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Il mito Niki Lauda: 'computer' ed eroe della F1 più bella e atroce

Paolo Sala

Aggiornato 21/05/2019 alle 23:12 GMT+2

Si è spento a 70 anni Niki Lauda, leggenda dell'automobilismo ed eroe di un paio di generazioni di ferraristi degli anni '70. Che in lui videro il primo pragmatico pilota moderno ma anche il martire di una Formula 1 bellissima e pericolosissima come nell'incidente del Nurburgring.

Michael Schumacher scherza insieme a Niki Lauda a margine del GP di Monaco 1996, Getty Images

Credit Foto Getty Images

Quel rogo al Nurburgring '76 l'ha pagato quarantatré anni dopo. Così come allora sorprese il mondo - sopravvivendo in primis e tornando addirittura a guidare in quello stesso leggendario Mondiale poi - oggi Niki Lauda ha dovuto arrendersi a tutti i problemi ai reni e ai polmoni che quella drammatica giornata gli lasciò addosso. Come se avesse una missione da compiere prima di lasciare spazio alle inevitabili conseguenze di un incidente tremendo. Come una sorta di patto col Diavolo per avere modo e tempo di tornare in pista, vincere altri due Mondiali e poi avere tutto il resto della vita per pagare il conto, salato, a quelle ustioni ed a quei fumi respirati tra le fiamme. Scampato alla morte e tornato a vincere, con l'aura del cavaliere-eroe disegnata da quelle iconiche ustioni che non sembrarono mai turbarlo più di tanto, Lauda è stato molto più che un tre volte campione del Mondo.

Il primo 'Professore'

Se Fangio era stato "il campionissimo" e Jim Clark "il talento", Niki Lauda fu forse il primo pilota a plasmare se stesso come pilota di totale affidabilità tecnica e mentale, un 'professore' ante-litteram, titolo che poi sarebbe stato appannaggio di Alain Prost, mentre a lui sarebbe toccato 'il computer'. Il Niki Lauda della metà degli anni '70, che al volante della meravigliosa 312T entusiasmava le folle di tutto il mondo e i ferraristi in particolare, era né più né meno quello che sarebbe stato Michael Schumacher quasi trent'anni dopo: un punto di riferimento tecnico e umano in grado di guidare il resto della squadra alla vittoria. Con talento cristallino, ma anche con abnegazione e raziocinio fuori dal comune, con quella quadratura teutonica che forse, mischiata all'estro tipicamente italiano, è stata la ricetta perfetta. Una abnegazione data, anche in questo caso, da una curiosa dicotomia: Niki era di ottima famiglia, con nonno banchiere, ma non fu mai agevolato nella costruzione della propria carriera. Che anzi affrontò chiedendo soldi in prestito altrove. Passo dopo passo, pezzo dopo pezzo. Non poteva permettersi di sfasciare macchine, e imparò presto a vincere senza prendersi rischi potenzialmente dannosi.

Quel Mondiale fuori tempo massimo

Lauda fu protagonista a metà dei 70', vinse il titolo del '75, vide da vicino la morte ed entrò nella leggenda (anche cinematografica) col Mondiale '76 perso nei confronti di James Hunt, tornò subito campione del Mondo nel'77 e fu poi protagonista del clamoroso divorzio da Ferrari. Due caratteri troppo forti, quelli di Niki e del Drake, per restare insieme a lungo. Entrambi scorbutici e ambiziosi finirono per separarsi, ed il passaggio di Lauda alla Brabham-Alfa sembrò segnarne il declino. Con Niki lontano dal vertice e Ferrari a gustarsi il Mondiale del '79 firmato Jody Scheckter e le prime imprese di Gilles Villeneuve. Ma Niki non aveva ancora detto tutto: chiusa l'insipida esperienza con Ecclestone, accettò il ruolo di chioccia di Prost sulla velocissima McLaren del 1984, e finì per vincere il suo terzo Mondiale precedendo di mezzo punto il futuro Professore. Mezzo punto che, peraltro, fu il risultato del dimezzamento dei punti assegnati quell'anno a Montecarlo, quando la gara fu interrotta per pioggia mentre un ragazzino sconosciuto, Ayrton Senna su Toleman, stava andando a prendere ed insidiare il francese dopo aver staccato il manettino del turbo per guidare meglio. A proposito di leggende e incroci.

Ron Howard e 'Rush'

Pilota campione del Mondo, imprenditore, padrone di compagnie aeree, e persino consulente cinematografico. Per quel 'Rush' in cui Ron Howard ha voluto raccontare il mitico duello del '76 con James Hunt e l'incidente del Nurburgring. Un film piacevole e ben fatto anche grazie alla consulenza di Niki, sebbene tenda a stereotipare oltremodo i personaggi nella classica tradizione cinematografica americana. Vedendo quel film ci si fa l'idea che Lauda sia un automa e James Hunt un donnaiolo alcolizzato; in realtà era ovviamente tutto più sfumato, ed i rapporti fra i due furono molto più cordiali di quanto non appaia. Come dimostrano le immagini sui titoli di coda, immagini vere di Lauda e Hunt che ridono e si divertono sul muretto di un qualsiasi circuito di quel Mondiale.
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James Hunt scruta dall'abitacolo della sua Ferrari la McLaren di James Hunt

Credit Foto Eurosport

Mai banale

Lui che era stato definito 'computer', in realtà sapeva essere spiazzante come pochi, e comunque mai banale: "Tutti pensano che l'abilità di un pilota stia nella testa, nelle braccia e nel piede. Invece sta tutta nel sedere. Sì, il fondo schiena. E' lì che sento il comportamento della macchina". Così come per nulla banale è stata la sua presenza in F1 negli anni più recenti, nel ruolo di presidente onorario della Mercedes Mortorsport. Perché senza essere 'operativo' come un Toto Wolff o un Aldo Costa, ha saputo dare una direzione chiara alla squadra. E' nel suo periodo che la Mercedes è divenuta bulimica di successi in F1, ed è stato lui ad aprire le porte del team di Brackley a Lewis Hamilton. Cui ebbe a dire, al contrario di ciò che avrebbe fatto qualsiasi computer:
Tu come prima cosa devi divertirti, prendere la vita a piene mani, non pensare ai gran premi come ad una sofferenza. Preparati con gioia, sii rigoroso, ma poi fai quello che vuoi, a patto che quando ti presenti in pista tu sia nelle condizioni mentali ideali per non avere paura di nessuno.
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Niki Lauda, il campione leggendario che visse due volte

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