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Ray Allen si ritira: addio al basket a 41 anni

Daniele Fantini

Aggiornato 01/11/2016 alle 19:46 GMT+1

Dopo 18 stagioni in NBA, Ray Allen annuncia l’addio al basket giocato. L’anno scorso è rimasto ai box nonostante gli interessamenti di diverse squadre, tra cui Golden State e Cleveland, e ora, 41enne e forte di 2.973 triple realizzate in carriera, ha deciso di appendere definitivamente le scarpe al chiodo.

Ray Allen, Miami Heat 2014 (AFP)

Credit Foto AFP

2.973 triple realizzate in carriera, record NBA. Due anelli, uno vinto con i Boston Celtics e uno con i Miami Heat. 89.4% dalla lunetta, settimo miglior tiratore di liberi della storia della NBA. Ray Allen saluta così, lasciandoci questi numeri a ricordo di uno dei giocatori più concreti e determinati della pallacanestro moderna, e con la tecnica complessiva di tiro (dal lavoro in uscita dai blocchi, alla ricezione, al tempo di rilascio, al movimento del braccio, alla velocità e precisione dell’esecuzione) probabilmente migliore dell’intera storia del gioco.
A 41 anni, se ne va un altro grande pezzo della pallacanestro che ha fatto da ponte tra gli anni ’90 e 2000, il quinto ritiro illustre nel giro di una manciata di mesi dopo Kobe Bryant, Tim Duncan, Kevin Garnett ed Elton Brand: e, presto, arriverà anche l’annuncio dell’addio di Paul Pierce (39 anni), alla sua ultima stagione della carriera con i Los Angeles Clippers.
“Sono totalmente in pace con me stesso”, ha commentato Allen, spesso al centro di voci di mercato nell’ultima stagione (in cui è stato però inattivo) che lo avrebbero voluto di nuovo al centro della competizione con i Golden State Warriors o i Cleveland Cavaliers. “He got game”, il suo soprannome derivato dal film diretto da Spike Lee in cui ha recitato la parte del protagonista calandosi nei panni di Jesus Shuttlesworth, giovane cestista universitario, ha ufficializzato la fine della carriera NBA pubblicando, come fatto anche da Kobe Bryant, una lettera alla versione giovane di se stesso.
“Gli uomini con cui vincerai i titoli – scrive, omaggiando LeBron James, Dwyane Wade, Kevin Garnett e Paul Pierce – saranno persone molto diverse. Quello che li accumuna, e che li rende campioni, sono le noiose e vecchie abitudini cui nessuno fa più caso. Il fatto che facciano a gara per vedere chi sia il primo ad arrivare in palestra, e l’ultimo ad andarsene”. Una vecchia, sana abitudine condivisa anche da lui.
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