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La mini guida alla stagione sul rosso: da Nadal al ritorno di Federer

Simone Eterno

Aggiornato 15/04/2019 alle 07:49 GMT+2

Sette nomi da tenere d'occhio per l'inizio della stagione (che conta) sulla terra battuta: da Nadal, uomo da battere al ritorno di Federer (che arriverà solo a Madrid). Ma anche giovani come Auger-Aliassime e Munar, specialisti come Thiem, attesi come Zverev e un italiano che un anno fa ha fatto sognare: Marco Cecchinato.

Rafael Nadal

Credit Foto Getty Images

Formalmente la stagione della terra rossa sarebbe già iniziata da tempo, con i tornei in Sudamerica nel mese di febbraio a fare da apripista per coloro i quali preferiscono le scivolate ai colpi di sbarramento dal fondo. Da sempre, però, il tennis che conta fa coincidere l’inizio della stagione sul rosso con il torneo di Monte Carlo, appuntamento dal fascino unico ed imperdibile, primo termometro per saggiare la condizione degli esperti della superficie.
In vista dell’imminente appuntamento nel Principato, abbiamo scelto 7 differenti categorie per andare a tastare 7 profili da tenere d’occhio da qui al Roland Garros. Dai grandi nomi di sempre ai prestigiosi ritorni, passando per specialisti, giovani, promesse e italiani. Una mini-guida all’inizio della stagione sulla terra battuta.

L'uomo da battere: Rafael Nadal

Che piaccia o no, quando si parla di terra rossa l’uomo da battere è sempre e comunque Rafael Nadal. Già troppo spesso in passato siamo infatti caduti nell’errore di valutazione spesso riassunto così “sì, certo, però ci sono da vedere le condizioni fisiche”. Poi Rafa si presentava, vinceva puntualmente il suo bel torneo di Monte Carlo, poi Barcellona, poi a turno uno tra Madrid e Roma fino a trionfare in quel di Parigi. Ecco, questo è stato il menù anche della scorsa stagione e di conseguenza non può non essere Rafa l’uomo da battere. Rafa ha giocato poco quest’anno. Si è presentato tra mille incognite in Australia, ma è poi arrivato in finale. Ha tentato l’approccio al cemento americano ma prima Kyrgios l’ha fatto “arrabbiare” e poi, dopo aver comunque raggiunto la semifinale a Indian Wells, ha preferito lasciare perdere. In totale fanno 14 partite, che comprendono però una finale slam e una semifinale Masters 1000. Tutto ciò lascia una chiave di lettura molto interessante: Nadal ha scelto di giocare poco, ma quando ha giocato – pur non essendo la sua superficie – tendenzialmente ha vinto. Quello di Rafa insomma, più che un reale problema, pare un saggio utilizzo di se stesso col contagocce. La sostanza però poi ci appare come quella di sempre: se perde, perde da uno dei soliti noti. E sulla terra rossa, di solito, questo non accade.
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Rafa Nadal si allena nella sua accademia di Manacor. Lo spagnolo ha mollato la stagione del cemento americano prima della semifinale di Indian Wells

Credit Foto Eurosport

Il più atteso: Roger Federer

Non ci sarà a Monte Carlo, così come nemmeno a Barcellona. Ma se questa è una preview della stagione del rosso, allora non può mancare Roger Federer. E’ lui l’uomo più atteso. Tornerà al Masters 1000 di Madrid – in altura, scelta non casuale, ovviamente – e lo farà 3 anni esatti dopo l’ultima volta (ottavi di finale degli Internazionali d’Italia 2016). Sarà divertente capire con quale spirito si approccerà alla cosa. Presumibilmente, quello del “giocare per divertirsi”, consapevole che ogni singola vittoria che verrà dal campo sarà tutto di guadagnato. Zero punti da difendere, Federer tornerà sulla terra rossa forte dei numeri del primo terzo di stagione: n°1 della Race (a Madrid non lo sarà più ovviamente, ma a oggi è così) e 2 tornei vinti su 3 giocati – nell’altro ha fatto finale – dalla sconfitta all’Australian Open in poi. Insomma Federer non sta bene, sta benissimo. Una ragione in più per poterne ammirare la scampagnata che si – e ci – concederà sulla terra rossa.
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L'ultima presenza ufficiale di Roger Federer sulla terra battuta: Internazionali d'Italia 2016. Nella foto saluta dopo essere stato sconfitto da Thiem

Credit Foto Eurosport

Il big: Alexander Zverev

I numeri parlano chiaro: la terra rossa è fin qui la superficie dove Zverev ha prodotto i migliori risultati. In uno slam non si è mai spinto oltre i quarti – al Roland Garros lo scorso anno – e il primo Masters 1000 della sua giovane carriera l’ha vinto proprio a Roma. Lo scorso anno ha chiuso con l’84% di vittorie (21-4) le sue partite sul rosso e in questa stagione è come al solito atteso al varco. Certo, l’avventura del 2019 sul rosso non è iniziata benissimo – ma ne parleremo poco più sotto – e ciò che si continua a chiedere al n°3 del mondo, sostanzialmente, è un discorso legato agli slam (e dunque nel nostro caso al Roland Garros). Però, dopo il non ottimale avvio di stagione – Acapulco esclusa – dove Zverev si è dovuto arrendere anche a qualche guaio fisico (su tutti una forma influenzale che l’ha messo ko a Indian Wells), intorno a lui ruota tanta curiosità. Dalle vicende extracampo legate anche alla causa con il manager ai risultati veri e propri, che dopo anni di crescita costante sono stati fin qui un po’ deludenti. Insomma, nel bene e nel male occhio a Zverev.
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Alexander Zverev insisme a Novak Djokovic nella premiazione degli Internazionali d'Italia 2017: primo Masters 1000 della carriera vinto dal tedesco

Credit Foto Getty Images

Lo specialista: Dominic Thiem

Quando si parla di terra rossa non si può non menzionare anche Dominic Thiem, che dopo una semifinale e una finale al Roland Garros negli ultimi 2 anni è chiaramente lo specialista – Nadal escluso – su cui vanno tutte le attenzioni. Thiem si approccia a questa parte di stagione forte del paradosso: ovvero il titolo più importante della carriera è arrivato quest’inverno a Indian Wells, in un cammino sorprendente nel quale è riuscito a mettere in riga anche Federer. Chissà che l’aiuto che abbiamo visto proprio a Indian Wells da parte di Nicolas Massu non possa sortire qualche effetto anche sulla terra rossa, dove Thiem è stato però forgiato dagli standard del santone Gunter Bresnik. Occhio chiaramente anche alla sua classifica perché il buon Domi difende tanti punti: quarti a Monte Carlo e Barcellona; finale a Madrid e Parigi; vittoria al torneo di Lione.
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Dominic Thiem posa con il trofeo vinto a Indian Wells lo scorso febbraio contro Federer. Lui, terraiolo, il primo 1000 della carriera l'ha vinto sul c

Credit Foto Getty Images

Il giovane: Felix Auger-Aliassime

Attesa, non attesa, ma alla fine gli organizzatori hanno dovuto dargli – giustamente – una wild-card. E così davvero non poteva non essere, specie dopo quanto accaduto durante l’inverno dall’Australian Open in poi. Il pubblico mainstream ha chiaramente imparato a conoscerlo soprattutto a Miami, dove si è spinto fino all’incredibile semifinale. I più attenti però già l’avevano visto proprio sulla terra, dove fu uno dei nomi ad uscire da quell’ecatombe di big che è stato quest’anno l’ATP 500 di Rio de Janeiro. E’ proprio da quella finale persa con Djere che è iniziata la corsa del ragazzino classe 2000 ma già numero 33 del mondo. Si presenta nel Principato per la prima volta, senza nulla da difendere e forte di un momento tennistico semplicemente strepitoso. Auger-Aliassime è in rampa di lancio e ha una statistica tanto impressionante quanto pesante da dover gestire: è il miglior 18enne degli ultimi 10 anni (a questo link lo studio specifico). Insomma, tra risultati recenti, capacità balistiche e manico particolarmente caldo, è il profilo più interessante tra i giovanotti.
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Djere e Auger-Aliassime nella premiazione dell'ATP 500 di Rio. La prima finale giocata dal giovane canadese classe 2000

Credit Foto Getty Images

Da tenere d'occhio: Jaume Munar

Maiorchino, come Rafael Nadal. E questa croce, purtroppo, il giovane Jaume, dovrà portarsela dietro ancora a lungo. No, non è il nuovo Rafa (un nuovo Rafa passerà forse tra due/trecento anni), ma è senza dubbio uno dei terraioli più promettenti della prestigiosa scuola spagnola. Ne sa qualcosa a proposito proprio Alexander Zverev, che a Munar si è arreso in quel di Marrakech. Già lo scorso anno al Roland Garros si fece vedere con due partite gagliarde: una vittoria 7-5 al quinto contro Ferrer e poi 3 set di livello – 7-5, 6-4, 6-4 – con Djokovic. Anche lui ha fatto vedere belle cose in Sudamerica – tre quarti di finale a Cordoba, Buenos Aires e Rio – e alla fine è già dentro i primi 60 del mondo. Classe 1997, non è certo un predestinato in stile Zverev o Auger-Aliassime, ma potrebbe essere un profilo interessante su queste superfici. Dategli un occhio. A Monte Carlo, giustamente, gli hanno subito concesso una wild-card. Ma il discorso anche in questo caso è più ampio: fino a luglio potreste sentirne parlare.

L'italiano: Marco Cecchinato

Poche storie, qui c’è un terraiolo coi fiocchi. Il numero di Parigi dello scorso anno è già nei libri di storia del tennis italiano, ma da lì in poi Marco ha giocato altri 4 tornei sul rosso, vincendone due: Umago la scorsa estate, Buenos Aires quest’inverno. L’attesa – e la pressione – è veramente tanta per un tennista che ha fatto fatica fuori da questa superficie, ma il cui gioco e timing sul rosso, nelle giornate buone, è problematico quasi per tutti. Ecco perché Cecchinato è il profilo italiano su cui si concentra la maggior attenzione. Replicare l’exploit dello scorso anno al Roland Garros sarà quasi impossibile, ma qualche buon risultato nei Masters 1000 che precedono Parigi, Cecchinato, ha tutte le carte in regola per ottenerlo.
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