Pratico, non solo bello: il Napoli di Sarri sale sulla bilancia di Guardiola
Pubblicato 16/10/2017 alle 08:00 GMT+2
Gli attaccanti sono quelli più in vista, ma alle loro spalle tutti mettono in pratica le indicazioni del mister e ora pensarlo è lecito: il Napoli è in piena corsa per lo scudetto e anche in Champions League può dire la sua, a partire dalla sfida col Manchester City. Voi che cosa ne dite?
Fino a quando continueremo a dire che è ancora presto? Per disarmare l’otto su otto del Napoli sarriano si riesuma il dieci su dieci della Roma di Garcia, che portò «solo» al secondo posto. C’era Conte e, soprattutto, un’altra Juventus. Più affamata di questa, stando alle ultime rimonte.
Lo pensano tutti, a Napoli, e qualcuno come Insigne, il braccio-fantasia del tecnico, comincia a dirlo: ora o mai più. Non è tanto il successo all’Olimpico ad aver rafforzato l’idea: in fin dei conti, all’Olimpico il Napoli aveva vinto pure la scorsa stagione; e, tranne gli ultimi dieci minuti, in maniera addirittura più autoritaria. E’ la sensazione che la squadra più bella sia diventata più pratica, più guerriera. Traduzione: oggi, con il Palermo al San Paolo mai e poi mai finirebbe uno a uno.
Sono gli attaccanti che rubano l’occhio, sì, ma il Koulibaly odierno è un inno al catechismo di Sarri, fondato sugli automatismi dei singoli in funzione dell’armonia fra i reparti. Occhio alla penna: il Napoli ha incassato due gol in meno della Juventus. Il Napoli sa soffrire, sa reagire, sa resistere: con l’Atalanta in casa, a Bologna, a Ferrara, con la Lazio e con la Roma in trasferta. Scegliete voi. Si è già aggiudicato due confronti diretti, continua a sfoggiare il miglior attacco. I problemi saranno la tenuta, vista la preparazione anticipata in chiave playoff, il traffico degli impegni, le rotazioni. Sarri è restio al turnover (anche se cambia più che in passato), Allegri ne va ghiotto (anche perché ha la rosa più guarnita).
Il Napoli può opporre - persino alla Juventus - il suo essere squadra «a memoria», figlia di un non-mercato che disturba gli orecchianti. Domani, intanto, sarà di scena a Manchester in Champions. Ecco qua un’eccellente bilancia sulla quale pesare, al netto delle reciproche effusioni, la stazza europea. Guardiola è un filosofo che, in materia di acquisti, esige sempre il massimo, e spesso lo ottiene. Nel Barcellona si inventò slogan come «il mio centravanti è lo spazio», allargando Eto’o o Villa a destra pur di liberare il genio di Messi. Ci era già arrivata, negli anni Cinquanta, la Grande Ungheria di Sebes: non allargando Hidegkuti, il centravanti, ma arretrandolo (a beneficio di Puskas e Kocsis).
Mi sento di escludere lo 0-0. Viene, il City, dal 7-2 allo Stoke City. La Premier è la Lega più ricca, ma non conquista la Champions dal 2012 (Chelsea). Talvolta, il verde smeraldo dei campi, gli stadi-salotto e il pieno di pubblico condizionano i giudizi tecnici. Non date retta alla propaganda: Liverpool-Manchester United è stata di una normalità quasi barbosa. Unica europea a punteggio pieno, il Napoli è chiamato a un nuovo tagliando. Manchester cade tra la Roma e l’Inter (a meno due). E l’obiettivo manifesto rimane lo scudetto. Potrebbe, questo dolce «ronzio», influenzare la formazione e la concentrazione all’Etihad stadium? Per fare un colpo di stato bastano diciotto uomini, disse Sarri alludendo al «governo» italiano. La sfida vale sempre.
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