Mosca 1980, l'invasione dell'Afghanistan e il boicottaggio degli USA

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Aggiornato 16/05/2017 alle 23:55 GMT+2

Era il gennaio del 1980 e gli USA iniziavano a progettare la più clamorosa rappresaglia politica della storia olimpica, che si trasformerà nel boicottaggio dei Giochi di Mosca

Moscow 1980

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Il legame tra sport e politica negli ultimi decenni si è fatto sempre più stretto e nemmeno le Olimpiadi sono rimaste estranee da questo fenomeno; ad interessare a politici e governi non sono tanto i risultati sportivi, quanto invece l’impatto mediatico che questo evento ha sull’intero pianeta. Non sempre, in passato, è stato così - le prime edizioni furono meri eventi sportivi - ma con la diffusione dei mezzi di comunicazione di massa i Giochi Olimpici hanno assunto sempre maggior rilievo divenendo, in alcuni momenti storici, uno dei principali terreni di scontro fra le super potenze mondiali.
A sette mesi dall’inizio dei Giochi di Rio, mentre la Russia è finita nuovamente nell'occhio del ciclone per gravi questioni legate al doping, nel nostro viaggio nella storia olimpica di questa settimana vi raccontiamo di come prese vita uno dei più clamorosi e plateali eventi politici che coinvolsero un’Olimpiade. E torniamo proprio là, in quella terra che già quasi 40 anni fa visse un altro scandalo: era il gennaio del 1980, le Olimpiadi di Mosca erano alle porte, l’Unione Sovietica aveva appena invaso l’Afghanistan e gli Stati Uniti iniziavano a pensare a un boicottaggio di proporzioni planetarie.
Il 24 dicembre 1979 lʼUnione Sovietica entrava nel "suo Vietnam". Con lo scopo di sostenere la rivolta e la conseguente presa di potere del movimento socialista che aveva recentemente rovesciato il governo dell’Afghanistan, Mosca inviò lʼArmata Rossa ad invadere lo stato centro asiatico. Quella che sembrava dover essere, allʼinizio, unʼoperazione militare di facile compimento si trasformò, per i sovietici, in un decennio di logoranti combattimenti che ebbe termine, con una ritirata, soltanto nel febbraio del 1989.
Fin da subito gli Stati Uniti, che dopo la rivolta degli Ayathollah in Iran non poteva perdere un’altra pedina nello scacchiere mondiale, valutarono azioni di risposta e le imminenti Olimpiadi parvero l’obiettivo adatto da colpire. Già il 9 gennaio 1980, in un promemoria firmato dal direttore della CIA Stansfield Turner e diretto al Presidente Carter, venivano riassunti i punti fondamentali relativi alla preparazione dellʼOlimpiade da parte delle autorità sovietiche e si valutava lʼutilità o meno di una possibile azione di rappresaglia da parte degli statunitensi.
Ovviamente prima di muoversi ufficialmente gli Stati Uniti chiamarono a raccolta i loro alleati e i primi a rispondere positivamente furono i governi di Canada e Gran Bretagna. La posizione del governo britannico non coincise, però, con quella del suo Comitato Olimpico Nazionale il quale, in accordo con la posizione sostenuta dal CIO, secondo cui le Olimpiadi appartenevano al Comitato Olimpico e non alla nazione ospitante, optò per lʼinvio degli atleti britannici a Mosca. Una simile scelta, condivisa da molti altri paesi del blocco occidentale, tra cui l’Italia, scatenò in Gran Bretagna uno scontro politico ben superiore rispetto alle altre nazioni coinvolte, tantʼè vero che il Ministro degli Esteri britannico, Lord Peter Carington, dichiarò durante una conferenza stampa ufficiale che gli atleti che si fossero recati a Mosca per prendere parte alle competizioni avrebbero fatto gli interessi dellʼUnione Sovietica e sarebbero andati contro la stessa Gran Bretagna; aggiunse poi che un ipotetico successo delle Olimpiadi di Mosca avrebbe permesso allʼURSS di dimostrare che lʼopinione pubblica internazionale aveva ormai dimenticato la crisi in Afghanistan.
Da parte loro, una volta che il boicottaggio si trasformò da minaccia a realtà, i dirigenti sovietici si dovettero preoccupare di come giustificare di fronte alla popolazione l’assenza di alcuni fra gli atleti più forti sulla scena mondiale e non è un caso se, poche settimane dopo lʼinvasione dellʼAfghanistan, il direttore dellʼagenzia stampa sovietica Novosti, Vladimir Tulkunov, inviò al Comitato Centrale del partito comunista un promemoria intitolato “Alcuni aspetti della propaganda antisovietica connessi con le Olimpiadi del 1980 e raccomandazioni per una contro propaganda”.
Nonostante la motivazione delle proteste occidentali fosse stata resa nota in maniera ufficiale, in Unione Sovietica la crisi in Afghanistan non venne accostata, in nessun caso, allʼimminente Olimpiade e, al contrario, gli USA vennero accusati di aver strumentalizzato un evento come le Olimpiadi a fine politico.
Un ulteriore problema, che questa volta i dirigenti sovietici riuscirono a superare con una certa facilità, fu il pericolo del boicottaggio dei paesi del Terzo Mondo, che minacciavano di ripetere la protesta già messa in atto quattro anni prima a Montreal.
Anche questa volta la causa scatenante del risentimento di buona parte degli Stati africani nei confronti del Comitato Olimpico era la presenza, fra i ranghi di questʼultimo, del Sud Africa in regime di apartheid. Il Comitato Organizzatore di Mosca 1980, nella persona del Presidente Novikov, non tardò a dichiarare pubblicamente il proprio sostegno alla causa dei popoli di colore e assicurò lʼesclusione dello Stato africano dai Giochi.
A seguito della decisione statunitense e di altri paesi occidentali di non prendere parte alla competizione, lʼUnione Sovietica si venne a trovare nella posizione di doversi ad ogni costo assicurare lʼappoggio del Terzo Mondo. La presenza degli atleti africani era necessaria per rimpolpare le fin troppo esigue liste di partecipanti ad ogni gara e così il comitato organizzatore sovietico si sobbarcò buona parte delle spese di viaggio e di mantenimento di queste delegazioni.
Un ultimo accorgimento fu quello adottato per a cerimonia di apertura, in cui, contrariamente a quanto deciso in origine, le nazionali vennero fatte sfilare seguendo l'ordine alfabetico cirillico e non quello latino per evitare di far entrare per prima nello stadio Lenin la delegazione dell'Afghanistan.
A conclusione di tutti questi preparativi da una parte e dall'altra, il 19 luglio 1980 presero il via i Giochi della XXII Olimpiade. Gli Stati Uniti e con loro altri 59 paesi non presero parte alle competizioni (i Paesi aderenti al boicottaggio erano però 42, gli altri non parteciparono per diverse motivazioni), consolandosi con una sorta di olimpiade alternativa organizzata a Philadelphia, il Liberty Bell Classic, mentre molti Stati europei permisero agli atleti di partecipare, ma senza il vessillo nazionale e senza sfilare durante la cerimonia di apertura.
Nonostante l'evidente partenza ad handicap, i Giochi di Mosca non risultarono, per l'Unione Sovietica, un fiasco totale, soprattutto sotto l'aspetto economico. La città si dotò di nuove infrastrutture e migliorò il sistema dei trasporti, il tutto riuscendo, almeno di fronte ai suoi cittadini, a incolpare gli USA di tutto ciò che era successo. Gli Stati Uniti, cui da sei anni i dirigenti comunisti avevano riservato un posto in prima fila in quello che sarebbe dovuto essere il Soviet Show moscovita, rovinarono all'ultimo le uova nel paniere agli eterni nemici, mentre l'Europa salvò capra e cavoli evitando di inimicarsi troppo l'una o l'altra parte. Vinsero tutti o non vinse nessuno, questo è difficile stabilirlo, sta di fatto che, con le Olimpiadi a Los Angeles nel 1984, fu da subito chiaro a tutti che la partita non sarebbe finita lì, ma questa è un'altra storia..
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