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Roland Garros, pagelle 2023: da Djokovic e i suoi 23 titoli da record a Iga Swiatek, che sogna un futuro 'da Nadal'

Simone Eterno

Pubblicato 12/06/2023 alle 08:57 GMT+2

ROLAND GARROS 2023 - Il consueto pagellone di fine torneo, edizione 2023, ritorna nella formula da 10 a 0. Da Djokovic alla Swiatek, da Ruud alla Sabalenka passando per Mirra Andreeva, Jannik Sinner, il pubblico di Parigi e non solo...

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Dal record di Novak Djokovic di 23 titoli dello slam, che si porta via tutti gli aggettivi del caso a Iga Swiatek, campionessa al femminile che sogna un futuro ‘da Nadal’ a Parigi. Ma anche Muchova, Ruud, Sinner, il pubblico del Roland Garros e non solo, con il consueto countdown da 10 a 0. Le pagelle - o meglio, il pagellone - di fine torneo.

Voto 10 e lode. Novak Djokovic

Per le 23esima volta, il più forte. Nessuno come lui. Potremmo già fermarci qui, anche perché è stato detto tutto e non si può davvero più aggiungere nulla sulla grandezza di Novak Djokovic: ha fatto e sta facendo la storia del tennis. A questo Roland Garros si presentava con zero certezze, con il minor numero di partite in carriera vinte sul rosso – 5 – e con una serie di ragazzini teoricamente agguerritissimi. Il più forte tra questi, è stato cucinato a fuoco lento e ridotto in crampi dopo 2 ore e mezza. Gli altri si sono via-via autoeliminati. Due slam stagionali, due vittorie di Nole. E si riparte con una seconda parte in cui la narrazione sarà la stessa del 2021, anche perché ritoccato ogni record non resta davvero che il sogno Grande Slam.
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Voto 10. Iga Swiatek

Anche qui ha vinto la più forte, anche se la giovane Iga ha forse scoperto in questo Roland Garros di avere un po’ meno margine di quanto pensasse. La polacca comunque ha dimostrato di avere la testa oltre al tennis, portandosi via due partite improvvisamente serissime dopo che la navigazione fino alla semifinale era stata come quella che si fa al torneo sociale. Il dato più impressionante comunque resta questo: 5 partecipazioni, 3 titoli. L’inizio insomma è nadaliano. Vediamo cosa dirà il futuro.
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Voto 9. Karolina Muchova

Con i ‘se’ e con in ‘ma’ nello sport – così come nella vita – non si va da nessuna parte. Ma se Karolina Muchova non avesse conosciuto infiniti guai fisici, sarebbe stata una giocatrice di cui avreste sentito parlare più spesso. Le sue partite di semifinale contro Sabalenka prima, e di finale con Swiatek poi, hanno regalato al tabellone femminile ultimi giorni di torneo extra lusso. Uno spot per la racchetta in rosa e, nel caso della Muchova in particolare, per la varietà nel tennis femminile. Perché si può anche prendere in considerazione l’idea che il tennis non è la boxe, non è solo ‘picchiare’.
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Voto 8. Casper Ruud

Ci sono giocatori più forti di Ruud e c’erano giocatori più accreditati del norvegese anche in questo torneo. Eppure, dall’inizio dell’anno scorso, Ruud è quello che tra le nuove leve e non solo ha giocato più finali slam: tre delle ultime cinque. Dimostrazione che qui c’è costanza, c’è lavoro, c’è serietà. In termini massimi troverete probabilmente sempre un giocatore “teoricamente migliore” del norvegese a inizio dei tornei che contano, ma da un anno e mezzo a questa parte questo ragazzo sta facendo cose importanti. E viene sempre poco considerato. Bravo a regolare Rune. Bravissimo per un set a stuzzicare la leggenda Djokovic. Di più, non poteva.
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Voto 7. Mirra Andreeva

Come la cifra finale del suo anno di nascita, 2007. Questa ragazzina è da un anno che con coetanee o quasi non perde partite, piallando tutto e tutte su ogni superficie e a ogni latitudine. Il recente salto nel tennis di quelle ‘sopra’ non solo è stato indolore, ma anche vincente. Ha perso solo dalla Gauff, che teenager è solo per carta d’identità essendo ormai nel circuito da una vita. Tra un anno quella partita la vince. Tra un anno di Andreeva parleremo di una destinata a giocarsi il titolo. Volte scommettere?
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Voto 6. Holger Rune

Crollato, a metà tra fisico e testa, quando sembrava pronto a fare il passo. La partita di Roma come Ruud prometteva altro per Rune, che specialmente dopo le uscite premature di Medvedev e Sinner aveva una sorta di percorso che ‘doveva rispettare’. Se non altro per quanto fatto vedere a Monte Carlo e Roma. E invece Parigi ci ha detto che il danesino è ancora un po’ acerbo, messo sotto, quando contava di più, di nuovo, da un Casper Ruud di cui gli elogi sono già stati fatti.
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Voto 5. Aryna Sabalenka

Si può considerare insufficiente una semifinalista che perdere una battaglia di oltre 3 ore con un match point a favore? Sì, si può. Si può se quella partita termina con 20 punti su 24 totali della tua avversaria dal 2-5, servizio Muchova e 0-30. La Sabalenka si è sciolta alla vista del traguardo, dimostrando sì di aver risolto tanti problemi, ma non tutti. Ed è un peccato. Perché la finale con Swiatek dopo Stoccarda e Madrid sarebbe stato un terzo atto tutto da vivere.
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Voto 4. Jannik Sinner

Agli italiani abbiamo dedicato un apposito pagellone, ma Jannik Sinner entra anche qui. Lo fa perché la sua caduta è stata troppo rumorosa, il suo torneo troppo deludente per quelle che erano aspettative non campate in area dalla solita schizofrenia dell’opinione pubblica italiana, ma da quanto Jannik aveva effettivamente fatto in stagione. E invece è bastata la giornata di gloria di Altmaier, uno che al turno dopo ha fatto 8 game in tutto con Dimitrov. Se l’ambizione è quella di vincere, queste giornate ‘di grazia’ degli altri vanno gestite. O almeno così hanno fatto tutti i campioni dell’epoca recente.
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Credit Foto Getty Images

Voto 3. Daniil Medvedev

Si consoli Sinner, c’è chi ha fatto peggio. Daniil Medvedev, ad esempio. Il russo sembrava essere guarito dalla sua allergia alla terra, superficie in cui “faccio giocare il cane”, per citare più o meno le sue parole di un paio di anni fa agli Internazionali. Ecco, a Parigi ci arrivava da campione proprio a Roma, provando a farci credere che qualcosa fosse cambiato. Mica troppo, invece. Passivo, ‘otto metri’ dietro la linea di fondo e in attesa che Seyboth-Wild sbagliasse qualcosa. No Daniil, questo è mambo. Un passo avanti e due indietro.
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Voto 2. Caroline Garcia

A proposito di sindromi, ognuno ha la sua. La ‘francesite’, in questo caso. Ovvero quel morbo che da 40 anni nel maschile e dal 1967 nel femminile (Francoise Durr; a meno che non vogliate considerare ‘francese’ il successo di Mary Pierce nel 2000) impedisce ai transalpini di portarsi via il torneo di casa. Stanno aspettando un Godot che anche quest’anno non è arrivato. Non che Carolina Garcia, nonostante fosse testa di serie n°5, arrivasse con particolari favori del pronostico. Ma ecco, da lì a uscire al secondo turno con Blinkova, ce ne passa. Chissà se prima o poi troveranno un vaccino.
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Voto 1. Al pubblico

...Che, per dirla con un francesismo, non ha capito un caiser. Per tutto il torneo. Fischiando cose a caso, gente a caso, situazioni a caso. Hanno trovato il modo di fischiare anche su una situazioni di crampi, dimostrando, appunto, di non aver capito nulla e di non conoscere le regole. L’importante era fischiare. Uno chiede la verifica di un segno? Giù fischi. Uno si ferma per un medical? Giù fischi. Una decide che non è il caso di darsi la mano mentre due paesi si tirano bombe? Giù fischi. Non pensavo sarei arrivato a tanto, ma eccomi qui: li preferivo quando ci fracassavano gli attributi con il “po po po poropopopooo” dei moschettieri. Ecco, l’ho detto.
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Voto 0. Ai colleghi con la fissa della politica

Peggio solo del pubblico, la mia categoria. O meglio. La mia categoria dei ‘trombati’, di quelli ritrovatosi a fare sport perché i desk sulla politica erano tutti occupati. Evidentemente, viste le domande, vien da pensare da colleghi più bravi. Perché va bene, domandare è sempre legittimo. Ma una volta ottenuta la risposta, ce ne si può fare una ragione. E invece no, perché lo ‘scooppone’ dell’atleta bielorussa che non sta con il suo governo era troppo ghiotto, troppo invitante. E così, l’intrattenimento di alcuni durante le due settimane è stato creare il caso ‘Sabalenka’, ossia farle riuscire a dire che la guerra è brutta – ma va – e che dunque non supporta più Lukashenko. Missione compiuta alla penultima conferenza, dopo un paio di buchi della stessa Sabalenka, che esausta è crollata dicendo ciò che si volevano sentir dire. Finita lì, direte voi? Macché. Ultimo giro, Aryna Sabalenka post sconfitta Muchova. Domanda: “Dato quello che hai detto ieri, hai paura a tornare a casa?”. Risposta: “Basta, vi prego, almeno oggi. Avete tutte le mie posizioni. Basta politica. Faccio la tennista”. Dategli/le il Pulitzer dai, se l’è meritato...
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