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Maratona epica: vince Djokovic al quinto!

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DaEurosport

Aggiornato 05/07/2013 alle 19:49 GMT+2

Il serbo riesce ad avere la meglio su Del Potro solo al 5° set dopo quasi 5 ore di match (la più lunga semifinale a Wimbledon nell'era Open). Questo il punteggio che vale a Djokovic la finale di domentica: 7-5, 4-6, 7-6, 6-7, 6-3

Novak Djokovic

Credit Foto Reuters

Finisce con un rovescio lungolinea, dopo 4 ore e 43 minuti, la maratona che vede Novak Djokovic tornare in finale a Wimbledon dopo il 2011. Emblematico che quel colpo, autentico marchio di fabbrica del serbo che a lungo invece l'ha tradito oggi, torni a funzionare proprio nel momento degli applausi, come una riconciliazione con se stesso e con l'obiettivo nuovamente raggiunto.
Applausi, appunto. Uno rumoroso battere di mani che il numero 1 della classifica ATP deve condividere in egual misura con un Juan Martin Del Potro strepitoso per tennis e generosità. Con l’incognita di un ginocchio ballerino, il gigante di Tandil, a distanza di un anno dall’epica semifinale olimpica che lo vide sconfitto da un incredibile Roger Federer, regala al pubblico di Wimbledon un’altra meravigliosa prestazione. Anche stavolta, però, Del Potro deve inchinarsi sul più bello a una condizione antropologica cui può far ben poco: con i suoi 198cm e 97kg da portare in giro sul palcoscenico dell’All England Club, appare piuttosto evidente come dalle battaglie al quinto set possa uscire quasi sempre sconfitto (6 vinte 9 perse in carriera, numeri“strani” per un top10). E questo nonostante l’inerzia psicologica positiva per un tie-break del quarto set vinto annullando 2 match point consecutivi all’avversario.
Insomma, pur mettendoci più cuore e, per larghissimi tratti, giocando meglio di Djokovic, alla fine Del Potro esce sconfitto. I meriti del serbo però, ancora una volta, sono sotto gli occhi di tutti. Djokovic tanto per cambiare non molla un quindici anche in una giornata in cui il suo tennis – e i suoi colpi principali – sono ben lontani dal settaggio migliore. C’è una statistica – o meglio, un fondamentale – che è però venuto in soccorso al serbo: la prima di servizio.
Sì perché con circa l’80% di prime messe in campo anche nel quinto e devastante (fisicamente) set, Djokovic è riuscito a portare a casa un’infinita di prime vincenti e aces che, nei momenti di maggiore difficoltà – il floscio ed irriconoscibile primo set, così come lo spento terzo – gli hanno permesso di gestire un avversario assolutamente desideroso di regalarsi il ritorno in una finale di uno slam a distanza di 4 anni.
Era infatti da quella finale dello US Open 2009 – semifinale olimpica dello scorso anno esclusa – che non si vedeva un Del Potro così. L’argentino è stato straordinario soprattutto nel quarto set quando, sotto di un break nel settimo gioco, ha tirato fuori il suo miglior game nell’immeditato gioco successivo, rientrando così sul 4-4; discorso analogo per il tie-break, quando con 10 minuti di trance agonistica totale ha recuperato un parziale che l’aveva fin lì visto inseguire per poi infilare i 4 punti consecutivi – 2 sui match point di Djokovic – che hanno spinto il match al quinto.
Lì, come detto, non c’è stata storia. La strepitosa condizione fisica del solito Djokovic ha avuto alla meglio. Del Potro ha retto a lungo col cuore, salvandosi anche con un paio di nastri nei momenti chiave, ma l’assenza totale di ossigeno gli ha fatto sciupare una semplice soluzione (dritto a campo aperto) facendolo optare per un improbabile cross (finito lunghissimo) che è costato il break decisivo. Ad andare in finale è ancora Novak Djokovic che, dopo il 2011, proverà a bissarsi nell'ultimo atto di domenica. A Murray o Janowicz il compito di impedirglielo.
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