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Calcio, Vincenzo Iaquinta: "Ero campione del mondo e oggi sono vittima della giustizia"

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Aggiornato 12/01/2021 alle 15:56 GMT+1

CALCIO - Nel processo Aemilia l'ex giocatore dell'Udinese è stato condannato in Appello a due anni. "Non mi arrendo alla sentenza, difendo l'innocenza di mio padre. Sono una vittima della giustizia". Gli stessi giudici, nei confronti del padre, hanno ammorbito la pena a 13 anni (invece dei 19 chiesti in primo grado).

Vincenzo Iaquinta

Credit Foto Getty Images

Fino a qualche anno fa ero un campione del mondo. Oggi con mio padre Giuseppe sono vittima della giustizia italiana. Nella mia vita non avrei mai pensato di dovermi difendere da un'accusa tanto infamante.
Inizia così il videomessaggio di Vincenzo Iaquinta, ex attaccante della Nazionale italiana di calcio, a cui sono stati confermati in Appello i due anni di condanna per nel processo Aemilia. Nel video su instragram Vincenzo è abbracciato al padre Giuseppe, nei cui confronti i giudici dello stesso processo contro la 'ndrangheta hanno deciso 13 anni di condanna (sei in meno rispetto al primo grado) confermando l'associazione mafiosa.
"Non mi arrendo alla sentenza sono responsabile moralmente di difendere l'onestà di mio padre. Non mi sono mai sentito tanto solo e scoraggiato nella mia vita come in questo momento. Mi sento deluso perché per la seconda volta mio padre è stato condannato da uomini che non hanno giudicato in base alla realtà dei fatti. Una volta si può sbagliare, due inizia a diventare accanimento giudiziario. Una vita di una persona non può essere distrutta senza aver commesso quello di cui viene accusato".
E poi rilancia.
"Non posso esimermi ad urlare l'innocenza di mio padre. Lo devo a lui che in questo momento è impotente, incredulo, sfiancato. Lo devo alla memoria di mia madre che si è lasciata morire dal dolore. Lo devo ai miei figli. Oggi sono un uomo stanco, le mie gambe non corrono più. La mia testa corre più veloce cercando una soluzione. Non cerco pietà, un miracolo o la compiacenza di nessuno. Voglio solo giustizia, verità. Mio padre è in carcere per errore e finché non si ammetterà la verità, la mia voce non smetterà di urlare la sua innocenza. Da ora io sono Giuseppe Iaquinta, condannato da innocente".
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