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Tokyo 2020 I 10 record del mondo che hanno cambiato la storia dell'atletica leggera. Da Bob Beamon a Usain Bolt

Paolo Pegoraro

Aggiornato 03/07/2021 alle 17:19 GMT+2

ATLETICA - Dall'8.90 di Bob Beamon a Città del Messico al 9''58 di Usain Bolt a Berlino: i 10 primati del mondo che hanno cambiato il corso della storia della "regina degli sport", l'atletica leggera.

Atletica leggera record

Credit Foto Eurosport

Ci sono giorni in cui l’aria è elettrica e lascia presagire che qualcosa di assolutamente fuori dall’ordinario sia sul punto di materializzarsi. Le 10 giornate che hanno cambiato per sempre il corso dell’atletica leggera rispecchiano perfettamente tale cornice: i protagonisti della nostra storia non si sono limitati a ritoccare un record, ma l’hanno raso al suolo proiettando le rispettive specialità in un’altra dimensione e contribuendo a rimodellarne i codici. A venti giorni esatti dall'accensione della fiamma olimpica nello Stadio Nazionale di Tokyo riviviamo i giorni della rivoluzione.

8.90, Bob Beamon: salto in lungo

Un balzo mostruoso, irreale, inspiegabile: il 18 ottobre del 1968, ai Giochi Olimpici, Bob Beamon migliora di 55 (!) centimetri il record del mondo imperante stampando memorabile 8.90 nella finale del salto in lungo. E pensare che non avrebbe dovuto nemmeno reggersi in piedi quel giorno in pedana: già, la sera prima aveva pensato bene di affogare i suoi dolori - dovuti alle storie tese con la moglie - in un oceano di tequila nel peggiore bar di Città del Messico. L'indomani, appena prima che un nubifragio si scateni sullo stadio, stampa il record del mondo come posseduto da uno spirito tarantolato. Dopo quei Giochi Beamon non supererà mai più nemmeno quota 8 metri. Volete trovare un senso a questa storia? In bocca al lupo!
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Quando Bob Beamon distrusse il record del mondo nel salto in lungo

9’’58, Usain Bolt: 100 metri

Nel 2008 ai Giochi di Pechino l'allampanato sprinter giamaicano aveva proiettato la velocità mondiale in un'altra era con sbalorditivo crono di 9’’69 transitando sul traguardo con scarpetta chiodata slacciata: negli ultimi 15 metri il suo sforzo si era per giunta convertito in un’esultanza smodata, come dopo un gol al 90esimo. Un anno più tardi Usain Bolt, senza mai staccare il piede dall’acceleratore autografa il capolavoro di una carriera sulla pista di atletica in tartan blu dell’Olympiastadion di Berlino, ai Campionati del mondo: il 9’’58 è la cifra stilistica del fulmine di Trelawny e il viaggio oltre le Colonne d'Ercole per un velocista. Dovrà nascere un altro "unicorno" per infrangere il record. Attendiamo speranzosi, ma non troppo...
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La prima straordinaria perla di Usain Bolt nei 100 metri: la finale di Pechino 2008

10’’49, Florence Griffith-Joyner: 100 metri

È il record maledetto della regina dell’estate 1988. 16 luglio, quarti di finale dei Trials americani di Indianapolis in preparazione dei Giochi di Seoul: Flo-Jo corre i 100 metri in fantascientifico 10’’49 con vento 0.0 - nonostante le forti correnti di quel giorno - demolendo il precedente record del mondo, il 10’’76 di Evelyn Ashford. L’outift della nuova donna jet è da diva glam: body attillato che lascia scoperta una gamba, slip turchese, unghie laccate. La Griffith-Joyner si consacrerà alle Olimpiadi del 1988 ma si ritirerà dall’attività agonistica una volta calato il sipario sui Giochi, alimentando i sospetti. Appena dieci anni dopo quel 10’’49 - tuttora fuori categoria per tutte le sue epigoni – Flo-Jo scomparve difatti in tragiche e misteriose circostanze, soffocata nel sonno da una crisi epilettica. Se la sua vita diventasse un film, dovrebbe essere giocoforza diretto da David Lynch e scandito dalle musiche di Angelo Badalamenti.
Florence Griffith-Joyner, Trials 1988

6.15, Mondo Duplantis: salto con l’asta

Il 31 luglio 1994 Sergey Bubka, reduce della disastrosa performance ai Giochi Olimpici di Barcellona '92, torna prepotentemente in auge superando quota 6.14 sulla pista italiana del Sestriere. La foto in posa con una Ferrari 348 decappottabile, premio messo in palio dagli organizzatori del meeting, è la diapositiva di un record del mondo destinato a durare 26 anni, fino a che un fenomenale ragazzino svedese lo cancellerà.
Ancora una volta il teatro dell'impresa è l'Italia, stavolta il Golden Gala Pietro Mennea di Roma. È il 17 settembre 2020 e in una notte di fine estate Armand "Mondo" Duplantis, erede designato dello Zar, tiene fede al suo soprannome superando di un centimetro il record di Sua Maestà Bubka con memorabile 6.15 saltato nella cornice dello Stadio Olimpico. Il Mondo è tuo.

2.45, Javier Sotomayor: salto in alto

Nel 2008 il gruppo reggiano di dichiarata estrazione socialista degli Offlaga Disco Pax compose Ventrale, inno dedicato al mitico interprete di quel desueto stile di salto in alto Vladimir Yashchenko; un passaggio del brano recita:
L’unico fosburysta giustificato è il compagno Javier Sotomayor
Fu proprio il ribattezzato Gato de Limonar Javier Sotomayor a portare a pieno compimento la rivoluzione Fosbury stampando l’attuale record del mondo del salto in alto a 2.45 in una torrida giornata del luglio 1993 sulla fidata pedana di Salamanca, con la consueta azione tanto plastica quanto elegante, felina. Inarrivabile. L’uomo del destino non poteva che provenire da Cuba.
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Il salto nel futuro di Dick Fosbury che cambiò l'atletica

8.13, Jesse Owens: salto in lungo

L’eredità spirituale del leggendario Jesse Owens sono le quattro medaglie d’oro conquistate ai Giochi di Berlino 1936 sotto gli occhi di Adolf Hitler, ma il velocista originario dell’Alabama un anno primo infranse 6 (!) record del mondo nel giro di 45 minuti (!) al Big Ten Meet di Ann Arbor, nel Michigan. 25 maggio 1935: Jesse, indossando la storica casacca di Ohio State, dalle 15.15 alle 16.00 stabilisce i nuovi primati di salto in lungo, 220 iarde piane (valido anche per i 200 metri piani), 220 iarde a ostacoli (valido anche per i 200 metri a ostacoli) oltre a eguagliare quello delle 100 iarde. È il primo uomo di sempre a superare quota 8 metri nel lungo, migliorando di 15 centimetri il precedente record del giapponese Chuhei Nambu. Piccolo particolare: quel giorno non riusciva nemmeno a chinarsi per toccare le ginocchia a causa di un lancinante mal di schiena. Il suo 8.13 durerà fino al 1960, quando gli verrà sottratto dal compagno di Nazionale di Bob Beamon Ralph Boston.
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Hall of Fame, le leggende olimpiche: Jesse Owens

19’’72, Pietro Mennea: 200 metri

Dal 1979 al 1996 il record del mondo dei 200 metri non fu appannaggio di un uomo bionico sovietico o di un velocista statunitense dal fisico scultoreo, bensì di un minuto velocista di Barletta. Quel 19'72 fu figlio dell’aria rarefatta di Città del Messico ma soprattutto di una forza di volontà sovrumana, la stessa che un anno più tardi avrebbe consentito alla Freccia del Sud di conquistare un’impensabile medaglia d’oro olimpica a Mosca. Si potrebbero versare fiumi d’inchiostro su quel primato, ma noi preferiamo affidarci alle parole che lo stesso Pietro Mennea riferì al giornalista Gianni Minà dopo aver tagliato il traguardo della finale delle Universiadi, in quell'indimenticabile 12 settembre del 1979:
Sono undici anni che vado alla ricerca di un risultato del genere: adesso anche io sono primatista del mondo! Io, un ragazzo del Sud senza piste sono riuscito a fare il record del mondo!
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12 settembre 1979: il giorno in cui Mennea diventò leggenda

19’’32, Michael Johnson: 200 metri

Il 1996 è l'anno in cui Michael Johnson passa dalle etichette di "Forrest Gump" o "Papero" a quelle di "Superman" o de "L'uomo con le scarpette d'oro". Si prendevano beffe di lui per via di quell'inusuale stile di corsa contraddistinto da busto eretto e braccia mosse alla stregua di stantuffi: il 1° agosto nella finale olimpica dei 200 metri ad Atlanta stupisce il mondo con un 19''32 da marziano sbarcato quel giorno sulla terra per puro caso. Il texano classe 1997 si era già impadronito del record di Mennea fermando il crono a 19''66 il precedente 23 giugno, sempre ad Atlanta, ma ai Giochi Olimpici confeziona il capolavoro superando i 37 km/h di velocità media e facendo segnare un irreale 9''20 nei secondi 100 metri. È il primo (e finora unico) atleta a potersi fregiare della doppietta 200 e 400 nella stessa edizione di un'Olimpiade. A brutalizzare il suo primato provvederà Usain Bolt anni dopo, fino a scrivere quell'astronomico 19''19 ai Mondiali di Berlino del 2009.
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Hall of Fame, le leggende olimpiche di Atlanta 1996: Michael Johnson

18.29, Jonathan Edwards: salto triplo

Alla vigilia dei Mondiali di Goteborg del 1995 tutti i fari sono puntati su un 29enne brizzolato di Westminster, Londra: tale Jonathan Edwards. È il neo detentore del record mondiale, ha saltato un ventoso (appena +0.4 rispetto al limite) 18.43 in Coppa Europa e quattro anni prima aveva rinunciato ai Mondiali per via del suo credo religioso che gli imponeva di non gareggiare di domenica. Sulla pedana del mitico "Ullevi" il triplista britannico scrive una pagina indelebile di storia dello sport con due balzi nel futuro: primo salto a infrangere per la prima volta la barriera dei 18 metri (18.16), secondo a stampare la misura "senza senso" di 18.29, attuale record del mondo. La tempesta perfetta è servita.

43’’03, Wayde van Niekerk: 400 metri

Se i 400 metri sono stati ribattezzati "Il giro della morte" un motivo ci sarà: nel 2015 ad esempio Wayde van Niekerk si aggiudica la finale mondiale ma finisce dritto in ospedale; stremato dalla fatica, collassa a terra dopo aver tagliato il traguardo. Un anno dopo si presenta ai nastri di partenza della finalissima olimpica di Rio privo dei favori del pronostico, tanto che il crono tutt'altro che eccezionale fatto registrare in semifinale gli costa l'ottava corsia. Parte, dunque, davanti a tutti conducendo la gara: il problema, per gli avversari, è che non lo prendono mai. Stavolta nessuno svenimento al traguardo, ma solo l'incredulità mista a sbigottimento per lo stratosferico record mondiale - sottratto a Michael Johnson 17 anni dopo - che gli vale la palma di miglior atleta maschile dell'Olimpiade. Un momento un po' così, tra il beamonesco e il boltiano.
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#Beattherecord: il grandissimo record di van Nierkerk sui 400 a Rio 2016

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