Sport popolari
Tutti gli sport
Mostra tutto

Wawrinka e il suo rovescio: unico, inimitabile

Simone Eterno

Aggiornato 28/03/2020 alle 11:56 GMT+1

Considerato uno dei colpi più eleganti nel mondo del tennis, il rovescio a una mano è ormai il marchio di fabbrica di Stan Wawrinka. Ma si tratta di un colpo in via d'estinzione?

Stan Wawrinka, le prince du revers.

Credit Foto Eurosport

Quali memorie conserviamo di un campione quando questo decide di ritirarsi dalla scena tennistica? Un momento specifico? I suoi numeri e i suoi record? Un comportamento ricorrente? Un tratto del suo carattere? Quando Stan Wawrinka deciderà di appendere la racchetta al chiodo verrà probabilmente ricordato come un vero campione arrivato sulla scena dei grandi ad età avanzata, ma certamente in grado ai suoi picchi migliori di mettere in fila i più grandi di sempre. E a 35 anni, con tre titoli slam su quattro finali giocate e in tre continenti differenti, questo potrebbe essere di per sé un bel biglietto da visita da conservare per la memoria.
Quel che senza dubbio però assoceremo al suo personaggio, al di là di questo pregevolissimo palmares, sarà probabilmente il ricordo di un gesto. Un colpo fulminante. Una saetta. Il suo incredibile rovescio a una mano. “Se ci fosse una scuola tennis solo per il rovescio, credo sarebbe lui il modello” ha recentemente dichiarato Yannick Fattebert, uno degli attuali coach dello svizzero.

Il rovescio di Wawrinka, descrizione di un'arma micidiale

Un gesto, un colpo che fanno di Wawrinka un giocatore unico poiché rappresentante di una specie in via d’estinzione. Il rovescio dello svizzero rappresenta infatti un connubio tra l’esecuzione purissima di un gesto tecnicamente perfetto e la potenza, spesso difficilmente applicabile a un colpo del genere nel complicato panorama del tennis iper-muscolare contemporaneo. Caratteristiche che hanno reso lo svizzero il rappresentante di un giocatore a suo modo unico della specie, e difensore di un colpo la cui bellezza artistica è universalmente riconosciuta. Nonostante la soggettività estetica del concetto di bellezza, infatti, la domanda è molto semplice: conoscete qualcuno in grado di estasiarsi davanti all’esecuzione, seppur la più perfetta, di un rovescio a due mani?
Tutto ciò però si sta lentamente estinguendo in un processo inesorabile che da 4 decenni prosegue ininterrotto, e che ci sta portando a pensare che il rovescio a una mano sia seriamente un colpo destinato all’estinzione.
picture

Wawrinka, rovescio spettacolare ed esultanza: ancora una volta il suo marchio di fabbrica è vincente


La setta dei poeti estinti (NOTA BENE: studio effettuato il 31 dicembre 2016)

E a parlare, da questo punto di vista, ci sono gli impietosi numeri. Dei primi 100 giocatori del mondo, 82 di questi giocano il rovescio a 2 mani e solo 18 utilizzano una mano. Più o meno la stessa proporzione dei primi 50 al mondo, dove i colpitori a una mano scendono a 12.
picture

Solo 10 dei migliori 50 giocatori del mondo (a fine 2016) giocano il rovescio a una mano

Credit Foto Eurosport

Una statistica leggermente più elevata se si prende in considerazione la Top 20: Wawrinka (4), Thiem (8), Federer (16), Dimitrov (17) e Richard Gasquet (18). Non a caso quei giocatori considerati dal pubblico più “stilosi” degli altri e spesso, sempre stando alle parole generali del pubblico, garanzia di eleganza. Ma altrettanto spesso profili – Wawrinka escluso – che tendono a essere puniti alla lunga su uno scambio di potenza o su traiettorie particolarmente insidiose, come ci ha raccontato nella storia, ad esempio, l’impietoso head-to-head tra il maestro Roger Federer e il suo più grande rivale Rafael Nadal.
picture

Da Wawrinka a Federer, i maestri del rovescio

Credit Foto Eurosport

Eppure la scarsa proporzione attuale di giocatori inclini a proporre il rovescio a una mano è frutto di un processo di rivoluzioni iniziato soltanto a metà degli anni ’70. Prima infatti era praticamente impossibile trovare giocatori che si esprimessero sul rovescio con due mani. La prima comparsa di ciò che oggi è comune risale infatti agli anni ’30, quando l’australiano Vivian McGrath si presentò a soli 17 anni come un marziano del tennis, un essere proveniente da un altro pianeta: era il 1933, erano le semifinali dell’Australian Open e il suo gesto così poco familiare alla disciplina divenne ancor più famoso quando nel 1937 McGrath riuscì poi effettivamente a sollevare il titolo di campione.
Il suo gesto – insieme al suo successo – diede ovviamente il la a qualche forma di imitazione ed emulazione e il suo compatriota John Bromwich fu il secondo ad adottare il rovescio a due mani. Questi due australiani furono i pionieri. Poi, appunto, arrivarono gli anni ’70.

1974, l'anno della rivoluzione

Non un processo immediato dunque, ma il frutto di altri quattro decenni di storia del tennis che culminarono nel 1974, l’anno della rivoluzione. Il 22enne Jimmy Connors si impose praticamente ovunque e il 18enne Bjorn Borg completò il giro degli slam in quel del Roland Garros.
picture

Il rovescio bimane di Bjorn Borg

Credit Foto AFP

Insieme, Connors e Borg, portarono il tennis dentro una nuova era. Un’epoca fatta di una potenza che si faceva via-via sempre più crescente e che, attraverso questa, si esprimeva anche nel rovescio a due mani. Prima di loro, i 106 tornei dello slam erano stati vinti da uomini col rovescio a una mano (ad eccezione appunto dei pionieri australiani sopra citati).
Il 1974 però è anche l’anno della definitiva esplosione di Chris Evert, vincitrice dei suoi primi due titoli dello slam grazie al prestigioso double Roland Garros/Wimbledon. Il rovescio? Bimane naturalmente.
Passaggi e personaggi fondamentali per la storia del tennis poiché veri spartiacque di una disciplina che da lì in poi sarebbe cambiata, diventando un sport di massa e portando attraverso le loro figure e i loro successi un’influenza unica. Rovescio a due mani, naturalmente, compreso con questa.
Uno nuovo standard era ormai agli inizi e a provare questa definitiva rottura e passaggio dei tempi ci sono nuovamente i numeri e le statistiche. Dalla creazione della classifica ATP nel 1973, si sono succeduti 26 diversi giocatori in grado di occupare la posizione di numero 1 al mondo. Tra il 1973 e il 1996, dei 13 differenti numeri 1 al mondo, ben otto potevano vantare ancora il rovescio a una mano. Nei successivi 20 anni e per arrivare ai nostri giorni, degli altri 13 numeri 1 che si sono succeduti… beh, solo 3 vantavano/vantano questa caratteristica: Rafter (che fra l’altro è stato numero 1 una sola settimana!), Kuerten e Federer.
picture

Numeri 1 a confronto: rovescio a una mano o bimane?

Credit Foto Eurosport

Nel 1987, Jack Kramer, vincitore di 4 tornei dello slam negli anni ’40, suonò il primo allarme alla base di questa standardizzazione. “I giovani stanno crescendo con pessimi fondamentali – disse Kramer in un’intervista a Le Monde – è la sindrome da Evert e Borg, ma quello che ha funzionato per Borg ed Evert non significa che possa funzionare per tutti, anzi potrebbe non funzionare per il 90% dei bambini”.
Chiaramente il rovescio a due mani è un gesto di più semplice esecuzione. Il rovescio, a differenza del dritto, è un colpo molto meno naturale. E così, l’aiuto della seconda mano rende l’esecuzione più semplice grazie all’utilizzo dell’altro braccio per sopperire al deficit di potenza, permettendo all’altezza delle spalle soprattutto una più facile gestione complessiva del movimento. Per bambini o tennisti alle prime armi, dunque, ancora di più, per il semplice motivo dettato da una sensazione immediata di maggior velocità, maggior potenza e maggior controllo. Per sua stessa ammissione, uno come Federer ad esempio, aveva in passato dichiarato che insegnerebbe ai suoi figli il rovescio a due mani.
Al contrario il rovescio a una mano perde inevitabilmente di potenza (non se ti chiami Wawrinka) ma in generale offre maggiori potenzialità dovute essenzialmente alla possibilità di variazione del colpo. Ovviamente oggi è una scelta coraggiosa e non è di facile applicabilità per tutti (ci vuole più coordinazione e più predisposizione naturale). Le parole di Martina Navratilova a proposito sono emblematiche:
Insegnerei ai bambini il rovescio a due mani, eccetto per lo slice e la volée. Per giocare sempre il rovescio a una mano devi essere un genio.

Pete Sampras: "Fu una decisione difficile, ma non l’ho mai rimpianta"

Alain Solvès, tecnico della federazione francese di tennis e uomo in carica del programma “Avenir National”, qualche tempo fa a We Love Tennis si espresse così: “Negli uomini più vai in alto e meno rovesci a una mano vedi. Se sviluppiamo il rovescio a una mano sviluppiamo una debolezza, perché in qualche modo al massimo livello di potenza il giocatore sarà spesso costretto a ricorrere al chop”.
Eppure c’è stato qualcuno nella storia in grado di andare contro a ciò che stava cambiando. Uno dei passaggi più celebri dal rovescio bimane al rovescio a una mano fu quello di Pete Sampras. All’età di 14 anni su consiglio dell’allora suo mentore Peter Fischer, colui che sarebbe poi divenuto sette volte vincitore di Wimbledon abbandonò il suo rovescio in stile Borg per approcciarsi al mondo del rovescio a una mano. Una scelta inizialmente molto difficile e dolorosa… ma che solo sul lungo periodo si rivelò vincente. Sampras a questo riguardo si espresse così:
"Per i primi due o tre anni persi un sacco di partite. Il mio principale rivale era Michael Chang ed ero solito batterlo, ma quando ho abbandonato il mio rovescio bimane ha iniziato a dominarmi. A 18 anni però sono diventato più forte fisicamente e il mio rovescio a una mano iniziò a diventare un’arma incredibile. Fu una decisione difficile, ma non l’ho mai rimpianta!”
picture

Il rovescio di Pete Sampras

Credit Foto Imago

Un passaggio raro ma comunque non nuovo nel mondo del tennis. Prima di Sampras, ad esempio, ci fu Stefan Edberg in età adolescianzale. O così anche il più recente caso di Dominic Thiem, come dichiarato di recente dal suo coach Gunther Bresnik.
"Il suo atteggiamento, la sua personalità, il suo gioco, tutto era estremamente sulla difensiva – ha confessato di recente Bresnik al Wall Street Journal – e il rovescio a due mani non l’avrebbe portato da nessuna parte”. Come per Sampras però, il passaggio alla nuova tecnica non è stato certo dei più soft: “Credo di non aver vinto partite per un anno/un anno e mezzo”, ha confessato di recente Thiem.
Ma come per gli illustri predecessori, anche il purissimo gesto di Wawrinka, in pochi lo sanno, non nasce spontaneo e naturale. Bisogna tornare a metà anni ’90 quando coach Dimitri Zavialoff (che di fatto rimase allenatore dello svizzero fino a metà 2010 portandolo fino al numero 9 del mondo) intervenì sul movimento di Stan: "A 11 anni Stan colpiva a due mani ma non era per nulla naturale né con la destra né con la sinistra, pareva un movimento forzato. Così mi sono detto: proviamo con una mano, vediamo come va. Dopo qualche colpo pareva già aver dimenticato l’aiuto del braccio sinistro e all’età di 12 anni era già un movimento completo".
E questa poi alla fine, come in tutte le arti, è la parte più importante. La spontaneità, la naturalezza del gesto. Una sorta di questione innata, di dna tennistico: o ce l’hai o non ce l’hai. Poco altro da aggiungere. Dimitri Zavialoff, di nuovo, a questo riguardo ha aggiunto: “Aveva un’attitudine naturale verso il rovescio. Come posizionarsi, quale distanza scegliere dalla palla al momento di colpire, un vero colpo d’occhio. Alla sua età i pari livello cercavano spesso il rovescio degli avversari, ma con Stan a un certo punto divenne impossibile perché sapeva lavorare bene su ogni tipo di pallina e iniziava a spingere i suoi avversari fuori dal campo. Capimmo di avere di fronte qualcosa di davvero speciale”.
picture

Stan Wawrinka nel 2002

Credit Foto Imago


Terminator e Mozart

Eppure di strada il colpo letale di Wawrinka ne ha fatta parecchia. Chi lo vedette trionfare nel 2003 al Roland Garros Juniores ancora oggi racconta di come la sua arma facesse già paura all’epoca. In tanti anni di attività agonistica però il rovescio di Wawrinka si è evoluto, migliorando sotto tantissimi aspetti. Così come ci spiega coach Mouratoglou: “Tecnicamente il suo rovescio è molto stabile fin da quando era junior, ma negli anni Wawrinka ha migliorato tantissimo il lavoro sullo slice”. Un concetto a cui si uniscono anche Dimitri Zavialoff e Yannick Fattebert. “A livello juniores – racconta il suo primo coach – era già molto forte e molto potente, con un movimento ampio che andava da spalla a spalla e che lasciava partire la pallina come vedete ancora oggi. Quello che mancava era però la regolarità, la capacità di dare costanza e di saper anche contenere tutta quella potenza. Insomma, sbagliava spesso...”
"Il suo rovescio è sempre stata la sua arma principale, ma nel corso del tempo – aggiunge ancora Fattebert – si sono aggiunte anche altre qualità. L’utilizzo dello slice, l’utilizzo degli incrociati per mandare gli avversari fuori dal campo, la capacità di lavorare le palle basse... Tutte queste piccole metamorfosi del rovescio di Stan hanno portato benefici anche al resto del gioco, poi il suo progresso dal punto di vista fisico ha fatto il resto”.
Ancora Mouratoglou chiude il concetto: “Oggi, il rovescio di Stan è unanimamente riconosciuto come il punto di riferimento all’interno del mondo del tennis. I motivi sono molto semplici. Primo perché è diverso da tutti gli altri rovesci a una mano; secondo perché è sul serio un punto di forza – cosa che non possiamo dire di Federer, Dimitrov o Thiem - L’unico altro giocatore che ha in quel colpo una qualità a suo favore è probabilmente solo Gasquet”.
picture

Stan "Terminator" Wawrinka

Credit Foto Eurosport

Il rovescio di Wawrinka però non è solo estetica. Chi ha avuto la fortuna di vedere lo svizzero dal vivo, potrà confermarvi che il suo impatto produce un’esperienza unica anche dal punto di vista sonoro. Quello del rovescio di Wawrinka infatti è un botto secco, un colpo ‘alla Terminator’. Per Gasquet bisognerebbe invece parlare di un giro di musica alla Mozart. Questione di gusti, in questo caso… ma se si parla di risultati applicati al tennis moderno, beh, allora, bisogna ammettere che il colpo ‘alla Terminator’, per sua intrinseca definizione, è molto più efficace della sinfonia del buon Amadeus.

Thiem e Dimitrov, gli eredi?

Praticamente vicino alla perfezione dal punto di vista del compromesso tecnico tra controllo e potenza, per John McEnroe il rovescio di Wawrinka è da considerarsi come il “migliore di tutti i tempi”. Un giudizio soggettivo, ovviamente, ma che lascia intendere come il suo gesto tecnico sia destinato a sopravvivere persino ai suoi stessi successi ottenuti sul campo. Ormai giunto a 35 anni però – e con tutti gli altri interpreti di quella scuola anch’essi tra ‘enta e 'anta (Federer, Gasquet, Cuevas, Lopez…) il rovescio a una mano sembra per tutte le questioni tecniche esaminate destinato a scomparire. Un frutto della pura analisi dei numeri a cui però non crede Patrick Mouratoglou: “Il tennis è anche una questione di mode e credo che il rovescio a una mano non sia destinato all’estinzione. Certo, sarà per questioni fisiche sempre meno utilizzato rispetto a quello bimane, ma credo che un 20% di giocatori della Top 10 continueranno ad utilizzarlo. Se poi Thiem e Dimitrov sapranno vincere e fare scuola, allora sarà ancora più facile”.
Aspettando il momento di Thiem e Dimitrov, il presente è targato Wawrinka: con 3 titoli dello Slam nell'era dei Big Four, Stan ha superato ogni aspettativa e per questo deve ringraziare il suo fantastico rovescio a una mano; un colpo di cui è diventato, più di ogni altro, un paladino, un esempio, un salvatore.
picture

Tutto Stan Wawrinka in un colpo: passante di rovescio in corsa, è la resa di Dimitrov

Più di 3 milioni di utenti stanno già utilizzando l'app
Resta sempre aggiornato con le ultime notizie, risultati ed eventi live
Scaricala
Contenuti correlati
Condividi questo articolo
Pubblicità
Pubblicità