un corridore della sua età. Il general manager Dave Brailsford si gode l’abbondanza e ai microfoni annuncia di entrare alla Grande Boucle con due leader, poi si vedrà. Giudice supremo, naturalmente, la strada. E chi sarà il prescelto, diventerà il favorito numero 1 della corsa.

2. Movistar, il gioco di squadra funzionerà al Tour?

Abbiamo ancora negli occhi il trionfo di Richard Carapaz all’ultimo Giro d’Italia, vincitore splendido di una corsa rosa dove la forza della Movistar ha fatto la differenza. A maggio c’era Mikel Landa, che da leader della vigilia si era trasformato nel migliore dei gregari. Il basco ci sarà anche al Tour, formando con Nairo Quintana e Alejandro Valverde i cosiddetti big three di cestistica ispirazione. Il rovescio della medaglia potrebbe essere avere troppi galli nello stesso pollaio. Probabilmente Quintana sperava di partire da capitano unico, con Landa luogotenente extralusso e Valverde “regista” dopo essersi autoescluso dalla corsa alla generale. Ma Mikel dovrebbe avere gli stessi gradi del colombiano, almeno inizialmente. Il rispetto dei ruoli sarà decisivo per sovvertire lo strapotere della Ineos, anche se la Movistar sembra attrezzata come non mai. Lo scorso anno il triumvirato fallì, restando ben lontano dalla jaune e dal podio (Landa 7°, Quintana 10°, Valverde 14°). Quest'anno sarà vietato sbagliare. Per provare a sfatare il tabu Tour, che la squadra spagnola non vince da quando si chiamava Caisse d’Epargne (Oscar Pereiro Sio nel 2006).

3. Pinot-Bardet, è l'anno della verità?

“Quest’anno o mai più”. Parole scolpite a fuoco sulla copertina de L’Equipe nell’edizione del 25 giugno, indirizzate ai due enfants du pays da cui non ci si aspetta più tanto, ma tutto: Thibaut Pinot e Romain Bardet sono da anni la più vivida speranza francese di riportare a casa il Tour dopo un'eternità, cioè da quando Bernard Hinault aggiornò la sua leggenda scrivendo il suo quinto e ultimo capolavoro sulle strade di Francia (1985). La pressione sui due è enorme. “Merito” della stampa francese e di alcuni grandi del passato – Richard Virenque e lo stesso Hinault - che in virtù delle assenze pesanti di Froome e Dumoulin vedono il Tour 106 come l’edizione giusta per rompere il digiuno. Quasi un’ultima spiaggia, nonostante abbiano entrambi 29 anni. In realtà non sarà semplicissimo. La concorrenza resta agguerrita e come detto sopra la squadra giocherà un ruolo decisivo. Quando la strada salirà, Pinot (FDJ) potrà contare sull’apporto di Reichenbach e del promettente Gaudu. Bardet avrà tutta la AG2R a disposizione, anche se Gallopin non è al meglio e peseranno le assenze di Dillier e Latour, maglia bianca nel 2018. La sensazione è che entrambi dovranno inventarsi qualcosa di molto speciale per vestire di giallo a Parigi.

Pinot e Bardet al Tour de France

Anno/corridoreThibaut PinotRomain Bardet
201210°-
2013non partito (16^ tappa)15°
2014
201516°
2016non partito (13^ tappa)
2017ritirato (17^ tappa)
2018-

4. Quali sono le tappe chiave del Tour?

Cinque arrivi in quota, con 65 salite e 402 km complessivi con la strada all’insù. Il percorso del Tour 2019 è movimentato dalla prima all’ultima tappa. Escluse le cronometro, dove ovviamente ci saranno differenze potenzialmente importanti tra chi lotta per la maglia gialla. Il primo appuntamento contro il tempo arriverà con la cronosquadre di Bruxelles nella seconda tappa, una prova adatta agli specialisti. Nella 6^ tappa il primo traguardo di prestigio, con l’arrivo a La Planche des Belles Filles dopo 6 Gpm. Uno scenario che evoca dolci ricordi ai colori italiani, con Nibali e Aru (di cui abbiamo già parlato qui) ad essere gli ultimi ad imporsi da quelle parti. Nella tappa 13 ci sarà l’unica cronometro individuale (Pau-Pau, 27 km). Una tappa divisa a metà: prima parte con terreno buono per gli scalatori, ma finale disegnato per i cronomen. Occhio. Il giorno dopo sarà la volta della tappa più simbolica, a rispolverare il mito del Tourmalet e scollinare per la prima volta oltre i 2000 metri. Prima del riposo altro tappone pirenaico da giganti, con 5000 metri di dislivello. Nella tappa 18 ci sarà la resa dei conti con un altro mito: dopo Col de Vars e Col d’Izoard ecco il fascino senza tempo del Galibier. Qui, nella tappa regina, qualcuno salterà per aria. Prima della passerella sugli Champs Élysées, ultime due chiamate per chi vuole rovesciare il Tour. Nella 19^ tappa la “Cima Coppi” di questa Grande Boucle, col Col de l’Iseran che chiamerà i corridori allo sforzo fino ai 2770 metri. Infine, il giorno successivo, l’arrivo a Val Thorens dopo una salita interminabile (34 km).

5. Chi sarà il corridore da seguire?

È dall’inizio dell’anno che va come una moto a ogni gara a cui partecipa. Protagonista dalla polvere delle Strade Bianche alla Classiche del Nord, passando per il profumo di Primavera della Sanremo. Vincente al Delfinato, dominante alla prova nazionale contro il tempo. Wout Van Aert è uno spettacolo e all'esordio in un Grande Giro promette scintille. Dal ciclocross con furore, può essere protagonista su più terreni come pochi altri. Di certo di farà divertire. Per quanto riguarda la classifica generale, non si può evitare una menzione d’onore a Jakob Fuglsang. Il 2019 è già il suo anno di grazia, stappato a inizio stagione tra Andalucia e Tirreno Adriatico e nobilitato dai successi alla Liegi e al Delfinato. Mai come questa volta il danese può giocarsi le sue carte per un posto sul podio in un Grande Giro, obiettivo mai nemmeno sfiorato (al massimo è stato 7° alla Grande Boucle 2013). Con credibilità, fiducia e gambe, l’occasione è ghiotta.
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