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La Generacion Dorada non muore mai: col Brasile l’ennesimo capitolo di una storia infinita

Daniele Fantini

Aggiornato 14/08/2016 alle 12:56 GMT+2

È stata la partita della vita di Andres Nocioni, con quei 37 punti (massimo in carriera con la nazionale) arrivati a 36 anni. Eppure, nonostante l’età si sposti sempre più verso i 40, i grandi vecchi della medaglia d’oro di Atene 2004 continuano a essere il pilastro fondamentale per reggere il peso dell’Argentina.

Andres Nocioni, Argentina, Rio 2016 (LaPresse)

Credit Foto LaPresse

Mi sentivo in debito con la nazionale. Con la maglia dell’Argentina mi è capitato spesso di sbagliare tiri importanti, ma, per fortuna, oggi sono entrati – Andres Nocioni.
11/19 dal campo, 8/12 dall’arco, 37 punti totali. E, intanto che ci siamo, anche 11 rimbalzi. Sì, entrati sono entrati, specialmente quella tripla dall’angolo che ha forzato il primo overtime quando la sconfitta sembrava ormai scritta.
Andres Nocioni non aveva mai realizzato 37 punti con la maglia della nazionale. Sono arrivati ieri, a 36 anni di età (da aggiornare a 37 il prossimo 30 novembre), ma, d’altronde, a Rio sta tenendo le medie più alte della sua intera carriera con l’Albiceleste: 18 punti e 7.3 rimbalzi, numeri rapportabili a quelli tenuti l’anno scorso nei campionati americani (16.7 punti, 9 rimbalzi). Le statistiche del Chapu migliorano mentre lui invecchia, come il buon vino. Certo, fa un po' sorridere, ma non è un caso.
L'Argentina è un po' come i San Antonio Spurs: ogni anno che passa si dice "sì, ma ormai...", eppure, è sempre lì, pronta a stupire. Ma, d'altronde, Andres Nocioni (1979), Luis Scola (1980), Manu Ginobili (1977, giocatore più vecchio delle Olimpiadi) e il resuscitato Carlos Delfino (1982) sono campioni, campioni veri. Lo sono stati, con quell’epico oro di Atene, e lo saranno finché non decideranno di appendere le scarpe al chiodo una volta per tutte. E non è detto che questo momento sia destinato ad arrivare molto presto.
Nelle 4 partite giocate finora nella prima fase, la Generacion Dorada sta continuando a reggere sulle proprie spalle il peso dell’intera nazionale, come fatto ininterrottamente ormai da più di un quindicennio. Nocioni (18.0), Scola (16.8), Ginobili (15.0) e Delfino (5.0), combinano per 54.8 punti complessivi sui 92.0 di squadra (59.6%) e per 20.6 rimbalzi sui 38.8 di squadra (53.1%), più della metà del fatturato.
La Generacion Dorada a Rio 2016:
PUNTIRIMBALZIASSISTRECUPERISTOPPATE
Carlos Delfino5.02.00.30.50
Manu Ginobili15.02.53.01.30.5
Andres Nocioni18.07.30.51.30.8
Luis Scola16.88.82.00.80.3
TOTALE54.820.65.83.91.6
Certo, alle loro spalle c’è un grande vuoto generazionale (come indica la convocazione dello stesso Delfino, rientrato direttamente nell’Albiceleste dopo tre anni di stop e 7 operazioni a un piede), con un movimento che non è riuscito a rinnovarsi mantenendo uno standard simile a quello vissuto a cavallo tra gli anni ’90 e 2000: ci sono Facundo Campazzo, giocatore dal cuore pazzesco ma forse non esattamente il playmaker che vorreste nella vostra squadra (dice di lui Luis Scola: “Spesso, noi vecchi ci guardiamo e vorremmo ammazzarlo per le scelte che fa, ma se poi la palla va dentro…”), Patricio Garino, appena firmato dai San Antonio Spurs ma ancora allo stadio di prospetto e, forse, Marcos Delia, che non sta però tenendo fede alle grandi aspettative di quando era ancora un teenager. Poi, obiettivamente, il vuoto, come dimostrano anche i minutaggi distribuiti da coach Hernandez nel derby contro il Brasile: gli argentini hanno giocato praticamente in 7, con super-straordinari chiesti a Nocioni (47’), Garino (43’), Campazzo (43’) e anche a Ginobili (39’), in quella che non è certo stata una delle sue partite più memorabili con la maglia della nazionale.
Battendo il Brasile, l’Argentina ha matematicamente conquistato un posto per i quarti di finale ed evitato di incrociare subito il Team USA. La Generacion Dorada trascina l’Albiceleste da 12 anni e più, ma, a Rio, il lavoro vero deve ancora cominciare…
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