La furbata di Pochettino frega l'Inter, ma i nerazzurri hanno un alleato: la matematica

Questa volta ha fregato davvero tutti. Stampa compresa. Che Maurcio Pochettino sia uno dei tecnici più interessanti della Premier League è ormai fatto risaputo da tempo (non a caso è stato e resta il principale obiettivo di Florentino Perez per il futuro del Real Madrid)… Ma che potesse prendersi una rivincita così beffarda sul calcio italiano, non era fatto scontato alla vigilia.

Perché è vero, a Wembley, in fondo, l’Inter rischiava… Eppure per come si erano messe le cose in campo fin dai primi minuti per i nerazzurri portar via il punticino si era trasformata in una missione tutt’altro che impossibile.

Nessuno aveva fatto i conti però con la ‘furbata’ di Mauricio Pochettino, che i 3 punti più importanti della sua stagione europea se li è portati via con un’intuizione degna del miglior pokerista: bluff iniziale, rischio calcolato, banco saltato.

Sì perché tutti – ma proprio tutti – si sono chiesti cosa diavolo ci facessero in panchina Eriksen e Son al momento delle distinte ufficiali, specie dopo aver visto come il danese e il sudcoreano avevano ridotto a fettine la difesa del Chelsea di Maurizio Sarri, fino a sabato pomeriggio imbattuto ma uscito poi da Wembley con le ossa rotte.

Consapevole delle grande fisicità dell’Inter e a conoscenza delle forze nerazzurre in fase difensiva, Pochettino si è però preso il rischio: iniziare con un undici meno pungente e a ritmi, tendenzialmente, più bassi del solito. L’esatto opposto di ciò che avviene puntualmente ogni qualvolta una squadra straniera arrivi in Inghilterra, dove delle partenze a mille hanno fatto – e tutt’ora fanno – uno stile di vita.

Non questa volta. Il Poch ha fregato l’Inter come solo il miglior maratoneta: rifiutando così il gioco della lepre per punire nel finale. Certo, fosse andato sotto, il piano sarebbe saltato; ma essere riuscito a rimanere in parità fino all’ultima mezz’ora ha garantito l’esecuzione dell’atto più dolce del disegno: quello della vendetta. L’ingresso di Son prima e Eriksen poi ha girato il ritmo della partita, mettendo un’Inter bassa e stanca – emblematici i crampi di De Vrij – all’angolino del ring. Più probabile, a quel punto, assestare il ‘cazzotto’ giusto: quello che stende e non lascia possibilità di reazione.

Un’astuzia premiata proprio dal gol di Eriksen; un rischio risultato vincente e che ha reso il Tottenham nuovamente protagonista del proprio destino.

Chissà se Pochettino, da convinto cuore Espanyol, riuscirà a inventarsi qualcosa di simile anche in vista dell’ultima trasferta al Camp Nou. Nonostante l’Inter sia rimasta a terra, può in fondo contare su due dati di un certo spessore: in Champions League il Barcellona negli ultimi 9 anni ha perso in casa soltanto due volte, il 1° maggio 2013 in semifinale contro il Bayern di Heynckes e il 20 ottobre 2009, quando a firmare il miracolo fu il piccolo Rubin Kazan. A Pochettino dunque, turnover o meno degli avversari, servirà una nuova magia. E l’Inter può sostanzialmente sperare in una cosa quasi sempre assai più efficacie di una bacchetta e in cilindro: la matematica.