Evgeny Donskoy che batte Roger Federer? Tutto regolare
Aggiornato 02/03/2017 alle 15:40 GMT+1
Il campione uscente dell'ultimo Australian Open che viene beffato dal numero 116 del mondo? Ecco perché la sconfitta di Federer non è così sorprendente ed ecco perché all'imprevedibilità dei risultati, in positivo o negativo, toccherà farci l'abitudine.
Mettiamo le cose in chiaro fin da subito: il titolo vuole essere una chiara provocazione. No, nessuno all’interno della nostra redazione è impazzito, e se il numero 116 del mondo se ne esce fuori in rimonta contro l’ultimo vincitore di una prova slam, seppur in un torneo considerato minore, di regolare – quanto meno in termini della notizia – c’è poco e niente.
Regolare vuole essere più che altro l’approccio alla sconfitta di Roger Federer, incappato in un pomeriggio no, falloso, distratto da luci, praticamente al rientro ufficiale post-bagordi australiani, alle prese con un avversario bravissimo a giocarsi tutte le sue carte e chi più ne ha più ne metta. Tutte scusanti valide, ma che non devono distrarci dalla più grossa realtà portata alla luce dall’impresa del classe ’90 russo: non illudersi.
Chi segue con costanza il circuito maschile durante tutto il corso dell’anno al di là delle prove slam, sa già dove stiamo andando a parare e probabilmente ci saluiterà dopo queste righe. Chi invece è meno assiduo e di Federer conversa l’aura di mito frescamente rivitalizzata dall’exploit aussie, allora farebbe meglio a seguirci.
Sostenere infatti che il successo australiano dello svizzero sia come per magia intervenuto a spazzar via oltre che la polvere della bacheca, anche i numeri scritti a inchiostro sulla carta d’identità, è operazione mentale che si discosta parecchio dalla realtà dei fatti.
Da questo punto di vista dunque sorprendono alcune parole lette qua e là tra ieri e oggi, come la reazione incredula di tanti tifosi convinti di essersi ripalesati di fronte a una terza – ma anche quarta, via – giovinezza dello svizzero.
No, non è così. Il Federer falloso, distratto e giustamente sconfitto da Donskoy in quel di Dubai è una versione che non deve sorprendere, e con cui bisognerà in un certo qual modo – per chi ancora non si fosse fatto l’abitudine – continuare a convivere. Un atleta a cui molto semplicemente non si può più chiedere continuità su tutti i fronti. Non ora. Non a 5 mesi e qualche giorno dalle 36 candeline.
Questa è la realtà odierna, questa è l’ottica su cui si basa la provocazione del ‘tutto regolare’; consapevoli che di fronte a uno con un talento del genere – e perché no con quel pizzico di fortuna giusta, come successo in gennaio a Melborune – in tanti potranno ancora divertirsi. Magari a partire già dal cemento americano. O perché no sugli amati prati verdi di giugno e luglio.
Con un solo credo ben stampato in testa però: non sorprendersi di nulla. Siano queste scintillinati vittorie o anonime sconfitte.
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