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Le 5 verità di Tottenham-Liverpool 0-2: per vincere serve il fattore 'C'

Simone Eterno

Pubblicato 02/06/2019 alle 08:16 GMT+2

Dal Liverpool, che suggella un grande cammino con la peggior partita della fase a eliminazione diretta al Tottenham, che più di così non poteva fare. Qui dentro anche due certezze: si vince di squadra prima che coi singoli e gli euroderby di finale è meglio lasciarli perdere. Il tutto con una conclusione: finale sì, ma non per tutti...

Alisson Becker, Liverpool

Credit Foto Getty Images

1.Solo il bel gioco non basta. Per vincere la Champions serve il ‘C...’

dall'inviato a MADRID - Non fraintendiamoci, il Liverpool in questa stagione ha espresso il miglior calcio d’Europa insieme al Manchester City e all’Ajax. Ma per vincere questa competizione non basta. Serve il destino. E serve il fattore C. Il destino è al minuto 91’ dell’11 dicembre 2018, quando Milik spara su Alisson la palla gol che avrebbe fermato il Liverpool alla fase a gironi. E il fattore ‘C’ è in un calcio di rigore dopo 23 secondi che ti permette di mandare in porto, in qualche modo, una delle peggiori prestazioni offensive della stagione. Quando le 3 cose si fondono: bel calcio (lungo tutta l’annata e tutte le altre partite), destino e fattore ‘C’, si vince. E il Liverpool ha vinto. Con merito per il cammino, più che per la partita di ieri sera.
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Alisson Becker salva su Milik in Liverpool-Napoli dell'11 dicembre 2018. Minuto 91': con quel gol i Reds sarebbero usciti al girone.

Credit Foto Getty Images

2. Tottenham, più di così era difficile

E di contro cosa avrebbe dovuto fare il Tottenham? Gli Spurs hanno tirato fuori la miglior partita dell'anno dal punto di vista di palleggio e padronanza territoriale, superando per gioco espresso anche i due match col Manchester City e senza dubbio le semifinali con l’Ajax. Pochettino l’ha preparata in maniera maniacale e in virtù dell’andamento si è trovato col pallone tra i piedi, di fatto, dall’inizio alla fine. Non è bastato. Ma chiedere di più a questa squadra era francamente impossibile.
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Pochettino, Kane - Tottenham-Liverpool - Finale di Champions League 2018/2019 - Getty Images

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3. La regola si palesa anche stasera: in Europa prima il collettivo che i singoli

La finale ci ha sbattuto davanti ancora una volta la realtà dei fatti: nell’ultima evoluzione del pallone, il collettivo arriva prima dei singoli. “Se hai Ronaldo, vinci”; “Se hai Messi, vinci”. Assolutamente no. Basta con questi luoghi comuni. Nella serata in cui ad esempio non hanno brillato (eufemismo) i convalescenti Harry Kane e Bobby Firmino, il Liverpool ha vinto con una prestazione difensiva sontuosa. Due o tre diagonali fondamentali di Alexander Arnold a coprire il lavoro dei compagni, due chiusure perfette di Matip, l’insaltabile van Dijk e il lavoro di filtro della mediana di Klopp. Il Liverpool, pur non esprimendo il suo calcio spumeggiante, anche stasera si è mosso prima di tutto come squadra e con i suoi automatismi. Chi viva alla giornata, qua dentro, alla fine non vince mai.
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Jurgen Klopp, Virgil van Dijk, Jordan Henderson e Andy Robertson: difesa e mediana fondamentali nella vittoria del Liverpool in finale di Champions

Credit Foto Getty Images

4. L’euroderby è una sentenza negativa: una bella partita, mai

Ecco, non è stato ai livelli dell’agghiacciante Milan-Juventus di Manchester 2003, ma esattamente come tutti gli altri euroderby di finale - da Real Madrid-Valencia del 2000 passando per Chelsea-Manchester United del 2008 o Bayern Monaco-Borussia Dortmund del 2013 - non è stata una bella partita. Sarà la tensione. Sarà la posta. Sarà quel che vi pare. Quando due della stessa nazione finiscono in finale, alla fine ne viene fuori un match al di sotto delle aspettative collettive.
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Tottenham Hotspur v Liverpool – UEFA Champions League – Final – Wanda Metropolitano

Credit Foto PA Sport

5. La finale: un salotto per soli ricchi

Ti aspetti l’atmosfera, quella che ha fatto il mito del calcio inglese, ma la realtà è da tempo un’altra e tocca ricordarlo anche stasera: le grandi partite sono un salotto per soli ricchi. I tifosi caldi, chiassosi, colorati, che hanno costruito di fatto il mito del pallone 'made in England', li abbiamo incontrati nel pomeriggio nelle due fanzone alla disperata ricerca di un biglietto. Dentro, a lungo, a parte il solito paio di acuti post-gol e ai consueti inni, si è assistito alla solita celebrazione di quel salotto che sono diventati buona parte degli stadi inglesi delle big. Persino Liverpool, il club forse con la più grande connessione tra popolo e squadra, ne ha fatto le spese. La festa continuerà di certo fuori, dove soprattutto per i Reds sono arrivati in tantissimi; e sicuramente a casa, dove c’è tutto il resto della città pronta a dare spettacolo. Dentro e durante però, una sorta di lussuosa sala da tè alle 5:00pm Greenwich Mean Time: sottovoce loro... E sottovoce anche noi a cui tocca sfatare per l'ennesima volta un falso mito.
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I tifosi del Liverpool rimasti in fanzoneo o a casa. La marea più calda rimasta fuori in un appuntamento ormai solo per pochissime tasche.

Credit Foto PA Sport

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