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Dal pressing di Valentino Rossi ai dubbi sui regolamenti, perché la Yamaha non vince più?

Stefano Dolci

Pubblicato 08/10/2018 alle 12:37 GMT+2

Mentre Marc Marquez si avvicina a vincere il terzo titolo consecutivo (a Motegi avrà il primo match point), la Yamaha per il 24esimo GP consecutivo non ha vinto. A Buriram la Yamaha è tornata sul podio mostrando segnali di ripresa ma Rossi non si accontenta e pretende cambiamenti radicali per uscire dalla crisi. Ma quali sono i mali che affliggono la M1?

Valentino Rossi, Silvano Galbusera, MotoGP, Eurosport

Credit Foto Eurosport

Era marzo 2016 e mi ero chiesto se sarebbe stato il mio ultimo contratto in MotoGP. Sono arrivato alla conclusione che voglio continuare a correre, a essere un pilota di MotoGP, perché è la cosa che mi fa sentire meglio, specialmente quando guido la mia M1 (Valentino Rossi, 15-03-2018)
Leggendo queste parole sembra sia passato un secolo, invece, sono trascorsi a malapena poco più di sei mesi: 15 GP in cui la Yamaha ha prolungato il suo sorprendente digiuno di successi che ha ormai valicato livelli record. Mai la casa di Iwata era rimasta a secco di vittorie per 24 gare consecutive.
Nemmeno negli anni più bui, quelli ad esempio pre-avvento di Valentino Rossi, un periodo in cui la HRC volava e la Yamaha sembrava aver imboccato un vicolo cieco fatto di mediocrità e risultati anonimi. Oggi la situazione è addirittura più intricata di allora, nonostante a Buriram la casa di Iwata un sussulto d’orgoglio lo abbia mostrato, piazzando tre moto nelle prime cinque posizioni (Vinales sul gradino più basso del podio, Rossi 4° e il ‘privato’ Zarco 5°) e se la sia giocata per oltre metà gara con Honda e Ducati.
Una rondine però non fa primavera, e Valentino nel post gara si è affrettato a spegnere i facili entusiasmi di addetti ai lavori e soprattutto ingegneri e dirigenti della Yamaha, spiegando come i problemi restano tali e tanti e non si può in alcuna maniera sottovalutarli…
A volte i nostri ingegneri sono contenti per un giro veloce nei test di Maverick (Vinales, ndr) pensano che vada tutto bene. Questo però significa accontentarsi, che è un modo di ragionare da perdenti. Se io facessi il loro lavoro, analizzerei i risultati della seconda parte di stagione un po’ più a fondo e non sarei felice per un giro veloce o una partenza in prima fila (intervista di Valentino Rossi post GP della Thailandia a GpOne.com)

Elettronica, gomme, motore: i mali che affliggono la Yamaha

Ma quali sono i problemi che impediscono alla Yamaha di essere competitiva e ottenere gli stessi risultati di un anno e mezzo fa? Per provare a dare una risposta, a tale quesito bisogna, sciogliere due nodi: le gomme e l’elettronica. Per anni la Yamaha è stata la moto più ‘dolce’ con gli pneumatici, da quando però la Michelin ha rimpiazzato la Bridgestone, la YZR-M1 si è rivelata la moto più scorbutica e più ostica a capire il comportamento di queste gomme. I pneumatici dell'azienda francese obbligano tutti i piloti a non stressare troppo le mescole per arrivare a fine gara con un grip sufficientemente alto per dare il tutto per tutto quando mancano poche tornate alla bandiera a scacchi. Purtroppo la Yamaha, sia nelle piste più favorevoli che in quelle storicamente meno amiche come Austin o Spielberg, ha sempre perso più velocemente il grip al posteriore rispetto alle sue rivali e questo influisce sia sulla frenata che sull’accelerazione.
Per risolvere questa pecca servirebbe un’elettronica che funzioni al meglio e controlli l’erogazione del motore, purtroppo però anche qui la Yamaha è un passo indietro rispetto alla concorrenza. Quando è stata introdotta la centralina unica Magneti Marelli due anni fa, la casa del Diapason si è un po’ adagiata sugli allori non assicurandosi i migliori specialisti sul mercato. Una leggerezza che Honda e Ducati non hanno commesso. Solo recentemente, soprattutto dopo il mea culpa davanti ai media e alla stampa del numero uno Kouji Tsuya a Spielberg, Yamaha ha scelto di inserire nell’organico ingegneri elettronici che possono invertire il trend. Il problema è che nel frattempo Honda e Ducati continuano il loro sviluppo e il gap invece che assottigliarsi rischia di allargarsi.
Come se non bastasse nell’ultimo mese, sul banco degli imputati, è salito anche comportamento del motore, troppo aggressivo a bassi regimi. Yamaha potrebbe aver sbagliato l’inerzia dell’albero motore, come successo a Honda nel 2016. Un problema di non poco conto e che non può essere risolto facilmente a causa del regolamento che impone ad ogni pilota, l’utilizzo di sette motori pre-sigillati a stagione, che non possono essere sviluppati nel corso dell’annata. Molti pensano che per risolvere alla radice questo problema, la casa del Diapason dovrebbe rivoluzionare il progetto del motore passando dal propulsore 4 cilindri in linea (un motore più largo e più corto) a un motore a cilindri a V (più lungo e più stretto) come quello che adottano Honda e Ducati. Lin Jarvis, Managing Director del team ufficiale Yamaha MotoGP, in un’intervista di qualche giorno fa alla Gazzetta dello Sport, ha escluso questa eventualità, spiegando che Yamaha continuerà ad avere un motore in linea e auspicando una riforma del regolamento che restringe lo sviluppo nel corso della stagione sportiva.
Il prossimo anno avremo di certo ancora un motore in linea. Non credo sia una tipologia superato, penso solo che per renderlo competitivo, servano modifiche e la possibilità di svilupparlo. A questo proposito troverei ragionevole l’allargamento delle concessioni. In principio il sistema delle concessioni è stata una buona regola, ma se nell’interesse comune tutte le squadre dovessero decidere in tal senso, per aumentare la competitività della griglia, noi saremmo favorevoli (Lin Jarvis, Gazzetta dello Sport)
Sul format e le riforme al regolamento però è difficile che la casa del Diapason trovi team disposti a spalleggiarla, di sicuro non Ducati.
Non vedo la necessità di cambiare un regolamento fatto anche per salvaguardare i costi. Bisogna credere nella propria forza, nella propria azienda, nei propri ingegneri. In Yamaha hanno tutte le capacità per fare bene… Quello che mi indispettisce è voler cambiare delle regole solo perché in quel momento sei in crisi. Bisogna spronare le proprie persone per ottenere il risultato. Chiedere di cambiare le regole nel momento in cui sei in crisi non mi sembra all’altezza della Yamaha (Davide Tardozzi, team manager Ducati)

La pazienza dei piloti ha un limite…

Come abbiamo provato a spiegare, il lavoro che gli ingegneri giapponesi della Yamaha sono chiamati a fare per tornare ad essere competitivi e protagonisti nel mondiale, impone scelte drastiche, soluzioni scomode ed investimenti imponenti. Valentino Rossi, ancor più di Vinales, non ha la minima intenzione di passare i prossimi due anni a fare il tester di una moto in perenne evoluzione ma in fin dei conti incapace di risolvere i propri difetti congeniti…
Per me, è importante sapere se Yamaha vuole vincere. Perché io corro per vincere (Valentino Rossi, motogp.com 21-08-2018)
Queste parole le ripeterà anche fra due settimane a Motegi, quando Marc Marquez avrà il primo match point per vincere il terzo titolo consecutivo, e tutti i capi Yamaha saranno nel paddock per sentire il pensiero del Dottore. Perché se è vero che Valentino non ha mai corso per arrivare secondo, non ha certo voglia di iniziare a gareggiare per fare numero a 40 anni suonati.
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