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Il re è tornato: l'importanza di chiamarsi Roger Federer

Simone Eterno

Pubblicato 03/01/2017 alle 09:39 GMT+1

A sei mesi dall'ultima apparizione il ritorno in campo dello svizzero ha scaldato il cuore dei tifosi e scatenato la macchina informativa del tennis. L'ennesima risposta a una domanda ormai fin troppo retorica. La realtà però ci dice che dall'Australia, il Federer che dovrà rispondere al meccanismo delle classifiche, deve difendere un terzo dei punti guadagnati nel 2016...

Roger Federer acknowledges the crowd at the Hopman Cup

Credit Foto AFP

E’ riuscito a dare richiamo alla Hopman Cup e di per sé la cosa parla da sola. Il ritorno di Roger Federer ha scatenato ogni genere di attenzione di giornalismo e opinione pubblica mondiale, rispondendo indirettamente a una domanda che per molti resterà irrisolta e irrisolvibile, ma che se dovesse trasformarsi in “Chi è stato il più amato di sempre” non avrebbe alcun margine di discussione. Aveva fatto registrare numeri da ‘apertura vendite’ di un ultima tappa di una rockstar già in quel di Dubai, quando insieme a Pouille aveva deciso di mandare online un suo allenamento; aveva riempito il centrale per 4 palle con il team in quel di Perth; ha regalato un colpo d’occhio da finale slam per il ritorno in campo con Evans a sei mesi dall’ultima volta.
Più che le parole del ritorno in campo di Roger Federer parlano numeri e immagini, speranze e sogni. In questi giorni di attesa infatti è già stato raccontato tutto il possibile – noi l’abbiamo fatto qui – e dalla sua prima uscita dal punto di vista tecnico non c’è molto da dire. Vuoi perché l’Hopman Cup resta un’esibizione ITF che lascia il tempo che trova, vuoi perché il buon Daniel Evans non è esattamente il tipo di avversario su cui puoi tarare l’aspettativa che si porta appresso Roger Federer… uno che negli occhi della gente e nelle domande di qualche collega dovrebbe essere ancora lì pronto a dar filo da torcere in ogni torneo dello slam.
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Roger Federer-Daniel Evans: gli highlights del match

La prima di Federer ci ha invece raccontato poco e nulla. Una discreta vittoria, qualche soluzione delle sue, qualche gratuito più del previsto, un’imprevedibile precisione nella chiamata dell’occhio di falco e la certezza che il giovane e competitivo Alexander Zverev, domani, si dimostrerà certamente ostacolo più credibile per testare il reale stato di forma del fenomeno di Basilea.
Perché alla fine di tutto l’hype scaturito dal ritorno di un protagonista ‘bigger than the league’ – e questa definizione la prendiamo in prestito da un altro signore in grado di far registrare questo genere di fenomeni tellurici applicati allo sport – resta da capire se dentro quella league il buon Federer potrà ancora dire la sua. Secondo noi – come ci siamo espressi da queste pagine nei giorni scorsi – sì. Quel che è certo però è che dopo l’impatto emozionale bisognerà tornare ad avere che fare con la realtà… e questa dice che Roger in Australia dovrà difendere 720 punti – praticamente un terzo di tutti quelli ottenuti nel 2016 – e che da testa di serie numero 17 (ma potrebbe essere anche 18 o 19) si troverà di fronte la dura realtà dei fatti già al terzo turno degli Australian Open. In bocca al lupo a lui. E a chi dovrà vendere il tennis il giorno – fortunatamente ancora lontano – in cui lo svizzero si dedicherà sul serio solo a gemelle e gemelli.
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