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Darko Milicic ricorda: "Il provino a Detroit fu un martirio. Volevo pugnalare il coach"

Daniele Fantini

Aggiornato 16/03/2024 alle 19:40 GMT+1

BASKET, NBA - Darko Milicic, centro serbo scelto con la seconda chiamata al draft del 2003 alle spalle di LeBron James, ricorda il workout svolto con i Detroit Pistons: "Fu un martirio. Soffrivo tantissimo, e i coach mi colpivano con i cuscinetti sotto canestro. Dicevo: 'Lasciatemi stare, siete pazzi'. Avrei voluto accoltellare uno di loro...".

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Darko Milicic resterà sempre in lizza con Sam Bowie, l'uomo che precedette Michael Jordan nel draft del 1984, come seconda scelta più incomprensibile della storia NBA. Il big-man serbo, arrivato a 18 anni e 6 giorni direttamente dall'Hemofarm Vršac, convinse i Detroit Pistons a chiamarlo al draft del 2003 dopo LeBron James ma prima del terzetto di Hall of Famers composto da Carmelo Anthony, Chris Bosh e Dwyane Wade. Detroit virò su di lui, by-passando Melo, per tutelare la crescita di Tayshaun Prince, allora pedina fondamentale nella progettazione del futuro del gruppo. Eppure, il suo workout pre-draft (l'unico sostenuto con la franchigia di Mo-Town) fu molto lontano dall'essere minimamente accettabile. Per stessa ammissione del diretto interessato, che ha raccontato quella giornata nel podcast Jao Mile.
«Ricordo bene quel provino. Fu un martirio. All'inizio mi dissero: 'Vai in campo e divertiti'. Li presi alla lettera e partii al massimo. Dopo due campi avanti e indietro, non avevo già più fiato. Poi lavorammo sui movimenti vicino a canestro, e iniziarono a colpirmi con i cuscinetti da allenamento. Dicevo ai coach: 'Ragazzi, non fatelo. Non vedete come sto soffrendo?'. C'era un assistente piccolino, che mi aspettava sotto canestro. E ogni volta mi sommergeva con quei cuscinetti. Gli dicevo: 'Ma guarda che pazzo. Non farlo! Lasciami stare!'. Avrei voluto tirargli una coltellata. Stavo soffrendo tantissimo. Mi sentivo l'anima in gola».
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Darko Milicic posa dopo il draft 2003 con la canotta dei Detroit Pistons

Credit Foto Getty Images

In un'epoca in cui la NBA cominciava ad aprire le porte ai prospetti d'Oltreoceano e vedeva ancora dominare i big-man di peso, centimetri e stazza, Milicic, con i suoi 213 cm di altezza e il pedigree di scuola slava, sembrava inserirsi alla perfezione in un filone che aveva già visto le scelte di Pau Gasol (3° nel 2001) e Yao Ming (1° nel 2002), e che sarebbe poi proseguito con Andrew Bogut (1° nel 2005) e Andrea Bargnani (1° nel 2006).
«Gli altri ragazzi che si allenavano con me erano bravissimi - ricorda Milicic -. Ero sicuro che non mi avrebbero scelto. Ma, al termine dell'allenamento, mi dissero: 'Ok, hai il contratto garantito. Sarai la seconda scelta'. Le seconde scelte sono leggende, giocatori fortissimi. Pensavo che non mi avrebbero mai draftato, invece avrei avuto un contratto garantito».
Milicic avrebbe giocato tre stagioni a Detroit ma con impatto nullo o minimo, faticando a trovare ruolo, spazio e continuità, anche se, nella sua annata da rookie, sarebbe diventato il giocatore più giovane ad aver vinto un titolo NBA. Avrebbe poi proseguito la carriera tra Orlando, Memphis, New York, Minnesota e Boston, raccogliendo 468 presenze complessive (208 da titolare) con una media di 6.0 punti e 4.2 rimbalzi. Chiusa l'esperienza NBA a soli 28 anni e rientrato in patria, Milicic ha abbracciato una vita campestre e tranquilla, dedicandosi all'agricoltura e alla coltivazione di mele e ciliegie.
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