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Berrettini e l'umiltà di chiedere aiuto: 3 spunti dalla conferenza del tennista in vista del ritorno in campo a Phoenix

Matteo Zorzoli

Aggiornato 21/02/2024 alle 12:19 GMT+1

TENNIS - Martedì il tennista romano ha parlato alla stampa, tracciando la road map del suo ritorno in campo dopo 6 mesi di stop causa infortunio. Ecco tre spunti dalla chiacchierata con Berrettini tra ranking protetto, condizione e una lezione che travalica i confini dello sport

Opinion, Matteo Berrettini

Credit Foto Eurosport

Matteo Berrettini è pronto per tornare in campo. È questa la notizia più bella che regala il tennista romano in una conferenza zoom organizzata con la stampa, occasione per fare il punto sull'immediato futuro e guardarsi indietro, pensando ai sei mesi senza tennis "che lo hanno logorato mentalmente". Matteo è disteso, scherza e sorride, le sue parole nascondono un sentimento a metà tra sollievo e senso di responsabilità. La chiaccherata con l'ex n° 6 del mondo offre tanti spunti di riflessione, ne abbiamo individuati tre tra temi di campo e non.

1) Quando torna in campo Berrettini

Abbiamo una data: il 12 marzo. Si tratta del day 1 del Challenger 175 di Phoenix, il primo torneo a cui Matteo parteciperà dopo il lungo stop (la testa di serie n° 1, guardando l'entry list, sarà il n° 25 del mondo Struff). L'anno scorso Berrettini si era fermato ai quarti di finale perdendo contro Shevchenko. Tra meno di un mese la sua seconda vita tennistica partirà dall'Arizona cui seguirà il Masters 1000 di Miami dove l'anno scorso venne eliminato all'esordio. Niente Indian Wells, quindi, prima tappa nordamericana del calendario dove inizialmente si era iscritto al tabellone delle qualificazioni. Matteo ha confermato che tornerà a giocare con il ranking protetto, un'opzione prevista dal regolamento Atp che consente ai tennisti lontani dal circuito per almeno sei mesi di poter rientrare nei primi nove tornei con la media della classifica che hanno avuto durante i primi tre mesi dall'infortunio. Berrettini non gioca una partita ufficiale dal secondo turno degli US Open, datato 31 agosto. All'epoca era al gradino 36 della classifica mondiale. Il ranking protetto scatterà dal 1° marzo, giusto in tempo...
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2) Come sta The Hammer

L'infortunio alla caviglia a New York, conseguenza della caduta contro il francese Rinderknech, è stato l'inizio di un lungo calvario che sarebbe dovuto terminare in Australia a gennaio (esordio con Tsitsipas agli Australian Open), ma alcuni nuovi problemi fisici hanno stoppato ancora per un paio di mesi il rientro di Matteo. "L'unica priorità che mi ero dato era: non voglio tornare dall'Australia infortunato per poi dover star fermo di nuovo. Dall'infortunio agli US Open non mi sono allenato mai un mese intero e non volevo affrettare i tempi". Il romano è rientrato a Montecarlo e assieme al suo nuovo coach, l'ex braccio destro di Rafael Nadal, Francisco Roig, è ripartito da capo. Analizzando e cercando di porre rimedio anche "alla scoliosi che fin da bambino crea problemi di postura". La collaborazione con nuovo team e il countdown per il rientro stanno dando a Matteo nuovi stimoli, tanto che il tennista parla di obiettivi nel medio termine, ovvero partecipare agli Internazionali d'Italia al Foro Italico (appuntamento mancato per due anni consecutivi) e Wimbledon, "il torneo a cui sono più legato". Impossibile non citarlo dopo la storica finale del 2021 contro Djokovic che ha tenuto incollata l'Italia alla tv.

3) La lezione di Matteo

In questi mesi abbiamo avuto modo di conoscere meglio il Berrettini "uomo" (a partire dalla scelta di seguire dalla panchina la squadra di Coppa Davis sia a Bologna che a Malaga) e anche durante la conferenza organizzata da remoto Matteo non si nasconde: l'esilio forzato dal tennis ha minato la sua fiducia ("Ho dubitato di poter rientrare") e lo ha catapultato in una dimensione nuova, lontana anni luce dai successi e dalla frenesia del Tour ("Il momento più difficile è stato dopo lo US Open. Per la prima volta nella mia vita facevo fatica a fare fisioterapia, mettermi sul lettino. Era uno sforzo più grande di me. Mi trascinavo fuori di casa, ma mancavano proprio le energie mentali. Ho cercato di pormi le domande giuste anche insieme a Vincenzo, che allora era ancora il mio allenatore, e ci siamo resi conto che sia io che lui avevamo bisogno di stimoli diversi. C’era bisogno di un cambio di rotta: non è che non andasse bene, ma alcune volte nella vita bisogna sterzare di colpo. Paolo Maldini mi ha aiutato: abbiamo parlato di problemi e differenze tra sport individuali e di squadra. Mi ha fatto capire che ho ancora tanto da dare. Parlo anche con Alessio Sakara (arti marziali, ndr)". Matteo ha sfruttato il momento di difficoltà professionale e personale per resettare la sua vita, facendosi aiutare dalle persone che gli stanno vicino e da personalità del mondo dello sport come la leggenda del Milan o lo stesso Jannik Sinner ("Sta facendo cose pazzesche, ci scriviamo spesso. Il fatto di essere più uniti che mai dal punto di vista sportivo mi ha aiutato, essergli accanto in Davis mi ha fatto da molla. Sto cercando di prendere anche qualcosa da lui, dal suo approccio") mettendo l'umiltà davanti a tutto. Non vediamo l'ora di vederti in campo, Matteo.
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