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Gigi Datome: "Vinco col Fenerbahce e poi mi prendo le Olimpiadi con l'Italia"

Marco Barzizza

Aggiornato 31/03/2016 alle 12:18 GMT+2

Abbiamo intervistato la guardia-ala del Fenerbahce e capitano della Nazionale Italiana che ci ha raccontato della sua esperienza in Turchia, dei suoi obiettivi col club e delle sue ambizioni per il Preolimpico e il sogno a cinque cerchi

Gigi Datome, Fenerbahce, Imago

Credit Foto Imago

Vi regaliamo un'altra grande intervista a un pilastro del basket azzurro dei nostri giorni. Dopo Gallinari, ecco Gigi Datome, capitano della nazionale italiana e stella del Fenerbahce, squadra dove ha deciso di rilanciarsi dopo due anni difficili in Nba tra Detroit e Boston. Con Gigi si parla della sua vita a Istanbul, di Obradovic e del Fener, del “no” a Milano e ovviamente di Nba, Nazionale e… della sua barba.

Io, Obradovic e la mia Turchia

Partiamo dalla Turchia, tuo nuovo paese di adozione, dove vivere in questo periodo è difficile. Di Isis e terrore hai già parlato altrove, quindi ti chiedo: essere un giocatore, di riferimento per giunta, ti espone ancora di più all'attenzione della gente (“buona” o “cattiva”), questo ti permette di uscire di casa comunque tranquillo?
“Non è successo nulla finora a nessun giocatore, che sia “di riferimento” o no, di nessuno sport qui in Turchia. Né di attentati né di episodi spiacevoli. La mia, come la nostra quotidianità non è cambiata e non deve cambiare per il terrorismo. E’ sbagliato vivere con l’ansia che accada qualcosa, si fa esattamente il gioco di chi vuole provocare scompiglio. Sono afflitto per le vittime di queste esplosioni, in ultimo quel che è successo a Bruxelles, ma non possiamo fermarci e assecondare il terrorismo. A Istanbul si vive bene, la città è stupenda e mi sono ambientato alla grande. Esco quando ho voglia, rientro quando ho voglia, senza pensare troppo”.
Spostandoci sul campo: quanto ti sta dando a livello tecnico e mentale Obradovic?
“A livello tecnico mi sta dà dando l'opportunità di giocare, far vedere ciò di cui sono capace e soprattutto mi offre la chance importante di migliorare, perché è un perfezionista e cerca sempre di migliorare i propri giocatori. Mentalmente credo mi stia facendo crescere dato che con lui non ci sono pause né in partita né in allenamento, perfino nelle riunioni tecniche. E’ un piacere giocare per lui e in un club del genere”.
C'è qualche aneddoto particolare relativo al vostro rapporto: qualche sgridata clamorosa, lancio di magliette, insulti in altre lingue, cose del genere?
“Sgridate sono all'ordine del giorno in allenamento, ma nonostante sia molto severo ed esigente è allo stesso tempo una persona che sa quando è il momento di smorzare la tensione con una battuta o una risata…in italiano; ha anni e anni di esperienza, è piacevole lavorare con lui”.
Essere diventato in pochi mesi un punto di riferimento per la squadra quanto ti ripaga dei due anni di Nba passati più in panchina che sul parquet?
“Le occasioni perse quando non giocavo in Nba non me li ridarà indietro nessuno. Quest'estate cercavo una situazione in cui essere protagonista al più alto livello possibile in Europa e fin qui sono decisamente soddisfatto della mia scelta”.
Hai detto che l'Nba ti ha dato tanto ma ti ha fatto anche capire che stare in campo ed essere protagonista è meglio (ecco perché hai scelto il Fener): pensi che dopo una, due stagioni (quelle per cui hai firmato, con opzione per la 3°) a grande livello in Europa, potrai tornare Oltreoceano?
“Il mio sogno è vincere quest'anno con la mia squadra. Arrivare in fondo in tutte le competizioni e togliermi delle soddisfazioni. Il mio futuro al momento non è nel mio controllo, quindi non voglio nemmeno pensarci. Vivo senza pensare a ciò che sarà, ma penso al presente. Qui col Fener abbiamo davvero grandi obiettivi, ma sappiamo che centrarli non sarà semplice”.

Il no a Milano e cosa non va nel basket italiano

Perché, al momento di scegliere, non hai voluto tornare in Italia ma hai preferito la Turchia?
“E’ sbagliato dire che non sono voluto tornare in Italia. Non è questo il senso della scelta. Ho semplicemente ritenuto il Fener la scelta migliore per me in quel determinato momento della mia carriera”.
Cosa non ti piace dell'Italia (del basket italiano) e di Milano che ti aveva fatto un'offerta?
“Ho sempre detto pubblicamente grazie a Proli per il modo in cui si è rapportato a me in quel periodo, non c'era niente che non mi piacesse di Milano e allo stesso tempo nulla che io avessi contro il basket italiano, io vengo dal basket italiano. A Roma sono cresciuto, così come a Scafati, quindi non c’è una questione di fare un paragone col nostro basket, che certo non sta attraversando un periodo roseo. Ma non è una novità. Semplicemente il Fenerbahce aveva obiettivi più alti e mi offriva una prospettiva a breve termine molto intrigante. E poi essere allenati da Obradovic era un'occasione che non volevo lasciarmi sfuggire”.
Cosa pensi della scissione tra Eurolega e Fiba in due tornei distinti dalla prossima stagione?
“L'Eurolega rimarrà Eurolega, non cambierà poi molto. Anzi diventerà un campionato ancora più di livello assoluto e chi ne farà parte dovrà dare delle garanzie di esserne all'altezza. Per quanto riguarda la polemica Eurolega/Fiba sono due filosofie diverse e ognuno farà le scelte che riterrà opportune. Non voglio entrare in una polemica che onestamente ha poco a che fare con noi giocatori ed è più di competenza di club e federazioni”.
La nuova struttura dell'Euroleague IMG taglia le gambe all'Italia, che resterà nella massima competizione, per anni, solo con Milano (non che ultimamente fosse tanto diverso): da dove sei tu e dalla tua posizione in un club di alto livello europeo, hai la sensazione che il basket italiano conti davvero poco in Europa?
“Purtroppo quest’anno l'Italia non ha mandato neanche una squadra alle Top16 e quindi da fuori non risulta essere un campionato di prima fascia. Io invece conosco le squadre e i giocatori che ci sono e so bene che non è così. Forse dobbiamo “venderci” un po’ meglio, ringiovanire un po’ il carrozzone basket e far valere le idee e le persone più che tutto il resto. Ma questo è un mantra che vale per l’Italia tutta, non solo per il basket”.
Eurobasket 2015, Italia, Gigi Datome, Achille Polonara (imago)

Sognando un’estate azzurra a cinque cerchi

Pochi giorni fa ho sentito Danilo (Gallinari), è convinto che sarà un'estate bellissima con la Nazionale. Sia lui che Messina si sono detti carichissimi: tu ci stai già pensando?
“Certo. Sarà una estate che spero sia lunga e che ci faccia raccogliere i frutti di un lavoro che dura da tanto. Siamo un gruppo solido e che ormai si conosce a menadito, cosa che ci aiuterà a interagire da subito col nuovo coach, bruciando quelle tappe iniziali che altrimenti ci si sarebbero mostrate davanti. Saremo pronti e abbiamo tutti voglia di far bene”.
Hai un credito con la fortuna rispetto agli ultimi Europei (infortunio): come dicesti l'anno scorso immagino che il pre-olimpico sia uno di quegli eventi cerchiati sul calendario. Da capitano poi, arrivato forse all'ultimo giro di valzer con questo gruppo, quanto ci tieni e quanto credi possa essere importante per la vostra generazione raggiungere Rio?
“Sarebbe un premio importante alle tante estati di lavoro passate insieme per questo gruppo, anche se il coronamento della mia carriera voglio pensare che sia una eventuale medaglia nelle competizioni a venire. Anche perché, con tutta franchezza e con tutti gli scongiuri del caso, a 29 anni non credo che sia il mio ultimo valzer con la maglia azzurra, tutt’altro. Di tempo ce n’è, sempre che il commissario tecnico sia d’accordo”.
Giocare le Olimpiadi sarebbe la ciliegina sulla tua carriera?
“Sarebbe qualcosa di molto bello. La ciliegina spero sia un traguardo importante con la maglia azzurra”.
In Nba, dopo la tua partenza e l'addio del Mago a Brooklyn sono rimasti in 2: altro segno che qualcosa non va nel basket italiano o solo una questione ciclica?
“Non credo che nel 2003, quando avevamo due squadre italiane alle Final4 di Eurolega e vincemmo il bronzo all’Europeo, qualcuno si lamentasse del movimento. Eppure giocatori italiani in Nba non ce n'erano. Dirò di più: se Ale Gentile dovesse andarci l'anno prossimo potremmo dire che il movimento andrebbe un pochino meglio? Penso che avere giocatori in Nba non sia un metro di giudizio valido sul movimento italiano. Sono altri i parametri da prendere in considerazione, come la produzione di giocatori e lo spazio che gli stessi hanno in campo”.
Quando vedi ragazzi che si fanno crescere la barba come la tua e dicono che è una barba “alla Gigi Datome”, come ti senti?
“Sinceramente non ne ho mai visti... anche se qualche messaggino su Facebook mi arriva. Certo che se fosse davvero così mi sentirei ancora più responsabilizzato a non esagerare con il look alla bohemienne…”.
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