Le 5 verità di PSG-Inter 5-0: per i nerazzurri l'umiliazione in finale è storica, ma non cancella una stagione da applausi
CHAMPIONS LEAGUE - I 5 spunti che ci ha regalato la finale di Champions League 2024/25 PSG-Inter 5-0 nel nostro format delle '5 verità': dalla storica 'rumba' presa dall'Inter alla lezione di Luis Enrique impartita al suo stesso club; passando per la serata da sogno di Doué fino a ciò che rimane ai nerazzurri: l'amaro in bocca per il finale, non può cancellare la stagione.
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dall'inviato a Monaco di Baviera. PSG-Inter, finale della UEFA Champions League 2024/25, si è conclusa con il clamoroso punteggio di 5-0. Con questo risultato i parigini vincono per la prima volta nella loro storia questa competizione. Per l'Inter invece è la seconda sconfitta consecutiva in finale dopo Istanbul 2023. Che cosa ci ha detto questa finale? Abbiamo come sempre provato a coglierne lo spirito scegliendo 5 pillole. Le trovate qui sotto. Le nostre ormai consuete '5 verità' della partita.
1. Inter, una rumba così non si era mai vista: resterà nella storia
Chi vi scrive queste righe ha avuto il privilegio di poter assistere a qualche finale di Champions League negli ultimi anni. E una rumba così non si era mai vista. Due, forse, sono le partite che si avvicinano a un tale dominio di una squadra sull'altra. Atene, 1994: Milan-Barcellona 4-0. Istanbul, 2005: in quel clamoroso primo tempo del Milan sul Liverpool. Quest'ultima si sarebbe conclusa con la più incredibile rimonta della storia di questa competizione. Ma il discorso, ieri sera, a Monaco, è stato proprio un altro: la totale sensazione di dominio dei parigini. Un controllo assoluto, devastante - per l'Inter - sono ogni aspetto del gioco e della partita. Fosse questo tattico, tecnico o emozionale. Il PSG ne ha fatti 5 - mettendo a referto il più grande gap della storia di questa competizione - ma avrebbe potuto farne almeno altri due, con Barcolà. È stato un gap imbarazzante per l'Inter, che alla vigilia si presentava molto vicina agli avversari. O almeno così vi raccontavano a più riprese i grandi media mainstream italiani, che addirittura parlavano di un'Inter favorita. E favorita non era, considerato ciò che certificava l'unico termometro attendibile in questi casi: i bookmakers. Insomma, è una finale che entrerà a suo modo nella storia. Per il dominio visto e per l'anomalia del risultato finale: mai, nella storia delle grandi finali europee per club, si era visto uno scarto di cinque reti. Uno scarto che lascerà all'Inter delle scorie di tutt'altro che semplice gestione.
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2. L'umiliazione in finale non cancella una stagione da applausi
...Scorie, senza dubbio. Così come questioni da risolvere: su tutte il futuro di Inzaghi. L'umiliazione del punteggio della finale però non può e non deve far passare in cavalleria la stagione dei nerazzurri. L'Inter ha fatto una stagione da applausi. In corsa su tutto fino a metà aprile. Ha visto sfuggire di un amen il traguardo Scudetto ed è stata poi annientata in questa finale. Ma ogni singolo club italiano metterebbe la firma per arrivare dove è arrivata l'Inter quest'anno: in corsa su tutto e per tutto fino all'ultimo. Certo, ora partiranno gli inevitabili - e comprensibili - sfottò per gli 'zero tituli'. Roba da tifosi, come è giusto che sia. Ma il peso specifico della stagione dei nerazzurri non cambia e non può cambiare. Non sarebbe serio sostenere il contrario. È mancato lo squillo e il guizzo giusto, specie per un campionato che l'Inter poteva e doveva vincere. Ma da qui a parlare di stagione fallimentare - siamo certi che qualcuno lo scriverà - ci passa il mondo.
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3. La lezione di Luis Enrique allo stesso PSG: vittoria di Squadra, non dei singoli
Chissà cosa avrà pensato ieri sera Kylian Mbappé, davanti alla televisione a vedere i suoi ex compagni diventare finalmente campioni d'Europa. La verità però è che proprio dalla partenza di Mbappé il PSG è diventato ancora più squadra. Un percorso il cui merito è totalmente, esclusivamente, dell'uomo seduto in panchina: Luis Enrique. Nella lezione corale che il PSG ha dato all'Inter sul campo, c'è nascosta una lezione in qualche modo impartita anche al suo stesso club: è il collettivo a portare i trionfi, la squadra. Non i singoli. Per troppi anni il PSG ha infatti inseguito la Champions giocando a collezionare le figurine. E Campione d'Europa, invece, lo è diventata solo quando delle figurine, dell'ego dei singoli, ne ha fatto a meno. Non Neymar. Non Messi. Non Mbappé. Ma un gruppo di giovani straordinari calciatori uno a disposizione dell'altro. Una squadra. Anzi, una Squadra. Con la maiuscola. Perché la personalità e la freddezza con cui è stato in campo il PSG nella finale di Monaco - età media 24 anni - può darla solo un allenatore che sul collettivo ha fatto una lavoro straordinario. Non ci credete? Allora vi consiglio 'No tenéis ni puta idea', docu-serie sulla prima stagione di Luis Enrique sotto la Tour Eiffel. Dopo attenta visione, ne sono certo, capirete meglio dove nasce il risultato di ieri sera.
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Luis Enrique celebrates
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4. Desiré Doué, mamma mia che finale
In una serata in cui è certamente il collettivo a brillare, non si può però non menzionare anche un singolo. Specie quando questo 'singolo' ha 19 anni e lascia la sua prima finale di Champions League col premio di 'uomo partita': un assist e due gol. Signori: Desiré Doué. Dritto nei libri di storia della competizione con una prestazione fuori portata. La difesa nerazzurra non l'ha mai visto. Una volta a destra (gol). Una volta a sinistra (assist). Una volta con l'inserimento centrale (gol). Gli avanti di Luis Enrique hanno giocato a nascondino, mandando ai matti la retroguardia nerazzurra, che dei movimenti offensivi del PSG non ci ha veramente - ma veramente - capito nulla. Qui dentro a brillare la stella di Doué, che ha di fatto aperto la finale con l'assist e l'ha chiusa con i successivi due gol. Ah, una doppietta, in finale, nel 21esimo secolo, l'avevano fatta solo Crespo, Inzaghi, Milito, Ronaldo e Bale. Doué, tra questa 'modesta' compagnia, è stato il più giovane a siglarla. Not too bad...
5. PSG, nel destino ma non troppo...
Era nel destino perché Monaco è la città delle prime volte. Nel 1979 l'aveva vinta qui per la prima volta il Nottingham Forest. Nel 1993 l'OM. Nel 1997 il Borussia Dortmund. Nel 2012 il Chelsea. E ieri, l'ha vinta a Monaco, per la prima volta, anche il PSG. Insomma, saprete cosa guardare la prossima volta che una finale si giocherà a Monaco di Baviera. Uno strano scherzo del destino che così 'strano' però non è stato. Coincidenza a parte, infatti, questo PSG ha semplicemente dimostrato di essere la squadra più forte d'Europa. La stessa che ha eliminato da sola tutta la Premier League - Liverpool, Aston Villa e Arsenal - prima di dare una lezione di calcio a colei che aveva eliminato, con merito, Barcellona e Bayern Monaco. Perché sì, in Italia, qualcuno, ha per settimane fatto finta di non vedere. O forse, più semplicemente, è rimasto a specchiarsi su un folle 4-3 di cui si è parlato per settimane. Ma alla fine ha semplicemente vinto la più forte. Il destino, casomai, ha solo accompagnato.
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